di DANILO SANGUINETI
La Cina è vicina, pare incredibile, più a Chiavari che in altri posti commercialmente avveduti. La Cina è vicina a patto che ci siano persone in grado di cogliere l’opportunità, se non l’imprescindibilità, di gettare un ponte che oltrepassi prima che lo spazio fisico la distanza culturale – e alcune forre mentali – che si interpone tra mondi che potrebbero fruttuosamente dialogare. Il mestiere di “pontiere” è interpretato dal chiavarese Davide Conti con una ampiezza di visione e ardimento da commerciante-esploratore che si sente spinto da una fede quasi gesuitica – perché prima che a Marco Polo il pensiero corre a Padre Matteo Ricci – nella missione alla quale si sente vocato.
C’è un immediato riscontro guardando al suo ultimo progetto portato a felice compimento: lo Shanghai Fashion Day, svoltosi a Milano lo scorso 8 settembre. Un evento co-organizzato e coordinato da Conti che opera nel mondo del design a 360 gradi, da oltre 10 anni impegnato in scambi a livello internazionale specialmente proprio con il paese della Grande Muraglia. Assieme a lui altri chiavaresi: Mauro Matalone fotografo internazionale di alta moda che ha seguito la parte legata ai ritratti delle modelle, e Lorenzo Ravella con la sua Communication Products Srl, azienda che opera da oltre 20 anni per riprese televisive e service audio, video, luci per eventi. Una task force cittadina per la serata (iniziata alle ore 19) presso il Palazzo Serbelloni di corso Venezia a Milano. Una sfilata con il riferimento nel logo alla più grande alla città più grande della Cina (33 milioni di persone, più della metà dell’Italia in un distretto urbano); un importante evento internazionale collegato alla 2023 World Design Cities Conference (WDCC).
Davide Conti ci porta con lui dentro quella sfilata: “Lo stile unico e la creatività della moda shanghainese hanno catturato ancora una volta l’attenzione dell’industria della moda internazionale. Lo Shanghai Fashion Day si colloca nell’ambito della ‘Promozione all’estero dell’eccellenza del consumo di moda di Shanghai’. L’accuratezza e la minuziosa attenzione alle forme sono caratteristiche che non si possono ignorare quanto hai a che fare con il governo e l’imprenditoria cinese”.
Infatti la ‘credit list’ di chi ha autorizzato, sovrinteso e collaborato deve sempre essere di maniacale precisione. “L’evento si è svolto sotto la guida della Commissione Governativa di Economia e Informatizzazione di Shanghai, è stato organizzato dallo ‘Shanghai Promotion Center for City of Design – SPCCD’ assieme alla ‘Shanghai International Fashion Federation’. In questa occasione sono stati riuniti designer, marchi e team creativi di grande talento dalla città di Shanghai”.
Dettagliata pure la sfilata degli ospiti illustri: il signor Zhang Lingxiao, consigliere culturale dell’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese nella Repubblica Italiana, il sig. Yao Liangjun, console presso il Consolato Generale della Repubblica Popolare Cinese a Milano, Mario Boselli, presidente onorario della Camera Nazionale della Moda Italiana, e presidente della Fondazione Italy China Council, Alessandra Panico, vice-presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Marco Bettin, segretario generale di Fondazione Italy China Council, Beppe Pisani, presidente della CNA Regione Lombardia, Luo Zhiwei, direttore dello Shanghai Promotion Center for City of Design e Song Bo, segretario generale della Shanghai International Fashion Federation. Numerosi rappresentanti del Centro Sino-Italiano di Scambio del Design, Centro Cultura e Moda Italia Cina, Mille Volti, Istituto Marangoni, e per gradire pure designer di rilevanza internazionale, imprenditoria ed ovviamente importanti riviste e media del mondo della moda come ‘Vogue IT’, ‘MF Fashion’, e molti altri.

Come è possibile che dalle nostre parti del solido e importantissimo legame Chiavari-Shanghai si sappia poco o niente? Un mesto sorriso di Davide Conti dice quasi tutto. “Perché siamo un po’ troppo ripiegati ad osservare il nostro ombelico?”. Poi abbandona la polemica, vuole essere propositivo. “Lo ‘Shanghai Fashion Day’ si compone di due parti: una mostra-esposizione, e una sfilata collettiva. La sfilata collettiva, a tema Shanghai Fashion Show, ha presentato tre marchi della moda Shanghainese; We Couture, WJX Couture e YIJIA, tutti brand speciali ed eleganti che con dettagli preziosi rendono moderno lo stile di Shanghai. I tre marchi rappresentano l’armonia tra l’estetica orientale e la moda classica occidentale, creando un percorso stilistico che offre una nuova visione nella moda internazionale ed afferma l’importanza della moda cinese”.
La sfilata portava nel futuro quello che la mostra-esposizione ha ribadito sul presente: “La mostra era composta da nove marchi di design tutti di Shanghai, tra cui Woo, Hanart, Pacc, Desigem, Herborist, Shanghai Vive, Poà, Shanghai No.1 National Musical Instruments e Ryan Wang Candle. Questi marchi coprono una varietà di categorie, dalla decorazione per la casa, prodotti di bellezza e gioielli, trasmettono tutti il valore della cultura tradizionale cinese ma con accenti moderni ed elementi contemporanei”.
Impossibile a questo punto dubitare della portata di quanto sta realizzando Davide Conti che appare come la versione più giovane, meno esibizionista, del celeberrimo Alberto Forchielli. È un quarantenne che è stato a lungo là, nel paese che contiene molti mondi, tra il Fiume Azzurro e il Fiume Giallo. “Ho vissuto per un decennio in Cina. Avevo 29 anni, avevo cercato di restare qui con tutte le mie forze, lavoravo per aziende italiane tra qui e Milano, ma poi arrivò una proposta e decisi che là c’era il futuro, che il Far East nel ventunesimo secolo poteva essere per noi Europei, Italiani e Liguri quello che era stato il Far West nel diciannovesimo. Lavoravo nel mondo del design e si capiva che nelle grandi città del ‘Regno di Mezzo’ (Cina significa questo in Mandarino ndr) c’era fame dell’arte e dell’ingegno occidentali, che il matrimonio tra queste due grandi culture non poteva non essere fruttuoso”.
Un anno fa torna a stabilirsi qui senza però interrompere il cordone ormai solidissimo con la Repubblica Popolare. “Sono rientrato di base, sono a Chiavari, ma continuo a lavorare per la Cina. Faccio avanti e indietro, tra un paio di settimane riparto per Shanghai. Nacque tutto per un discorso puramente lavorativo, non familiare o affettivo. Sono andato là per lavoro. La scintilla fu una proposta dell’Associazione italiana del Design. In questi anni hanno ho svolto un lavoro di promozione del Made in Italy, mostre, preparato e portato a termini eventi e scambi culturali”.
Tornando ai primi anni Duemila Davide Conti ebbe un incoraggiamento da un professore al quale chiese un incontro e un parere: “Parlai con il vostro editore, il prof. Antonio Gozzi. Gli esposi le mie idee, gli mostrai qualche progetto. Forse non se lo ricorderà ma fu il suo suggerimento a farmi decidere. Mi disse: ‘Un giovane come lei deve mettersi per l’alto mare aperto, non vivere di piccolo cabotaggio. Pensi in grande, pensi alla Cina’. E io in un primo tempo non gli credetti, pensavo che questo territorio aveva, anzi ha, enormi qualità e smisurate possibilità”.
Oggi è diventato un suo collega. “Mi hanno chiesto ed ho accettato volentieri di insegnare nelle loro università. C’è collaborazione stretta con il nostro e il loro governo, e con il governo locale (si fa per dire visto che riguarda decine di milioni di persone ndr) di Shanghai abbiamo parecchi progetti in essere. Io collaboro nello specifico con l’agenzia che promuove il design a Shanghai, in Cina”. Non intende assumersi maggiori meriti di quanti non abbia. “Potrei dire che una volta ambientato è stato molto più facile di quanto si potesse immaginare da qua. Superata la barriera della differenza di costumi, scoprii che i cliché dei cinesi attaccati alle loro usanze, chiusi e diffidenti dello straniero sono appunto cliché. C’è voglia di Italia perché l’Italia per loro vuol significa moda, eleganza e dolcezza di vita. Le possibilità per noi italiani sono o sarebbero immense”.

Purtroppo c’è da fare i conti con lo scafandro che ci portiamo appresso, uno scafandro che avvolge il cervello più che il corpo. E da queste parti, nel Levante ‘dolce e solatio’ come direbbe il poeta, la sensazione di pesantezza è persistente. “Nell’aprirsi alla Cina c’è la stessa difficoltà che abbiamo nell’aprirsi a Spezia, Imperia, a Firenze o Padova, Milano. Dobbiamo trovare il modo di aprirci ai nostri vicini di casa, collaborare, fare le cose insieme. Non mi scandalizzo perciò se la Cina viene vista come molto lontana perché anche La Spezia viene vista molto lontana”.
Parole che spiegano il motto di Einstein che Conti ha scelto per le sue pagine social. “We can not expect things to change if we keep doing the same things”. Non puoi aspettarti che le cose cambino se continui a fare le stesse cose.
“Torno sempre alle parole del prof. Gozzi. Nel suo concetto di Glocal mi riconosco perfettamente. In realtà io non credo che si debba andare in Cina per sviluppare certe idee. Credo che qui abbiamo tutti gli ingredienti per fare tutto e di più. Basterebbe avere fiducia nelle persone e noi nei nomi, anzi nei cognomi. Per essere chiaro intendo che da noi troppe volte si guarda non a chi sei ma da dove vieni. E chi è fuori di un certo giro è sfavorito, almeno in partenza”. Se i privati dormono, lo stato non sembra troppo sveglio… “Abbiamo fondato l’Associazione dei Liguri in Cina. Siamo oltre cento di quelli che definisco ‘lavoratori’ nel vero senso dell’etimo, ci sono imprenditori, manager, designer, architetti, avvocati che ha tantissime relazioni con il grande paese. È nata nel 2018, abbiamo incontrato il sindaco di Genova Bucci, siamo un ponte per i cinesi che vorrebbero conoscere la Liguria, vorrebbero venire qua per turismo per investire. Facciamo molta fatica perché dagli enti pubblici non abbiamo un grande sostegno, sospetto che anche in questo caso sia questione di nomi e relazioni. Io invece vorrei che ci mettessimo tutti attorno a un tavolo, studiare delle strategie, sviluppare progetti”.
C’è chi non ha esitato quando si è trattato di mettersi in gioco. “Quando sono rientrato in Italia ho deciso di reinvestire qui, potevo andare a Milano, avevo delle offerte, ma sono tornato a Chiavari perché volevo ripartire dalle mie origini e portare qua la mia famiglia. Io ho un bimbo piccolo, volevo che crescesse dove io ho le radici, ed ho aperto la mia nuova società, mentre mantengo in Cina le altre”.
Il guaio è che Davide Conti opera nel campo del design, parola che per molti nostri notabili suona distante, se non misteriosa. “Nella regione non c’era un evento di design internazionale, l’ho dovuto creare io, il prossimo aprile ci sarà la terza edizione. Sono riuscito a strappare solo qualche patrocinio, qua e là”. Cita il Tigullio Design District. “Stiamo cercando di coinvolgere le scuole, e non parlo solo del Liceo Artistico Luzzati, vogliamo interagire con le altre scuole perché questi ragazzi non si conoscono, non si parlano mentre solo incontrandoti, discutendo puoi fare sistema, lavorare insieme”.
Ancora una volta ispiratore del Conti-pensiero è Antonio Gozzi. “Ho ascoltato con la massima attenzione un suo colloquio con Stefano Boeri: parlavano di territori, di borghi, di recuperi e che sostenevano come bisognasse incontrare e confrontarsi. Io credo in questa terra, nel Tigullio, nella sua gente. E con grande umiltà penso di poter dare il mio contributo”. Invece nel Levante si tende a vivere di rendita, ancor prima che immobili si tratta di pensieri… “Io vorrei solo che ci ascoltassero, non sentire, ribadisco ascoltare, provare a capire. Mi piacerebbe portarli una volta con me là, a Shanghai, e capire quale incredibile carico di opportunità attende solo di essere ‘imbarcato’. Sono tornato proprio per far capire questa missione possibile. Basterà un po’ di flessibilità”.
Una richiesta che sa di ultimo appello. Il mondo va avanti, il Tigullio, il Levante, la Liguria se pensano di restare chiusi nella loro ‘comfort zone’ faranno la fine di Dorian Gray: quando si specchieranno nelle loro vanità si ritroveranno mummificati, orribili e disperati.