Inizia da questa settimana un racconto della politica genovese e ligure che abbiamo intitolato ‘Cronache da Genova’ e che va nella direzione glocal della nostra testata: sempre attenta alle vicende del territorio ma con una ramificazione ampia. Curerà questo intervento per ‘Piazza Levante’ il giornalista Fabrizio De Longis.
di FABRIZIO DE LONGIS
Il martedì a Genova è la giornata della politica. Quella che si propone di essere scritta con la P maiuscola, perché si parla di quella rappresentativa dei cittadini. O che perlomeno tale dovrebbe essere. Infatti si tengono nella stessa giornata, oramai stabilmente da anni, i due consigli principali, quello regionale, nell’aula semi bunker di via Fieschi, e quello comunale, nella storica sala rossa di via Garibaldi.
In città il movimento magmatico freme durante il giorno. Per rigorosa spartizione, la mattina in Regione e il pomeriggio in Comune. E come ogni aula politica, ciò che avviene nei corridoi spesso supera, per importanza, ciò che la politica mette in scena dagli scranni delle aule pubbliche.
Così la giornata inizia con la serrata discussione dell’assessore regionale che di corsa, prima di entrare in aula, si ferma a parlare dei cori da stadio. Oggetto le tre big storiche, Milan, Inter e Juve, con epiteti e battute di sfottò reciproci. Figli che rischiano di essere diseredati, amici con cui si litiga e poi ci si abbraccia. Insomma, la politica è anche questo: uomini e passione.
Alla fine il trend topic è la spartizione di giunta e di governo. Chi andrà a Roma (di certo Giovanni Berrino e Ilaria Cavo, le cui deleghe saranno spartite fra i rimanenti per fare spazio al nuovo assessore alla Sanità). Chi al governo (Berrino sembra in lizza per un posto da sottosegretario al lavoro o al turismo. Il suo segretario regionale, Matteo Rosso, “vuole fare il parlamentare”, si sente echeggiare nel transatlantico in versione slim di via Fieschi). Chi prenderà in giunta il posto di Berrino (decide Giorgia”, rispondono da Fratelli d’Italia. Unici dogmi, dare rappresentanza a Savona e scegliere una donna per le quote rosa, che però non sono vincolanti di legge. Almeno in Liguria dove la norma nazionale non è mai stata recepita).
E se Giorgia Meloni sembra presa nella formazione del governo con i rebus non da poco di Giorgetti e Salvini, c’è chi spera e soprattutto aspetta per le sorti della Liguria. Proprio quando il “no” al Viminale per Salvini e il possibile rimpiazzo ai Trasporti, sembra mettere in bilico la posizione del fedelissimo genovese Edoardo Rixi, in pectore già ministro proprio ai Trasporti. Perché non mancano i destini leghisti nell’assetto regionale. Se Alessandro Piana, vicepresidente della Regione non eletto al Parlamento, e Andrea Benveduti, assessore allo Sviluppo economico, sembrano essere blindati a piazza De Ferrari, resta l’incognita dei non confermati in Parlamento, su tutti il fedelissimo proprio di Rixi, Flavio Di Muro. Che non pochi vorrebbero, guarda caso, a De Ferrari. “Perché ad aprile c’è il giro delle partecipate di stato. Eni ed Enel”, spiega qualcuno alludendo a un altro rimpasto di giunta.
In poche parole a via Fieschi si parla di Roma per parlare dei non facili equilibri regionali dopo il voto nazionale. Con il duro risultato dei totiani, fermati al 2% ligure, e una campagna elettorale che oltre a Fratelli d’Italia, sembra essere andata bene solo al Terzo Polo, con il salvataggio in calcio d’angolo dei Cinque Stelle e non pochi terremoti nei gruppi consiliari di maggioranza e minoranza.
Una confusione che offusca il dibattito d’aula che martedì è stato di sindacato ispettivo, formula molto ostica che vuole significare che si tratta di una seduta in cui non si approva nulla, ma in cui i consiglieri interrogano la Giunta Regionale. Per dirla con consuetudine anglofona, un question time. Cosa non da poco per la democrazia, se non che viene vissuta dagli addetti ai lavori come un obbligo. Per questo motivo a qualcuno in aula si illuminano gli occhi quando arriva l’interrogazione sul foraggio dissuasivo. A spiegarsi: dare da mangiare ai cinghiali lontano dalla città perché non scorrazzino nei quartieri cercando di nutrirsi dai bidoni della spazzatura. Ed è a questo punto che fra gli scranni di via Fieschi si ode il bisbiglio per cui questa sembra essere la migliore perifrasi politica del momento.
Diversa la sorte di Palazzo Tursi. “Mai una guida della città sembra essere stata tanto salda”, qualcuno si spinge a dire in quel dedalo disuso di aule e aulette che contornano la sala rossa. Perché qui, in Comune, le chiacchiere, e quindi i destini, si giocano nel grande atrio che si apre sui giardini posti di fronte alla sala consiliare.
Capiamoci, il clima è quello di chi dorme sonni tranquilli. “Persino Bucci è cambiato. Più calmo” dicono i suoi, dopo la seconda vittoria. Perché è lui, ora, il fuoriclasse. Il Messi della politica ligure. Quello che “si vorrebbe alla Regione”. Quello che “si vorrebbe a Roma come ministro ma sarebbe una dura perdita per Genova”. Quello che “può andare alla guida del paese”, si spingono taluni. Certo è che nella stabilità politica i toni cambiano, l’aula si concentra, ed escono fuori i temi genovesi. Quelli più concreti. Su tutti, due. L’apertura prevista del terzo punto vendita di Esselunga in città e i destini di Ansaldo Energia. Sviluppo economico e lavoro. Roba che i genovesi e i liguri capiscono e oggi, un poco, sperano.
Le due arie sono queste. Una di politica dei numeri, più politicata, in Regione, con l’ingresso tecnico del nuovo assessore alla Sanità, Angelo Gratarola, martedì a De Ferrari per prendere in mano le redini della struttura ereditata da Toti. E una di dettagli in Comune, dove le ricadute del voto nazionale non sembrano aver sortito effetti. Ed è qui che rimpalla l’unico tema condiviso. Le cariche della Città Metropolitana. A breve si deciderà la giunta che dovrà affiancare il Sindaco metropolitano Bucci nella guida dell’ex Provincia, scegliendo fra gli eletti dei consigli comunali del territorio. In pochi minuti i nomi spuntano fuori, alcuni come certi, altri per essere bruciati. Ma se a Genova sembra un risiko, la provincia e il Tigullio ne vedono il proprio destino. L’accentramento di potere, le scelte paracadutate e i timori del territorio. La perdita di posti eletti dai cittadini per posti concordati fra politici. Anche se per questa settimana un accordo non pare all’orizzonte e tutto sembra rimandato a martedì prossimo, quando il quadro politico dovrebbe essere definito con più chiarezza.
Così tutto si spegne mentre in aula l’assessore ai rifiuti di Genova, Matteo Campora, precisa che il ghiaccio delle pescherie, che puzza, e pure molto, non va buttato nella spazzatura o nei tombini, ma disciolto nei lavandini. Perché la vita dei cittadini si fa di piccole cose ma concrete. E ciò ci ricorda che, in una crasi di proverbi, il pesce che puzza, si lava in casa (articolo 10, comma 3 del regolamento comunale).