di FABRIZIO DE LONGIS
Tre segreterie partitiche regionali sembrano legare i loro destini al risultato elettorale di Sestri Levante. Il fermento politico che si registra a Genova, il martedì successivo al voto, è di quelli che si districano fra rivoluzioni e sgambetti.
In gioco i ruoli di guida, in ordine, di Fratelli d’Italia, Partito Democratico e Forza Italia. Interessati, rispettivamente, il deputato Matteo Rosso, genovese, la deputata Valentina Ghio, sestrese (e sindaca uscente), e Carlo Bagasco, sindaco di Rapallo. Una sfida, quindi, che sa molto di Tigullio.
Ad attirare nel vortice della battaglia politica i tre segretari, le scelte dei candidati sindaco di Sestri Levante. Per Rosso e Bagnasco, a far pagare scotto è la scelta di aver rotto con il fronte del vittorioso Francesco Solinas, per sostenere Diego Pistacchi, imposto da Fratelli d’Italia con simboli al seguito. Risultato poi terzo al primo turno delle comunali.
Sul campo, quindi, si sono misurati pesi e contrappesi strategici, ma anche dissapori storici fra persone inconciliabili per carattere e visione politica.
Il primo round è proprio quello fra Muzio e Bagnasco. La sfida è di quelle che sembrano impossibili. Il già sindaco di Casarza Ligure, animo popolare, dal basso, che sfida il sindaco della grande Rapallo, dinastico (il padre Roberto fu sindaco per dieci anni e oggi al secondo mandato da parlamentare), che vanta un solido rapporto con la famiglia Berlusconi. Muzio uomo da sagre e bar delle bocciofile. Bagnasco da cocktail in piazzetta a Santa Margherita Ligure e domeniche al golf club. A gravare su tutto, la storica condizione statutaria del fu partito azienda, in cui da sempre i segretari li nomina il gran capo indiscusso, Silvio Berlusconi.
Però la politica è fatta di uomini e di caratteri. Così a questo turno a Muzio è risultato impossibile non sfidare i Bagnasco. I quali hanno risposto per le rime, con un fortissimo sostegno a Pistacchi.
Perché in campo, in questo caso, non ci sono solo i destini di Sestri Levante o della guida regionale del partito, ma il fronte di quella che sarà la campagna elettorale per le regionali datate 2025. Anno in cui Muzio tenterà la riconferma al terzo mandato regionale e Bagnasco junior scenderà nell’agone regionale nelle fila del medesimo partito.
A tremare, però, è anche la sedia di Matteo Rosso. Il segretario regionale del partito di Giorgia Meloni, già da tempo è bersaglio di mai celati attacchi. Ma la summa delle scelte regionali, da Pistacchi a Sestri Levante, alla sfida ritirata a Claudio Scajola a Imperia, sembra non essere passata inosservata a Roma. Dove pronto al colpo di mano, sembra esservi Ignazio La Russa, adottivo di Zoagli. Che per Rosso non ha mai avuto simpatia (approccio storico contro impronta democristiana).
Da Roma infatti arrivano le prime conferme. “Qualcosa si sta muovendo. C’è maretta. Rosso è diventato troppo romano”, precisano dal partito.
L’obiettivo sembra portare in sella alla guida del partito ligure, il coordinatore provinciale savonese, Claudio Cavallo. Sindaco di Stellanello da ‘risarcire’ dopo la mancata nomina ad assessore regionale, proprio in sostituzione dell’eletto senatore, Gianni Berrino. Posto che è andato al sammargheritese Augusto Sartori, proprio su richiesta di La Russa (i due sono amici fraterni).
Al conto, poi, arriva la reggenza regionale di Valentina Ghio, oramai dimissionaria da quasi un anno, ma che non ha condotto il partito al voto interno. “Ha paura di misurarsi”, sintetizzano alcuni esponenti genovesi.
Voce che vuole scoperchiato il bisbigliato patto fra Ghio e la nuova segretaria nazionale Elly Schlein, che avrebbe previsto, a fronte di una vittoria sestrese, la riconferma a segretaria regionale, la promozione a vicepresidente del gruppo parlamentare e un ruolo nella segreteria nazionale del partito. Un pacchetto molto goloso garantito dallo scollamento con i territori della segretaria nazionale che sembra sempre di più cercare alleati di rango dirigenziale democratico a livello locale. Nel tentativo di annientare il fronte di Stefano Bonaccini (maggioritario negli iscritti, ossia nelle cruciali sezioni, e locale per vocazione). Dando vita così all’ennesima guerra fratricida del partito che niente interessa agli elettori, ma che tanto allontana il partito dalla gente comune.
E in questo, come in un processo verticale, la guida regionale del partito di Ghio, sembra aver contraddistinto quella frattura replicatasi in città ed esplosa a livello nazionale: ossia la perdita dei moderati cattolici, dei riformisti non radicali, sugellata con l’accodarsi proprio alla nuova segretaria Schlein.
In parole povere, l’innesco di una nuova macchinosa trattativa partitica che non tiene in considerazione il drastico calo di consensi del partito in Liguria a partire dal 2015, con il susseguirsi di cocenti e storiche sconfitte in nome del massimalismo e della virata a sinistra (unico caso fuori dal contesto è Savona, dove a vincere è stato un candidato riformista).
Processo che vede Ghio in prima linea, nella scuderia di Andrea Orlando, con la collaborazione sul Levante di Luca Garibaldi. Team sintetizzato da Pippo Rossetti, nella frase: “Squadra che perde non si cambia”.
Ma soprattutto squadra che quasi un decennio affonda ogni prospettiva di attrarre gli elettori riformisti moderati che possono risollevare le sorti del partito.
A testimoniare questa impostazione partitica, proprio i voti a casa di Ghio: Sestri Levante. Dove al ballottaggio, il candidato sindaco vincente è un civico reale (non con liste che mascherano il simbolo del partito di cui un poco ci si vergogna), moderato e aperto al dialogo. Un candidato di estrazione centrista un poco a destra, che al ballottaggio ha raccolto così tanti voti da superare la somma dei quelli raccolti da lui e da Pistacchi al primo turno, di oltre 300 voti (4548 contro 4859, differenza 311 voti). Voti probabilmente recuperati in parte dagli scontenti della reggenza democratica che al primo turno non erano andati a votare (e ‘stimolati’ non proprio morbidamente proprio dal candidato democratico, che ha segnato un altro autogol), in parte, quasi per assurdo, dalla sinistra radicale di Nicola Rollando, che al primo turno si era aggiudicato il 5%.
Voti che il Pd dava come minimo per astenuti, e in secondo luogo speranzoso in supporto della macchina di sinistra.
Dati che sfatano la narrazione di un candidato di destra al ribasso nel ballottaggio. Considerando che Marcello Massucco, il candidato ‘ghiano’ si è fermato a 3486 voti al secondo turno (tolte +12), quando la somma dei suoi 3103 voti del primo turno, con quelli dell’apparentato Calabrò (371), arrivava a 3474.
Come a dire, i voti della logora macchina di partito Orlando-Ghio-Garibaldi, quelli sono, e nulla più.