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Giovedì, 25 maggio 2023 - Numero 271

Cronache da Genova – 35 milioni per coprire il disavanzo della sanità. E non bastano

Le spese straordinarie per Covid, inflazione e bollette, nel solo 2022 hanno comportato per la sanità ligure un aumento di 112 milioni euro
La sede della Regione Liguria in piazza De Ferrari
La sede della Regione Liguria in piazza De Ferrari
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di FABRIZIO DE LONGIS

La sanità ligure sta raschiando il fondo del barile? È questa la domanda che in molti si sono posti martedì scorso quando, con il Ddl 152, il presidente della RegioneGiovanni Toti, ha previsto di coprire il disavanzo di 35 milioni di euro del bilancio 2022 della sanità ligure, con soldi recuperati internamente al bilancio regionale.

Se da un lato Toti ha manifestato la sua contentezza per questa operazione, indicando che l’opportunità di poter operare un ripiano dei costi interno al bilancio, dimostra la solidità delle finanze regionali, dall’altro lato le opposizioni hanno evidenziato che i 35 milioni in oggetto vengono recuperati riducendo le prestazioni sanitarie. Prestazioni, precisa Toti, “che non riguardano minimamente i servizi essenziali”. 

Come a dire, riduciamo, ma il superfluo. Se nella sanità pubblica il superfluo può esistere.

La gestione della sanità, si legga quindi della spesa sanitaria, è il tema dei temi per quanto riguarda ogni governo regionale italiano. Per questo è da sempre nell’occhio del ciclone fra le modalità di gestione delle maggioranze e il monitoraggio delle opposizioni. 

Ad orizzonte della metà del 2023, la sanità delle regioni italiane, e quindi anche della Liguria, sta arrivando alla fase di summa di un passato, quello degli ultimi tre anni, molto tumultuoso, che ha evidenziato numerose criticità, e il tentativo di ritorno all’ordinaria gestione, con nuove tipologie di organizzazione derivanti anche da questi stessi anni. Il Covid prima, l’inflazione poi e la crisi energetica dopo, hanno messo a dura prova la tenuta di tutta la sanità. 

E anche qui l’analisi, a Genova, si biforca ormai da tempo in una concezione dicotomica. Se dal governo regionale sono stati evidenziati più volte gli aspetti critici economici (spese impreviste, aumento di personale, gestione delle vaccinazioni, e in ultimo le bollette), per le opposizioni l’aspetto più critico è derivato dai modelli di gestione sanitaria e dal rapporto fra le strutture e il territorio.

Come ovvio, e come si bisbiglia nei corridoi di via Fieschi, ognuno porta l’acqua al suo mulino. 

A precisare la generalità della crisi delle casse sanitarie nazionali stressate da quanto già detto, è proprio il presidente Toti che martedì ha ribadito che quella ligure “è una operazione che molte regioni hanno fatto negli ultimi mesi in modo assai più significativo rispetto a quello che sta avvenendo qui”. Come a dire, così fan tutti, ma la Liguria un poco meglio: senza finanza esterna (debiti) o senza cartolarizzazioni (vendere pezzi del proprio patrimonio).

A conti fatti, secondo Regione Liguria, le spese straordinarie per Covid, inflazione e bollette energetiche, nel solo 2022 hanno comportato per la sanità ligure un aumento di 112 milioni euro di spesa, a fronte di un aumento di stanziamento da parte del governo nazionale, di soli 48 milioni di euro. Un saldo negativo di 64 milioni. Di cui 35, per l’appunto, coperti con la scelta di martedì.

Manovra resasi necessaria, per Toti, per l’appunto dai mancati aumenti di finanziamenti nazionali. “Il disavanzo delle regioni deriva dalla gestione degli ultimi tre Governi nazionali che si sono succeduti, dai quali la Conferenza delle regioni non è mai riuscita ad avere una risposta soddisfacente”. Perché la sanità, breve riassunto, funziona in maniera sussidiaria. Il governo regola e stanzia i fondi, li da alle regioni, le quali sui loro territori agiscono tramite le aziende sanitarie locali. 

Quindi, senza fondi nazionali, poco si può fare, se non trovare i soldi quando servono, dove si può.

Sembra chiaro che la sanità, in quanto tale, sia un costo sostenuto dalla collettività. In breve, il più evidente frutto delle tasse che i cittadini pagano. 

Il tema in campo oramai da decenni, ma esploso con la pandemia e ancora da decifrare in questa fase di riassetto, è come questi soldi è razionale che siano spesi.

Con la scelta di martedì, Regione Liguria, per molti, ha implicitamente rimesso in discussione del modello sanitario intrapreso da tempo. Dall’inizio del governatorato di Giovanni Toti. Ossia accentramento e privatizzazione. 

Temi su cui le visioni sembrano opposte e inconciliabili e che per molti è stato il punto debole della sanità nella gestione pandemica. Resta, quindi, da capire, se la sanità ligure sia verso l’orizzonte di una scarsità di risorse strutturale, che comporti tagli e riorganizzazioni. Processi che soprattutto nelle ultime settimane si sono intensificati sotto la formula di una riorganizzazione di efficace ed efficienza che offra migliori servizi ai cittadini.

Punto su cui sembra essersi arenato il dibattito regionale di martedì.

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