(r.p.l.) La prima pietra? Per il depuratore di Chiavari, che dovrà servire – oltre al comune ospitante – anche l’intera vallata dell’Entella e i limitrofi centri costieri, la posa è molto di là da venire. Mentre a Sestri Levante, dopo aver individuato il sito in zona Ramaia, si sta andando avanti in maniera piuttosto spedita (perché, non va dimenticato, in questa partita complessa relativa alla depurazione delle acque l’Europa ci guarda e minaccia pesanti sanzioni in caso di ritardi), a Chiavari è stata indicata, come ormai noto, l’area più prospiciente al mare della Colmata, ma non è affatto certo che proprio quella sarà la sua futura collocazione.
‘Piazza Levante’, in questa settimana, ha avuto ulteriori conferme di quanto ventilato alcuni mesi fa e ribadito nello scorso numero (l’articolo qui): ovvero che l’impianto, nonostante quello che dice la locale amministrazione, potrebbe arretrare di diversi metri, avvicinarsi alle case e andare a occupare, invece che la punta più a sud della Colmata, la sua parte più centrale, rimettendo in discussione tutte le contropartite pubbliche e le opere di abbellimento, di parco pubblico, di piste ciclabili e quant’altro che Palazzo Bianco ha prospettato ai cittadini.
Il motivo? La ragione di una simile revisione, che è attualmente allo studio, non va cercata né in volontà politiche né in discorsi di natura tecnica troppo difficili da comprendere. È semplicemente legata alla natura e, se si vuole, anche a quei cambiamenti climatici che hanno comportato – e purtroppo comporteranno pure in futuro – fenomeni meteorologici imprevedibili e ardui da contenere.
Nella fattispecie, a far riflettere circa la collocazione di un impianto del costo di oltre cinquanta milioni di euro e completamente di nuova tecnologia a fil di banchina, è stata la devastante mareggiata che si è abbattuta sul Tigullio a fine ottobre. A Chiavari non ha colpito particolarmente, ma a Rapallo, Santa Margherita e Portofino sì, con gli effetti che tutti sappiamo.
Il depuratore di Santa Margherita, a Punta Pedale, ha subito pesantissimi danni. Ed ecco che Iren si è chiesta: ma ha senso, dovendolo ancora progettare e costruire, collocare un altro depuratore così vicino alle onde? Oppure si può evitare l’errore, prima di buttare al mare (è proprio il caso di dirlo) decine di milioni di euro?
Ognuno può rispondersi, magari facendo una metafora: se aveste una Ferrari o una Bentley da duecentomila euro, andreste a parcheggiarla a ridosso del mare in tempesta o cerchereste un posteggio più all’interno? Senza contare che un guasto al depuratore non è di tipo privato, ma comporta serie conseguenze per l’intera collettività, tanto più in un comune turistico che da molti anni viene premiato con la Bandiera Blu.
Davvero Palazzo Bianco vuole tutto questo? Correre dei rischi abnormi per mantenere un impegno preso in campagna elettorale e ora rispettare delle promesse sulla risistemazione dell’area di Colmata fatte, forse, troppo frettolosamente?
Come mai, prima di ‘vendersi’ la Colmata come un successo al posto dell’area del Lido, l’amministrazione Di Capua non ha atteso la matematica certezza che il depuratore fosse realmente sistemato a fil di banchina?
Secondo quanto risulta a ‘Piazza Levante’, quella collocazione è proprio in questi giorni oggetto di seria analisi, da parte non solo di Iren, che dovrebbe realizzare l’impianto, ma anche della Città Metropolitana. In un periodo in cui vanno tanto di moda le analisi tra costi e benefici, pure sul depuratore alla Colmata è stato aperto un fascicolo: quanto costa realizzare la scogliera? Quanto costa rinforzare le difese a mare? E, in caso di evento meteorologico anomalo o imprevedibile, tutto questo lavoro sarà sufficiente a difendere il nuovo impianto?
Sono queste le risposte che si va cercando. Oltre allo scenario già successivo: quanto costerebbero eventuali riparazioni a seguito di danni dovuti ad allagamenti e mareggiate? Se i costi supereranno i benefici, ecco che l’impianto dovrà per forza arretrare, nonostante le resistenze di Palazzo Bianco che, a quel punto, dovrà farsene una ragione e andarlo a spiegare – senza mentire e senza poter dare la colpa a nessuno, se non a Madre Natura – ai chiavaresi.
Ora, nel pieno rispetto del lavoro dei tecnici, una domanda: ma che senso ha, dovendo ancora progettare e costruire da zero e avendo ancora un relativo margine sulla collocazione, andare a calcolare quali sarebbero gli eventuali danni di un impianto di nuova generazione? Perché, proprio essendo di nuova generazione, non s’intende fare di tutto per metterlo il più al sicuro possibile? Che senso ha questa ardita sfida ingegneristica? Ha ancora una logica rischiare, dopo quello che è successo a Rapallo e a Santa Margherita? E, non ultimo: chi paga l’intero conto?
Qui viene il bello. Perché più saranno dispendiose le opere di difesa a mare, più scenderà la contropartita pubblica prevista per il Comune di Chiavari. Più saranno ingenti gli eventuali danni alla struttura in caso di mareggiate, più le riparazioni andranno a finire in bolletta ai cittadini di tutti i 67 comuni dell’Ambito Territoriale Ottimale. Significa che il conto di una collocazione dissennata lo pagherebbero anche cittadini di Genova, di Campo Ligure, di Mignanego e di Masone, tanto per dirne alcuni.
Nella valutazione tra costi e benefici, quindi, risulta essenziale considerare tutto questo. Tenendo presente che le promesse elettorali e l’impegno di un impianto a filo di banchina devono passare inevitabilmente in secondo piano di fronte ad aspetti molto più seri come quello dei costi, della ricaduta pubblica complessiva, della sicurezza stessa. Un conto è parlare, un conto progettare, un conto costruire, un conto mettere le mani nelle tasche dei cittadini perché si è giocato a fare la scommessa sbagliata.
Tra un depuratore efficiente e funzionante e un gran pasticcio c’è di mezzo il mare.
Per l’appunto.