di FABRIZIO DE LONGIS
Può Giovanni Toti candidarsi al terzo mandato come presidente di Regione Liguria? La domanda che nelle ultime settimane percorre la politica genovese, non è tanto quella se l’attuale governatore regionale abbia il supporto politico per provare a essere riconfermato per la seconda volta alla guida di piazza De Ferrari, ma se questo gli sia consentito dalla legge.
Che Toti ambisca, non è un segreto, lui stesso lo ha chiarito, con la clausola molto indefinita che si candiderà solo se ci sarà l’adeguato sostegno della coalizione di centrodestra.
Ma abbandonando le alchimie della spartizione fra civismo e partiti e fra ambizioni dei singoli e interessi di coalizione, quello che oggi non è ancora definito al cento per cento, è se Toti possa in termini tecnici dare il via alla sua terza corsa elettorale per il medesimo scranno.
Condizione su cui si basano i molteplici scenari da fantapolitica, che vedono, a turno, Toti, il sindaco genovese Marco Bucci e il viceministro leghista Edoardo Rixi, interscambiarsi in un papabile totonomi per chi guiderà Regione, Genova o l’Autorità portuale del Mar Ligure Occidentale (ossia Genova, Savona, Pra’ e Vado Ligure).
Perché il cambio di rotta dell’ultimo decennio che ha visto la Liguria orientarsi decisamente sulla politica di centrodestra, con una progressiva riduzione degli storici feudi del centrosinistra, è troppo allettante per perdere l’occasione di sfruttarla a pieno, anche a costo di un contrasto con le normative nazionali. Perché è qui che pare risiedere il nodo della terza candidatura totiana.
Pochi, infatti, credono che se Toti si dovesse candidare, non vincerebbe. Anche a confronto con un candidato potenzialmente forte come Luca Pastorino (ma molto discusso nel centrosinistra), la formula del civismo totiano (si parla già della lista dei sindaci a suo sostegno), sommata alla macchina dei partiti oggi governativi (più altri?), parrebbe garantire all’attuale numero uno di piazza De Ferrari di vincere.
Una valutazione che ha il tempo per essere misurata, visto che le elezioni si terranno nel 2026, ma che basa le proprie fondamenta sulla possibilità formale della candidatura, piuttosto che sull’opportunità politico-elettorale.
La situazione attuale pare districarsi nel mancato recepimento a livello normativo regionale, di una legge nazionale. Ossia la legge che prescrive proprio il limite di due mandati consecutivi per un presidente di regione.
Ed è in questo fatto che la Liguria ad oggi sembra distinguersi. Questa legge, la quale prevede proprio il recepimento da parte di ogni regione nella propria normativa, non è mai stata recepita in Liguria. De facto, non ha una sua applicazione in vigore nella regione a guida Toti. Su questo punto sembra basarsi la considerazione di chi, vicino al presidente ligure, ritiene che la candidatura al terzo mandato sia oggi già possibile.
Il controcanto a questa versione viene fatto da chi (anche internamente al centrodestra), considera una simile interpretazione, o troppo fragile (le opposizioni), o rischiosa (i timorosi della maggioranza). La valutazione in essere è quella per cui basterebbe un qualsiasi contenzioso o amministrativo o costituzionale, per decretare illegittimità di una eventuale candidatura o elezione di Toti al terzo giro da governatore ligure.
Una situazione che non sta mancando di suscitare nervosismi e mal di pancia. Con gli amanti dei percorsi legislativi e istituzionali che mal digeriscono una mossa simile, i pavidi che temono di buttare all’aria una possibile terza vittoria del centrodestra e le opposizioni che scaldano i motori per gridare allo scandalo.
Il vantaggio totiano, ad oggi, però sembra essere concreto: non esiste un’alternativa concreta. E non esiste nel centrodestra, dove sembra improbabile che le due uniche personalità oggi papabili a sostituire Toti, ossia Bucci e Rixi, possano lasciare in anticipo uno il Comune e l’altro il Governo, per correre alle regionali (ovviamente ciò potrebbe radicalmente mutare se l’esperienza governativa di Giorgia Meloni dovesse tramontare anzitempo). Così come un’alternativa sembra non esistere nemmeno nel centrosinistra, nel quale il motore trainante del Partito Democratico si trova in panne in una lotta intestina regionale per la guida del partito, che pare lungi dal risolversi, anche qualora si arrivasse presto ad una elezione di un nuovo segretario regionale.
In questa terra di assenze, l’unica presenza certa, quindi, pare quella di Toti stesso. Il quale, però, assicurano i suoi collaboratori più vicini, è lontano dall’essere attendista anche a livello normativo. Così, senza colpi di mano o decisioni prese anzitempo, pare essere pronto a presentare un emendamento legislativo che in maniera chiara, nella legislazione regionale, consenta il terzo mandato.
Emendamento che, per evitare eventuali ricorsi nel mentre, verrebbe presentato a ridosso della scadenza del mandato. Ripercorrendo, di fatto, quanto successo in Veneto, dove una manina sconosciuta avrebbe predisposto un emendamento, poi approvato, che consente al governatore Luca Zaia di correre per il terzo mandato, con tanto di retroscena che spaziano in un portafoglio di casistiche che vanno dallo stesso Zaia demiurgo dell’emendamento, a sempre Zaia furibondo per questa nuova norma che lui mai avrebbe voluto.
Per ora, però, in Liguria una cosa è certa: fra i due litiganti, ossia i pro e i contro terzo mandato di Toti, il terzo gode. E in questo caso il terzo sembra essere lo stesso Toti che, affacciato alla finestra di De Ferrari, guarda correre l’acqua della fontana.