È passato ormai un anno dall’insediamento della nuova civica amministrazione di Chiavari.
La vittoria di Marco Di Capua è figlia di una coalizione super eterogenea di cui francamente sfugge il significato politico, ma di questi tempi ciò può accadere.
Il neo-sindaco fu sostenuto al primo turno da tre liste: la prima di agostiniani eredi del ‘faraone’ (utilizzato in campagna elettorale come testimonial, nonostante la grave condanna penale, l’età avanzata e la salute malferma) guidati dall’avvocato Antonio Segalerba, eminenza non così grigia di quel raggruppamento.
La seconda guidata da ex socialisti (più nell’ombra Corticelli padre, habitué della politica cittadina da almeno 40 anni, ed oggi assessore della nuova giunta; alla ribalta Corticelli figlio, ambizioso e supervotato capolista, oggi capogruppo in consiglio comunale).
La terza lista, guidata da Fiammetta Maggio, rappresentativa di un pezzo consistente di Comunione e Liberazione, nello specifico quello più attento all’equilibrio economico della scuola Maria Luigia e all’aiuto che il Comune può fornire a questa scuola privata.
La coalizione, che al primo turno comunque non sfondò, raccolse anche il sostegno di dissidenti di Forza Italia (l’attuale assessore al commercio e turismo Gianluca Ratto e l’attuale presidente di Marina Chiavari Pierluigi Piombo) e praticamente da due terzi dell’elettorato chiavarese della Lega, che rifiutò da subito l’indicazione di partito di sostenere il sindaco uscente Roberto Levaggi, candidato ufficiale del centrodestra regionale. L’elettorato leghista, memore del vecchio amore tra Agostino e la Lega, appoggiò senza indugi Di Capua, il quale ricambierà alle elezioni politiche del marzo di quest’anno dando un’esplicita dichiarazione di voto per la Lega. Alla Lega, il nuovo potere, guarda anche Segalerba, che entra in Città Metropolitana con il voto del Carroccio.
I grillini non erano ufficialmente presenti alle elezioni comunali. Il loro candidato, l’architetto Roberto Traversi, venne rifiutato per motivi misteriosi dalla direzione del movimento. Come Maurizio Ferrini, lanciato da Arbore in ‘Quelli della notte’ nel ruolo del militante comunista acritico, Traversi dichiarò: “Non capisco ma mi adeguo”. Oggi è onorevole, deputato del M5S eletto in Val Polcevera.
Senza dare indicazioni di voto, i grillini di fatto e silenziosamente effettuarono una convergenza su Di Capua.
Anche i grillini in qualche modo verranno più tardi ricompensati; non si spiega altrimenti l’insistenza con la quale la giunta Di Capua ha voluto dare incarichi di consulenza a Lanzalone, avvocato quasi sconosciuto a Genova ma assai noto ai sindaci pentastellati, in particolare a quello di Roma Virginia Raggi, e alle cronache giudiziarie (di Lanzalone e degli incarichi tentati o conferiti dall’amministrazione Di Capua ci occupiamo più approfonditamente in altra parte del giornale).
Quindi, ricapitolando, al primo turno la coalizione che sostiene Di Capua può contare sul sostegno degli agostiniani, di ex socialisti, di un bel pezzo di Comunione e Liberazione, di dissidenti di Forza Italia, della maggioranza dei leghisti chiavaresi, di buona parte dei grillini, eppure non sfonda. Levaggi infatti al primo turno ha un vantaggio di circa 800 voti.
Le sorprese più grandi e determinanti arrivano al ballottaggio. Qui si realizzano apparentamenti e convergenze stupefacenti.
I cattolici di sinistra di Partecip@ttiva (al primo turno coalizzati con la sinistra di Pastorino) contrattano la poltrona di vicesindaco ed entrano nella coalizione. Alla faccia degli anatemi da sempre scagliati da questo gruppo contro gli accordi di potere.
Entra anche l’architetto Giardini, candidato al primo turno di una lista civica di centrodestra, non prima di aver contattato Levaggi per un apparentamento ed essere stato da questi respinto per non danneggiare chi si era battuto al suo fianco sin dal principio.
Il PD, che al primo turno ottiene con un candidato debolissimo il peggior risultato della sua storia a Chiavari, al ballottaggio non dà indicazioni ufficiali di voto. Si sa però che il suo segretario regionale Vattuone è amico di lunga data di Marco Di Capua (lo aveva anche indicato come revisore dei conti qualche anno prima in Provincia in quota PD-Margherita) e si ha la sensazione che buona parte degli elettori PD in odio al candidato di Toti (appunto Levaggi) preferisca al ballottaggio schierarsi ufficiosamente con Di Capua.
Quindi Di Capua vince sorpassando al ballottaggio Levaggi con il sostegno determinante di buona parte della sinistra chiavarese, che consuma la sua drammatica crisi ancora una volta votando ‘contro’ piuttosto che votando ‘per’ (chi vota ‘per’, infatti, di solito lo fa apertamente) e scomparendo di fatto dalla scena politica cittadina. In un intero anno il rappresentante del PD in consiglio comunale praticamente non è esistito e comunque dimostra di ignorare cosa significa fare opposizione. Si fa notare solo una volta, schierandosi con la maggioranza nell’importante votazione sul depuratore.
Ci siamo dilungati sulla genesi della nuova amministrazione chiavarese perché riteniamo che l’eterogeneità, e per molti aspetti la contraddittorietà, della coalizione vincente e dei sostegni ufficiali e/o silenziosi che ha ottenuto ne condizioneranno inevitabilmente l’operare.
Il primo anno è trascorso con roboanti annunci (diligentemente riportati dal quotidiano locale) raramente accompagnati da fatti concreti, spesso anzi seguiti da mortificate retromarce, e con un clima di permanente e continuata campagna elettorale contro Levaggi e la precedente amministrazione.
Grande differenza di stile con Valentina Ghio, la neo-eletta sindaca di Sestri Levante, la cui prima dichiarazione dopo la clamorosa vittoria al primo turno è stata che lei governerà per tutti, anche e soprattutto per chi non l’ha votata.
Le grandi questioni sono rimaste tutte aperte e su di esse non sono stati fatti passi avanti. È mancato il confronto e il dibattito cittadino, nessuna discussione vera è avvenuta in consiglio comunale.
Vediamo i temi più rilevanti.
Il PUC (Piano Urbanistico Comunale)
Per ragioni che a tutt’oggi risultano incomprensibili, la passata giunta Levaggi non concluse l’iter di approvazione del PUC, su cui pure aveva lungamente lavorato. Allo stato attuale, si è giunti alla tappa finale (un voto in consiglio per il recepimento delle ultime osservazioni/prescrizioni regionali) di un piano molto qualificato, estremamente restrittivo e come tale citato ad esempio dagli uffici della Regione, oltre che fatto internamente a basso costo dal team dell’architetto Peruggi.
La nuova amministrazione in un anno di attività non ha mai ufficialmente affrontato il problema. Perché non si porta in Consiglio l’ultimo atto? Evidentemente vi sono perplessità nell’approvare il nuovo PUC così com’è. Quali sono queste perplessità? Non si riesce a capire.
Intanto il tempo passa, e a dicembre scadranno i tre anni dall’adozione del Piano e con questi la sua salvaguardia. Ciò significa che da gennaio 2019 tornerà in vigore il vecchio piano regolatore, molto meno restrittivo del vigente PUC, specie per quanto riguarda il cemento in collina.
Il depuratore
È passato un anno dalle elezioni e nulla di concreto è avvenuto ai fini della rimessa in discussione della scelta del Lido, cavallo di battaglia della campagna elettorale di Di Capua. Molti viaggi a Genova da Toti e Bucci, un occhiolino ai grillini con gli incarichi a Lanzalone, il sostegno alla Lega in campagna elettorale, ma di concreto niente.
Il tempo passa e le multe europee si avvicinano. Al di là della posizione ‘contro’, l’amministrazione comunale non è riuscita a formulare una seria proposta alternativa se non un timido ragionamento su Carasco che ha provocato la rivolta immediata di tutti i sindaci della Fontanabuona.
Qual è la soluzione alternativa? La Colmata? Forse sì, ma non si ha il coraggio di dirlo perché la protesta cittadina si sposterebbe solo di qualche centinaio di metri, e chi di spada ferisce, di spada perisce.
Anche in questo caso, Valentina Ghio ha molto da insegnare. Tramontata la demenziale ipotesi del depuratore comprensoriale a Chiavari in Colmata, ha avuto il coraggio di fare una scelta sul suo territorio, e nonostante i mugugni del quartiere è andata avanti assumendosi la responsabilità della scelta.
Equilibrio economico e finanziario del Torriglia e possibile ampliamento del ricovero
La gestione economico-finanziaria del Torriglia da molti anni è in una situazione precaria. Deficit di gestione ormai cronici (e a quanto pare derivanti dalle assunzioni facili e clientelari dell’era Agostino) hanno obbligato l’Ente a cercare il pareggio della gestione finanziaria facendo ricorso al patrimonio (cioè vendendo i ‘gioielli della corona’).
Nonostante il Sindaco nomini il presidente (a questo giro è toccato al commercialista Arnaldo Monteverde) e la Società Economica abbia in consiglio due rappresentanti, l’unico controllo sugli atti dell’Ente è della Regione e quindi l’opinione pubblica sa poco o niente di ciò che avviene al Torriglia.
L’ipotesi di ampliamento di cui oggi si discute filtra a malapena dalla riservatezza del CdA.
Sorgono spontanee molte domande.
Qual è la ragione per la quale un Ente già in difficoltà economico-finanziaria pensa d’indebitarsi pesantemente (si parla di 4 milioni di euro di mutuo necessari a finanziare l’ampliamento), aggravando così ancor più la gestione finanziaria annuale?
Con due conti in punta di matita, servire un debito di 4 milioni, sia pure su un mutuo lungo, diciamo 15 anni, comporta un’uscita finanziaria annuale non inferiore ai 350.000 euro tra capitale ed interessi. Cifra che va ad aggiungersi al deficit gestionale, che negli ultimi anni si è aggirato intorno a 150.000/200.000 euro l’anno.
Più di mezzo milione l’anno da coprire. E come?
Si pensa che i proventi netti dei nuovi assistiti (pare una quarantina) possano coprire questo ingente importo? Ciò potrebbe avvenire solo con rette molto elevate, garantite da anziani ricchi importati da fuori. Ma il fine dell’Ente non è quello di assistere gli anziani chiavaresi meno abbienti?
Sul tema sarebbero quanto mai opportuni una presa di posizione e un chiarimento sia da parte del Comune che della Società Economica. Per ora, invece, silenzio.
Fare accordi di mero potere senza essere chiari sui temi essenziali può far vincere le elezioni, ma rende estremamente difficile amministrare una città, al di là delle asfaltature e della pulizia di tombini e fogne, cose sulle quali tutto il mondo è d’accordo.
Di Capua si barcamena come può. Chi comanda realmente in Giunta?
Partecip@ttiva non conta nulla, com’è emerso in occasione del Festival della Parola che l’amministrazione ha voluto giustamente proseguire nonostante la fiera contrarietà di Stanig e Canepa. O la completa inerzia sui temi delle piste ciclabili e del contratto di fiume, punti forti del programma elettorale di Partecip@ttiva, dei quali non si è più sentito parlare.
La (non troppo) eminenza grigia Segalerba, che ha cercato di accreditarsi come il vero uomo di potere della nuova amministrazione (anche se dovrebbe svolgere un ruolo di assoluta garanzia essendo stato nominato presidente del consiglio comunale), vorrebbe ma non può, perché il gruppo di Corticelli è molto forte e non sembra intenzionato a farsi mettere i piedi in testa. Lo si è visto recentemente sull’incredibile pratica dell’acquisto delle azioni AMT (un piacere a Bucci?) ritirata in fretta e furia dagli imbarazzatissimi Di Capua e Segalerba, colpiti e affondati dal parere contrario dei revisori, dall’opposizione in consiglio (Levaggi, Sandro Garibaldi, Silvia Garibaldi e Daniela Colombo) come pure anche dall’opposizione interna dei corticelliani.
Chiavari va ‘Avanti Così’….