di DANILO SANGUINETI
Pasticceria di alta quota o, se preferite, alta pasticceria in quota. Dici Marrè e pensi Santo Stefano. Il comune fulcro della Val d’Aveto ha nella famiglia Marrè uno dei pilastri fondanti. Una famiglia grande e una grande famiglia che da lungo tempo è uno dei motori imprenditoriali della cittadina che da oltre sessant’anni accompagna e qualche volte precede le trasformazioni, le tendenze, i progetti che hanno fatto di Santo Stefano da villaggio dedito all’agricoltura e alla pastorizia (per secoli, almeno fino al primo Dopoguerra) prima un centro turistico estivo, poi un centro turistico tout court con stazione sciistica annessa (Rocca d’Aveto).
Lo stesso ‘itinerario’ del negozio capofila, il Bar Pasticceria Marrè racconta l’evolversi del tessuto economico locale. Dalla piazzetta del centro storico, di fronte alla farmacia e di lato al forno, è asceso (una decina di metri sul livello del mare…) per far parte nel 1965 dell’appena costruito complesso residenziale e centro servizi del Leon d’Oro. L’edificio, allora all’avanguardia dal punto di vista estetico e strutturale, certificava la ruggente espansione turistica del paesino.
Santo Stefano d’Aveto negli anni Sessanta cambiò pelle: il tessuto abitativo subiva una sorta di ‘addizione’, raddoppiava le unità abitative, quadruplicava le strutture ricettive. ‘Open’ per dodici mesi all’anno con visitatori e soggiornanti che accorrevano in massa dall’estate all’inverno non trascurando primavera e autunno. Dalla passeggiata in mezzo al bosco in cerca di funghi alla sciata su piste costruite attorno al Monte Bue ad appena 60 km del mare.
Il clan Marrè c’era nei decenni ruggenti, ha cavalcato gli anni del boom e ha retto negli anni dello ‘sboom’, c’è sempre stato almeno un locale con scritto sull’insegna Marrè a caratterizzare anni a volte ruggenti, a volte sonnacchiosi. Racconta la storia della sua famiglia, con la tipica asciuttezza dei nativi avetani, Mario Marrè (nella foto a destra) che lavora, inventa e guida il Bar Pasticceria situato dal 1965 in viale Emanuele Razzetti, 30.
“Ad aprire il primo negozio Marrè fu la mia prozia Matilde, di ritorno dall’America”. Sempre un film con Sordi, è ricordo di vita vissuta. “Decise di investire qui dove era nata, si fermò, convocò i parenti e nella piazzetta aprì un bar e una pasticceria. Ci lavoravano mia nonna, la ‘Genia’ (una sorte di nume tutelare del paese per oltre cinquant’anni, ndr) e i miei zii, oltre a mio papà Guido. Il successo fu immediato, alla fine si decise di ‘diversificare’, oltre al bar e alla pasticceria, c’erano la rivendita di giornali e la macelleria. Si stabilì che ogni nucleo della famiglia si sarebbe incaricato di un’attività specifica. Come detto, nel 1965, aprimmo il Bar Pasticceria sotto i portici del Leon d’Oro, con vista sul Castello, mentre le mie zie Genia e Matilde rimanevano nella vecchia piazzetta fianco a fianco, la prima gestiva il forno e l’edicola, la seconda il bar”.
Marrè si confermò marchio che garantisce assoluta qualità. I famosi canestrelli di Santo Stefano ancora oggi non temono paragoni (anche se la concorrenza di altre valli e altri centri è forte) o gli impagabili ‘Occhi di bue’, ciambelle con il buco riempite di marmellata o cioccolato; la indimenticabile torta Pinolata. Leccornie che spingono genovesi e chiavaresi, sestresi e rapallesi a sorbirsi i tormentati sessanta chilometri della statale avetana per gustarli appena sfornati.
Il cinquantenne Mario fa un rapido tuffo nel passato più prossimo: “Ci sono stati anni di crisi, l’ultimo decennio del secolo scorso e i primi anni del millennio sono stati meno fortunati dei precedenti. Ma oggi pensiamo di aver ritrovato la marcia giusta. Certo, molto è legato al meteo, in inverno dipendiamo dai capricci della neve, si lavora moltissimo nei weekend, durante la settimana c’è meno ‘traffico’, ma nel complesso non posso lamentarmi. E ogni estate Santo Stefano rifiorisce. Qui in pasticceria lavoriamo abitualmente io, mia moglie, mia cognata e uno o due aiutanti. Nei mesi più caldi, quando le vie pullulano di turisti, dagli occasionali a quelli che trascorrono anche due mesi a ossigenarsi con l’aria incontaminata della nostra valle, ci servono almeno due se non tre stagionali”.
Il volano del commercio tira senza sosta e consente a Santo Stefano di guardare con occhio fiducioso al decennio che va a incominciare. Anche Mario Marrè in fondo ci crede, spuntano l’orgoglio e il senso di appartenenza, tipici del santostefanino doc. “Credo che ci siano pochi posti in Liguria e non solo che possono offrire così tanto. Certo, dobbiamo capire come valorizzarci. E soprattutto sperare che chi verrà dopo di noi abbia voglia di continuare. Per quanto ci riguarda la mia erede, la mia unica figlia, potrebbe decidere di non seguire la mia strada. E io potrei lasciare per dedicarmi alla mia seconda passione dopo la pasticceria, correre con la moto da Trial e organizzare grandi eventi sempre per il Trial. Ho portato un mondiale in valle due anni fa e conto di avere un campionato europeo nell’anno entrante”. Un pasticciere provetto che getta via la ‘Sac a Poche’?
Non è credibile. Infatti il re del canestrello va di fretta. Ha un’altra teglia da infornare. Un sentore di dolce e una ventata calda accoglie il cliente. Il cuore si apre, la mente vola a uno sgabuzzino di tanti anni fa quando la ‘Genia’ ti piazzava un cabaret di paste tra un numero dell’Uomo Ragno e un titolo strillato del ‘Quotidiano dei genovesi’. Non è ancora tempo di chiusura.