di FABRIZIO DE LONGIS
In politica, dal lato di chi amministra, oggi giorno sembra esistere e prendere sempre più campo quella via di mezzo che si pone fra una gestione vecchio stampo della cosa pubblica, riassumibile nel concetto partitico, e chi si propone come un manager aziendale, sinonimo di efficienza.
La summa di queste due visioni si racchiude nel concetto di civismo. Ossia la forza che guarda al rapporto diretto con i cittadini, puntando alle capacità che trainano i risultati e meno ai compromessi tipici della politica, gonfiati a dismisura nel contesto dei partiti (soprattutto quelli in crisi). Nessuna lotta interna per il potere alle strutture di segreteria e la testa china sul ciò che si è chiamati a fare.
Il banco di prova principale in cui si misura questa nuova via della politica, non a caso spesso citato e sbandierato, è il ruolo del sindaco. Il primo cittadino, nomen omen, è colui che tende a rappresentare l’incontro fa una buona amministrazione, i cittadini (quindi l’ascolto da basso), e le esigenze della politica in senso stretto.
Simbolo fra i simboli di questo ruolo, in Italia oggi è Marco Bucci. Il Sindaco del Ponte.
Entrando nel dettaglio del pensiero ‘bucciano’, chi ha a che fare con il sindaco genovese e metropolitano scopre prima di tutto un uomo di piglio. Un piglio così forte e marcato che negli ultimi mesi (complice anche la riconferma al secondo mandato e quindi la libertà di chi non deve farsi rieleggere), sta incrementando giorno dopo giorno.
Principio cardine per entrare nelle grazie di Bucci e collaborare alla sua idea di città: essere bravi a fare il proprio lavoro. Tanto che oramai il primo cittadino genovese supera senza indugi le barriere delle coalizioni, proprio per determinarsi (qualora ce ne fosse ancora bisogno), come civico. Ricetta che già è risultata vincente alle ultime elezioni, con due liste da lui costruite che gli sono valse il 23,8% dei voti, su un totale come sindaco del 55,5%. Come a dire che il suo civismo ha ottenuto quasi lo stesso livello di voti di tutti i partiti di centro e centrodestra messi insieme.
Perché la base del ragionamento di Bucci è quello di metterci la faccia. Una faccia che lui per primo vuole salvare. Per questo, da uomo che negli Stati Uniti ci ha vissuto e lavorato per molti anni, fa perno sul principio d’oltreoceano della accountability. Traducasi con la parola: responsabilità. Ma una responsabilità di senso ampio. Prima di tutto valoriale, ma specificatamente nei confronti degli elettori (che abbiano votato per lui o meno). Come a dire, i risultati prima di ogni altra cosa e al giudizio dei cittadini.
Inevitabile che con questo principio il peso dei partiti politici e della politica politicata, risulti fortemente ridotto. Una cura dimagrante da lacci e lacciuoli degni del Manuale Cencelli e della massima sintesi politica, che vuole un leader indipendente mal visto, perché gli accordi politici non ne possono determinare la vita o la morte (sempre politica, ovviamente).
Forza di Bucci in questo contesto, è quella di liberarsi con fermezza, come con uno strappone, dalle numerose mani che vorrebbero tirarlo per la giacchetta. Una forza, come detto, fatta di elementi concreti misurati sul campo, persino nella sfera del millimetro. Perché il sindaco genovese è pignolo, pretende e non manca di seguire ogni aspetto di ogni progetto in campo. Severo e dotato di buona memoria.
Tutti ingredienti di quel successo su cui ben poco tende ad adagiarsi, ma che, anzi, usa come traccia per dire che se bene si è fatto finora, ancora meglio si potrà fare domani.
Una guida che, dotata di carisma, gli permette oramai di trascinare con sé tutti quei membri della sua squadra di governo e di consiglio comunale che dai partiti dipendono e ne fanno parte.
Sta qui, forse, l’elemento maggiormente interessante della sua leadership: il fatto che gli esponenti di partito a lui legati, spesso si dimentichino delle logiche dei partiti da cui provengono, per seguire i principi del sindaco.
Un misto fra stima, vantaggio e paura.
Perché non c’è dubbio che Bucci metta paura a molti. Gli scontri con il sindaco sono memorabili. Degni di diventare aneddoti ben infiocchettati da raccontare davanti ad un caffè o seduti ad un pranzo. Come è evidente che accodarsi ad una scia vincente, per i vari membri di giunta e consiglio, consenta di far parte di quella vittoria.
Resta, tuttavia, in gioco l’elemento più interessante. Quello della stima. Una condizione trasversale che è andata crescendo, “nonostante il caratteraccio” bisbiglia qualcuno, ma che oggi si è concretizzata in un campo largo che vede Bucci per primo infrangere i limiti di coalizione, ad esempio per le nomine e le scelte dei collaboratori, e che da oltre confine vengono viste con grande interesse. Soprattutto fra chi (non troppo, ma quelli giusti), si vedono persino offrire la proposta di lasciare i partiti di opposizione e collaborare con lui. Ovviamente sotto forma di battuta con il sorriso in bocca. Ma mai, si impara seguendo Bucci, una battuta del sindaco è lasciata al caso. E come è noto, fra il serio e il faceto, il desiderio trova il suo nutrimento.