di FABRIZIO DE LONGIS
Negli ultimi anni, in particolar modo dal crollo del Ponte Morandi del 14 agosto 2018, in Liguria si è assistito al fenomeno dell’affastellamento di incarichi commissariali per il presidente della Regione, Giovanni Toti, e per il sindaco di Genova, Marco Bucci.
Un modello che contemporaneamente si è consolidato a livello nazionale, che potrebbe essere definito di stampo genovese e di recente interrotto solamente dal governo Meloni per l’alluvione in Emilia Romagna.
Infatti proprio il crollo del Morandi diede origine alla scuola di pensiero per cui affidare un ruolo commissariale (con annessa struttura e deroghe legislative) a chi il territorio lo conosce (vuoi governatori o vuoi sindaci), sia la soluzione migliore. Su tutti, l’esempio vincente sembra essere stato proprio quello del molto dibattuto Modello Genova, sancito con la costruzione del viadotto San Giorgio.
Ossia quell’insieme di decisionismo, opportunità di budget e deregolamentazione (dalle spesso ipertrofiche normazioni italiane), e conoscenza del contesto. Proprio quest’ultima caratteristica dei candidati commissari si è dimostrata abbastanza uniforme su tutto il territorio nazionale proprio quando a entrare in campo sono i sindaci e i presidenti di regione.
Presupposto sul quale si sono basate le recenti polemiche per la mancata nomina di Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia Romagna, a commissario per la ricostruzione a seguito dell’alluvione del maggio scorso. Incarico poi andato al generale Francesco Paolo Figliuolo, Comandante del Comando operativo di vertice interforze della Difesa e già noto al grande pubblico per il subentro a Domenico Arcuri come commissario per l’emergenza pandemia durante il governo di Mario Draghi.
Come è facilmente intuibile, soprattutto in politica, il ruolo di commissario è ambito e muove non pochi interessi. Stringere il timone di una struttura con potere di spesa, sostanzialmente verticista e di intervento diretto, muove i protagonismi di varia natura. Per questo motivo, spesso gli stessi sindaci o governatori vivono male la nomina di soggetti esterni. Vuoi per il sovrapporsi di competenze. Vuoi per la conoscenza dei contesti in cui si opera. Vuoi anche perché la gestione della ricostruzione del Morandi da parte di Bucci ha fatto scuola in Italia e dato al commissario di turno grosse responsabilità che, tuttavia, se ben gestite, consentono un grandissimo credito di immagine e quindi politico.
Si vedano, ad esempio, le recenti proteste proprio di Bonaccini (ma non solo) per l’apparente poca operatività della struttura retta da Figliuolo. Il quale ha, dichiaratamente, impostato un lavoro più da generale che da politico. Con quindi minor corsa agli interventi e maggiore valutazione. E proprio in questo caso, la risposta della politica locale (in questo senso anche dei politici locali, come lo stesso Toti che ha sempre sostenuto le posizioni di Bonaccini), è quella di una scarsa conoscenza del territorio che consente interventi meno rapidi.
Il controcanto a questa critica, è proprio l’importanza di una visione terza e non legata a una porzione di territorio piuttosto che di specifici interventi già pronti nei cassetti della politica da tempo che, complice l’occasione, vengono realizzati senza adeguato dibattito.
Su questa scia di sentimenti e interessi, grande discussione ha scatenato la scelta del governo di nominare il presidente Toti quale commissario per la realizzazione del rigassificatore indicato in Liguria con il Pnrr. Rigassificatore, rinominato dai più, di Vado Ligure.
Proprio sulla struttura portata avanti dal governatore ligure di concerto con Snam, si sono concentrati gli attivismi politici di molte parti. Partendo dalle opposizioni che hanno lamentato una carenza di trasparenza e dialogo.
Sembra, infatti, questa l’accusa che più frequentemente viene portata ai politici in veste di commissari: ossia la carenza di dialogo e l’estremo verticismo che sembra confliggere, per definizione, con il ruolo politico. Anche se va detto che pochi politici godono dei poteri discrezionali che sono attribuiti ai sindaci e ai governatori.
Allo stesso modo non pochi mal di pancia da un lato, e grandi attese dall’altro, sta scatenando la solida ipotesi che Bucci possa assumere il ruolo di commissario per la costruzione della nuova diga foranea del porto genovese. Un investimento da oltre un miliardo di euro e soprattutto la madre delle opere in corso per la ridefinizione dello scalo cittadino.
Ruolo da definirsi per via della nomina di Paolo Emilio Signorini, uscente presidente dell’Autorità portuale di Genova e Savona (anch’essa commissariata e competente su rigassificatore), a nuovo amministratore delegato di Iren. Passaggio di poltrone fortemente voluto proprio da Bucci e su cui le voci maligne si sono annodate su tesi che vorrebbero lo spostamento di Signorini, propedeutico proprio all’assunzione del commissariamento da parte di Bucci.
In ultimo, non poche critiche ha scatenato la scelta di nominare la sindaca di Vado Ligure (città interessata dal rigassificatore e dalla costruzione dei cassoni per la nuova diga del porto), Monica Giuliano, quale commissario regionale per l’avvio della nascente Agenzia regionale dei rifiuti della Liguria.
In molti, infatti, fanno notare che, fino alla nuova nomina commissariale, Giuliano era apertamente contraria al fatto che Vado Ligure potesse essere interessata dal rigassificatore e dal cantiere della diga foranea.