di ALBERTO BRUZZONE
Esattamente come accaduto per il Piano Urbanistico Comunale, per la collocazione del depuratore di vallata nell’area di Colmata e per tantissime altre questioni nevralgiche relative al futuro della città, anche il progetto culturale dell’ex tribunale di piazza Mazzini a Chiavari, il cosiddetto Palazzo della Cittadella, è stato deciso nel chiuso di una stanza, dalla sola maggioranza – o da una parte di essa – e senza alcun dibattito, alcun confronto, alcuna riunione di Commissione, alcuna consultazione con chi la cultura in città la vive e la organizza.
È l’ennesimo strappo da parte di chi governa Palazzo Bianco: consentito, ci mancherebbe, ma poco opportuno, perché sul futuro di Chiavari e sulle sue prospettive andrebbe sempre cercata trasversalità. E invece no, ancora una volta si fa tutto da soli, all’insegna della fretta e del voler dare gli annunci a tutti i costi.
E in questo caso, ovvero nel caso del Palazzo della Cittadella, la questione è ancora più evidente e grave visto che a gestire il fascicolo, insieme alla Soprintendenza, sono stati la vicesindaco Silvia Stanig e il consigliere delegato Giorgio Canepa, ovvero gli esponenti di Partecip@ttiva, ovvero gli esponenti di quel movimento civico che a partire dal suo nome, nonché dal suo statuto e dai suoi valori fondativi, dovrebbe avere proprio nella partecipazione popolare e pubblica la sua principale missione.
Invece, la partecipazione è andata a farsi benedire, il Palazzo della Cittadella era un’enorme occasione di rilancio per Chiavari, anche in termini di indotto e di turismo destagionalizzato, ma tutte le competenze cittadine sono rimaste inascoltate e tutti gli appelli a non ‘svendere’ questo complesso allo Stato, a cominciare da quelli dell’ex sindaco Roberto Levaggi e dell’ex consigliere comunale Giorgio Viarengo (perché sul pensare in grande, questa volta, si era incontrata una buona trasversalità), sono purtroppo caduti nel vuoto.
C’è di peggio, a ben vedere: perché alla proposta del consigliere comunale (nonché regionale da pochi mesi) Sandro Garibaldi di organizzare un concorso di idee, che era stata fatta con spirito ampiamente propositivo, è stato risposto che “il concorso di idee è la pratica di chi idee non ne ha e spera che esca fuori da non si sa quale cilindro magico una proposta accattivante, che puntualmente poi si rivela poco efficace e inattuabile, utile solo a perdere tempo”.
Le parole sono della vicesindaco Silvia Stanig, quindi c’è da concludere che per Partecip@ttiva il confronto pubblico e fatto alla luce del sole e da parte di tutti i soggetti interessati è diventato una perdita di tempo. Niente male come metamorfosi del movimento civico.
La vicesindaco Stanig ha pronunciato queste parole l’altra sera in Consiglio Comunale, rispondendo a un’interpellanza presentata dalla minoranza, che sul tema culturale continua a ribadire la necessità di un confronto in Commissione e, successivamente, la necessità di un dibattito pubblico. Ma per Silvia Stanig, “perché occorre fare un concorso di idee se già c’è un progetto forte, pubblico, finanziato, solido e di grande impatto culturale? L’ipotesi di un concorso di idee, se mai arrivasse a buon fine, vedrebbe come logica conclusione l’alienazione del palazzo ai privati, perché il Ministero, cioè lo Stato, l’idea ce l’ha già avuta. Quindi: a chi pensa il consigliere Garibaldi? Stiamo ottenendo risultati mai visti: recuperare l’archivio storico della città e restituire alla collettività il palazzo in chiave culturale, offrendo ai residenti e agli ospiti un luogo dove crescere intellettualmente. Creare nuovi spazi espositivi e polifunzionali è una necessità per la nostra città così vivace”.
Nelle scorse settimane, anche attraverso le pagine di ‘Piazza Levante’, negli articoli a tema ‘Chiavari città in declino?’ l’argomento cultura è stato ampiamente toccato sia da Roberto Levaggi che da Giorgio Viarengo e dai sindacalisti Andrea Sanguineti e Domenico Del Favero: per tutti la riqualificazione dell’ex tribunale, fatta in un certo modo e cioè ‘osando’ pensare in grande, è centrale per lo sviluppo della città. Il modello a cui guardare, secondo loro, è il Palazzo Ducale di Genova.
Ma a dire della vicesindaco, che si presume esprima il pensiero dell’intera amministrazione comunale, “l’ipotesi proposta di fare dell’ex tribunale un piccolo Palazzo Ducale è stata smontata, perché fatta senza valutarne gli effettivi costi a carico dell’amministrazione. Palazzo Ducale è una realtà in continua sofferenza: i suoi bilanci vengono risanati attraverso cospicui versamenti del Comune di Genova assolutamente incompatibili con le risorse economiche di cui è in possesso Chiavari. Senza contare il numero di addetti che richiede e di cui non potremmo disporre. Palazzo Ducale paga stipendi a circa quaranta addetti: chi potrebbe sostenere un carico simile a Chiavari? Si parla di una fondazione, ma chi ne porterebbe un così alto carico economico? Inoltre, l’ipotesi di organizzare grandi eventi espositivi non è praticabile per gli altissimi costi che ci troveremmo a sostenere: una mostra organizzata da specialisti del settore, che può variare in base alle opere che essa comprende, non si copre con la sola entrata dei biglietti staccati”.
Una replica che impone alcune valutazioni. Anzitutto, Palazzo Ducale è una delle prime cinque realtà espositive in Italia, per numero di visitatori, e non è affatto una realtà in continua sofferenza. Forse la vicesindaco ha visto i conti prima del 2004, anno in cui Genova, diventando Capitale Europea della Cultura, ha attratto su di sé un’enorme attenzione, proseguita poi nel corso del periodo successivo.
In secondo luogo, non ci sarebbero quaranta addetti, perché a Chiavari si parla di ispirarsi a Palazzo Ducale, non di riproporlo esattamente identico, anche numericamente. Terzo, a Chiavari ci sono molteplici realtà che hanno proposto una fondazione anche per quanto riguarda l’ipotetica e futura gestione del Teatro Cantero, e quindi le persone interessate a investire nella cultura ci sarebbero eccome. Quarto, il modello della cultura gestita solo ed esclusivamente dallo Stato è ormai ampiamente superato a ogni latitudine, perché quello sì che è vecchio e anacronistico, laddove invece le forme di sinergia tra pubblico e privato sono ormai all’ordine del giorno. Quinto, nessun grande evento espositivo si copre con il solo apporto dei biglietti staccati.
La vicesindaco dovrebbe saperlo, e invece non lo dice: tutte le principali mostre in tutta Italia si avvalgono del sostegno del pubblico (dal Ministero per i Beni Culturali ai vari enti locali, Regioni e Comuni interessati) e poi di numerosissimi sponsor privati, suddivisi in main sponsor e sponsor di secondo livello. E tutte queste risorse, insieme alla bigliettazione, che è quindi solo una parte delle entrate, contribuiscono al bilancio dell’evento.
Come mai, invece, a Chiavari si vuole ‘statalizzare’ tutto, inseguendo un modello vetusto e lasciando tutto nelle mani della Soprintendenza? Quali accordi sono stati presi nelle stanze chiuse? Erano contropartite rispetto ad altro? Questo chiedono i cittadini: partecipazione e soprattutto trasparenza.
Riprendendo il discorso della vicesindaco, i musei più in difficoltà quali sono? Quelli dove il concorso è esclusivamente statale e con le poche risorse degli enti locali. Non certo quei poli culturali gestiti da fondazioni dove partecipano sia il pubblico che il privato, che sono invece tra le realtà più floride. Tant’è, a Chiavari si vuol prendere a tutti i costi la prima direzione, e poi avere l’ardire di parlare di rilancio, di indotto e di turismo destagionalizzato con una proposta culturale ultralocale e, con tutto il rispetto per la storia della città, ultramodesta.
Che cosa dovrebbe contenere il Palazzo della Cittadella? La vicesindaco nel suo intervento lo ha illustrato: “Punto forte sarà l’allestimento in chiave moderna e interattiva del nuovo Museo Archeologico, che finalmente potrà essere ampliato in tutta la sua ricchezza di reperti soprattutto grazie alla ricostruzione della Necropoli, la più antica e singolare testimonianza archeologica del popolo pre-romano dei Liguri individuata in tutta la regione. Di per sé il nuovo Museo Archeologico sarà in grado di attrarre grandi numeri di visitatori creando così un volano economico di cui anche la popolazione residente potrà beneficiare. Inoltre, verrà inserito nel contesto del più ampio Museo della Città, anch’esso moderno e accattivante per il visitatore: un museo new generation con realtà aumentata e video interattivi, che porterà in un unico luogo tutto l’enorme patrimonio di testimonianze storico-archeologiche della nostra città. Il polo museale sarà sicuramente l’occasione per contribuire alla destagionalizzazione del turismo per Chiavari, incrementare le ricadute culturali e le opportunità occupazionali ed economiche”.
Secondo Silvia Stanig, “l’accesso al museo consentirà anche la visita della Torre Civica, oggetto di operazioni di restyling, con la sua ricchissima dote bibliotecaria. La partnership con la Direzione Regionale Musei Liguria porterà con sé un altro importante risultato, ovvero l’impiego di personale statale per il museo, senza alcun aggravio per le casse comunali. Accanto ad esso si realizzerà, a beneficio dei chiavaresi, un moderno Centro Civico, fortemente voluto da tutta la maggioranza, con biblioteca multimediale, sala studio, sala conferenze, spazi polifunzionali: un punto di riferimento per cittadini e associazioni, ma soprattutto per i giovani, che potranno così avere uno luogo di aggregazione per studiare e fare ricerca in aggiunta a quello presente presso la biblioteca della Società Economica”.
Il Comune fa sapere che “grazie al sindaco Di Capua, all’assessore Stanig e alla Direzione Regionale Musei Liguria, sono arrivati anche i finanziamenti: si parla di 538.000 euro per l’allestimento del Museo della Città, che vanno a sommarsi ai 30.000 euro per la pulizia dei documenti dell’archivio e ai 127.000 euro per il progetto ‘Obiettivo Creatività – I luoghi della cultura Compagnia di San Paolo’. L’opera di valorizzazione del Polo Culturale porterà anche alla realizzazione di un unico ingresso per le diverse realtà presenti in loco, creando un percorso ad anello che restituirà alla città lo spazio in cui allestire mostre temporanee ed eventi, risolvendo anche l’annoso problema delle barriere architettoniche”.
Questa è la grande idea partorita: tutto nelle mani dello Stato, i cui investimenti – la storia lo insegna – non sono mai fissi e duraturi. Si rimarrà con il cappello in mano a ogni legge di bilancio, e questo è poco ma sicuro. Intanto per tutte le altre idee non c’è tempo. Perché sarebbe tempo perso. Lo dice niente meno che Partecip@ttiva.