di FABRIZIO DE LONGIS
Una nuova agenzia per la gestione dei rifiuti a livello regionale. È questa la novità della settimana politica genovese.
Approvata in Consiglio Regionale a tarda notte di martedì, dopo una strenua battaglia di ostruzionismo delle minoranze, l’Agenzia Regionale Ligure per i Rifiuti (ARLIR) sarà operativa da sabato primo luglio. Costo di partenza quasi un milione. Da subito nomina di un commissario. Nuove assunzioni in programma. Scopo: efficientare la raccolta dei rifiuti.
Un’efficienza che però, sussurrano non in pochi, rischia di andare a scapito dei territori.
Il modello è quello già visto in Liguria e ben chiaro nella mente del presidente Giovanni Toti: una regionalizzazione di tutti i servizi.
Il principio di sussidiarietà, ma un poco ritirato. Come dire, dal basso sì, ma non troppo.
L’esempio dei processi decisionali di ampio raggio governato dai comuni, con venti, tempi lunghi e discussioni con i cittadini, non piace molto al governatore ligure. Questo è ben noto. Tematiche, quali la resistenza dei territori a opere che i cittadini sentono come un danno, che non poche volte lo hanno innervosito.
Il cardine di questo pensiero sembra essere l’idea di un interesse diffuso (regionale, anziché nazionale, potremmo dire), che deve essere anteposto a quello locale.
Insomma, i Nimby (not in my back yard), a Toti non sono mai piaciuti. Le partite di questo livello in Liguria, tuttavia, sono molteplici: il biodigestore previsto da tempo per i comuni di La Spezia (proprio tema della nuova agenzia); i depuratori di Chiavari e delle Cinque Terre; lo spostamento dei depositi chimici a Genova; il sito di costruzione dei cassoni per la diga del porto capoluogo e via dicendo. Opere che la regia regionale considera strategiche, ma su cui i cittadini rivendicano di dire la propria opinione.
Il sistema regionalizzato più chiaro, oramai da tempo, è quello della sanità, con l’agenzia Alisa che appare come la sorella maggiore della nascente dedicata ai rifiuti. Lo scopo pare essere quello di governare da piazza De Ferrari i processi decisionali più importanti in materia, con il mantra degli accorpamenti.
Avere, quindi, il potere di poter saltare le fasi di discussione e confronto locale nei procedimenti con cui assumere decisioni importanti.
Per descrivere come sembra indirizzata ad operare la nuova agenzia, dunque, ci sono tre realtà liguri che riassumono nella loro storia quanto potrebbe accadere nei prossimi mesi, grazie ai poteri che si troverà nelle proprie mani il commissario protempore (entro il primo gennaio 2024 dovrà essere selezionato un direttore).
Infatti il primo scopo che la nuova agenzia si prefigge è quello di gestire e pianificare il sistema di smaltimento dei rifiuti regionale, con l’obiettivo dell’autonomia del proprio processo. Sostanzialmente, avere sufficienti siti di stoccaggio e trattamento da non dover spedire la rumenta fuori regione. Partita che Toti vuole assolutamente governare in prima persona.
L’esempio chiaro è il biodigestore dedicato al territorio spezzino che da almeno un decennio è atteso, e da altrettanto tempo la sua realizzazione è ferma per decisioni non prese, ritardi progettuali e contenzioni con cittadini e comuni. Processo, quest’ultimo, che verrebbe, se non superato, per lo meno drasticamente dimagrito.
In secondo luogo, l’agenzia ha lo scopo di gestire in maniera integrata l’appalto della raccolta dei rifiuti. I maxi appalti per province, o per aree geografiche integrate. Processo, quest’ultimo, già avviato nel genovesato, ma che secondo Regione Liguria ha visto una fase di scontro fra Città metropolitana di Genova e comuni, che dimostra l’esigenza di un coordinamento sovrastante.
Il terzo esempio è il depuratore previsto nella colmata a mare di Chiavari. La nuova agenzia, infatti, prende spunto dai processi decisionali degli Ato, gli Ambiti territoriali ottimali. Ossia proprio il soggetto che ha scelto la dimensione (inziale oltre 200mila persone, ora 140mila), e la localizzazione del depuratore, prima al Lido di Chiavari, poi in colmata. Proprio l’Ato si regola secondo un processo di voto per cui la maggioranza dei comuni, con il sostanziale veto di Genova, possono obbligare un singolo comune, o un gruppo degli stessi, a ‘subire’ una decisione. Con buona pace dei cittadini. Sistema che in questo caso è stato ricalcato con forza.
Questo modo di operare sembra essere il cardine per la gestione dei due primi processi: dunque la localizzazione e realizzazione degli impianti e la gestione integrata (appalto unico) dei rifiuti.
In aggiunta, rimane una postilla. Sempre mutando dall’esempio dei depuratori, il cui costo di realizzazione è a carico dei cittadini perché lo pagano nelle bollette dell’acqua con un aumento proporzionale, anche la nuova agenzia sarà pagata dai cittadini. Infatti è previsto che i fondi vengano reperiti tramite l’aumento della Tari (la Tassa sui rifiuti). Aumento che i comuni esigeranno (ruolo ingrato), per trasferirla poi alle Città metropolitane e Provincie, le quali a loro volta rifonderanno nell’agenzia.
Con l’avvertenza che se l’esperienza chiavarese insegna qualcosa, per l’avvio di questa nuova struttura viene previsto un costo di circa un milione di euro. Costo, come detto, a carico dei cittadini. Quando il depuratore di Chiavari, che nelle prime intenzioni doveva costare circa 80 milioni di euro nella localizzazione del Lido, ad oggi, in colmata, si stima supererà i 200 milioni.
Perché gli aumenti, per l’appunto, li pagano sempre i cittadini, in bolletta o tassa che sia.