di FABRIZIO DE LONGIS
Torna sui tavoli della politica il tema della ricapitalizzazione di Ansaldo Energia, con l’addio alla potenziale protesta degli operai a Sanremo, ma sembrano rimanere incertezze sul futuro. In sostanza è questa l’aria che si respira a Genova sul futuro dell’azienda e dei suoi circa 3.500 dipendenti.
Se sembra andata a buon fine la ricapitalizzazione di 550milioni di euro da parte di Casa depositi e prestiti, le recenti dimissioni dell’amministratore delegato, Giuseppe Marino, aprono i dubbi sull’orizzonte a lungo termine della società.
In quest’ottica, la ricapitalizzazione ad oggi arriva come una boccata d’ossigeno e fondamentale tappa per garantire la sussistenza necessaria all’azienda per non andare verso un rovinoso fallimento. Tuttavia quello che manca sono la guida e una rotta del percorso previsto nei prossimi anni. In termini tecnici, manca il piano industriale. La visione di futuro.
Nell’industria, e soprattutto in quella pesante, la pianificazione è l’ossatura base della sopravvivenza di un’azienda. Scelte ponderate e assai analizzate, obiettivi di mercato, produzione e ricerca, ben prescritti e focalizzati. Conto economico dettagliato, chiaro e definito con anticipo. Passaggi imprescindibili che ad oggi in Ansaldo Energia non sembrano sussistere, o perlomeno con necessaria struttura.
Il primo indizio positivo emerso dai tavoli di confronto a Roma tenutisi martedì scorso al Ministero dell’Impresa e del Made in Italy, è la probabile scelta di un amministratore delegato di impronta industriale e non finanziaria, e che possibilmente conosca bene l’azienda. In questo orizzonte verrà aperto un tavolo permanente di confronto fra tutti i soggetti, fortemente chiesto dai sindacati. Va detto però che, se il tavolo deve essere ancora messo in piedi, se ne deduce un’assenza del piano stesso. O perlomeno un’idea ancora lontana dal garantirne una stesura ben definita e chiara.
La parola d’ordine, quindi, oggi è necessariamente quella delle commesse. Senza ordini, tutta la ricapitalizzazione che si vuole mettere in atto, non servirà mai abbastanza, spiegano dai sindacati. Sostanzialmente, o si torna sul mercato, o quello che è ora un investimento fondamentale da parte dello stato, servirà solo a ritardare la crisi. Per questo viene richiesta a gran voce una strategia dell’azienda nei prossimi anni che punti a far riaprire le linee di produzione il prima possibile.
Tappa non facilissima, va ammesso. Perché nel settore altamente specializzato di Ansaldo Energia, perdere la presenza sul mercato per anche pochi anni, stringe le maglie del rientro in corsa. Per questo motivo sembra chiaro il peso unanime di Genova verso quello che deve essere un sostegno a tutto tondo dello stato verso Ansaldo. Ricapitalizzazione, management industriale competente che porti ad una visione di futuro, spinta alla ripartenza della produzione con ingresso sostanzioso nel mercato.
La contropartita che tiene ben vigile l’occhio su questi passaggi, sembra proprio essere l’animo duro, e molto genovese, dei lavoratori di Ansaldo. Che hanno il loro merito, non irrilevante, in questa partita e che Genova, oramai da mesi e con grande affetto, sembra chiaramente riconoscere loro. Che la città sia con Ansaldo e gli ansaldini, è lampante. Per questo restano in campo le opzioni di scioperi e proteste ad oggi sopiti, ma che Genova sente sottopelle. La memoria, infatti, è ancora fresca per lo sciopero di ottobre con tanto di blocco dell’aeroporto Cristoforo Colombo. Sentimento che non si è mai sopito in città. Non a caso di recente a Roma il confronto sui destini di Ansaldo ha visto la partecipazione del prefetto genovese Renato Franceschelli. Perché l’animo dei metalmeccanici, in questo, appare proprio ancora come uno dei pochi viscerali, pronti alla battaglia per il lavoro e i diritti. Messaggio lanciato con chiarezza e da tempo.
Se quindi il Festival di Sanremo sembra salvo dalle proteste Ansaldo, la fiducia dei lavoratori però viene messa in campo tassello per tassello, con la ricapitalizzazione, poi la nomina del nuovo amministratore delegato e dopo il piano industriale. Ad oggi il clima è quello di una speranzosa attesa. Attesa che non può di certo prolungarsi ancora molto. Perché è chiaro a Genova, ma pare oggi anche a Roma, dopo mesi di titubanza e mezze promesse, che Ansaldo Energia sia un gioiello da non perdere. Rimangono, però, i legittimi dubbi sollevati con le dimissioni di Marino, che Genova attende di veder dipanare in una partita fortemente genovese nell’animo, nazionale nell’interesse, ma di proiezione di competitività internazionale del paese.