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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Cosa c’è e cosa manca per le famiglie nel Tigullio? Molti meno asili di quanti servono

Difficile creare una famiglia in un luogo in cui i servizi fondamentali soddisfano solamente fra un terzo e un quarto della popolazione
Gli asili sono insufficienti un po' in tutta la Liguria
Gli asili sono insufficienti un po' in tutta la Liguria
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di FABRIZIO DE LONGIS

Molti meno asili di quanti servono. Il Tigullio, come Genova e l’Italia, sotto la media europea. I comuni della costa con l’offerta più ampia. Metà del servizio viene coperto da enti del terzo settore. Mancanza di un’offerta pubblica, soprattutto nell’entroterra. Genitori e figli pendolari dalle valli alla costa, per lavoro e asili. Le rette liguri fra le più alte d’Italia.

Il rapporto fra scuola e famiglia è un binomio inscindibile e fondamentale per ogni genitore o aspirante tale.

Nel prosieguo della nostra inchiesta su cosa sia a disposizione e cosa manchi per le famiglie nel Tigullio, questa settima approfondiamo il tema dei servizi scolastici e socio-educativi del territorio. Nell’obiettivo di essere un’area attrattiva per le famiglie o per chi desidera crearne una, il Tigullio nei servizi socio-educativi, ossia scuole e asili, subisce una condizione di carenza strutturale dell’intero paese. 

Ciò avviene soprattutto nel segmento che riguarda gli asili nido (bambini da 3 mesi a 3 anni), per cui la richiesta aumenta costantemente, non tanto per il tasso di crescita demografica, quanto per la sempre più reale esigenza di lavorare di entrambi i genitori, a fronte di un sostanziale immobilismo dell’offerta.

Come si è anche analizzato nel precedente numero di questa inchiesta, il ruolo dei servizi offerti alle famiglie è cruciale per lo sviluppo di un territorio. 

In questo campo il Tigullio non sembra differire particolarmente da un dato negativo strutturale del paese: tutta l’Italia da tempo si pone sotto gli standard europei nella copertura dei servizi offerti da ogni singolo comune. A fronte di una media comunitaria del 45% di posti garantiti per ogni comune ai bambini al di sotto dei 3 anni, la media nazionale si attesta al 26,6%, mentre per il Tigullio il dato complessivo è di 29% e si scompone nel 35% di Chiavari, il 30% di Sestri Levante, il 27% di Rapallo, il 26% di Santa Margherita Ligure e il 25% di Lavagna

La prima constatazione che si può trarre da questi dati testimonia come risulti difficile creare una famiglia in un luogo in cui i servizi fondamentali, quali l’asilo, soddisfano solamente fra un terzo e un quarto della popolazione di riferimento.

In aggiunta, questa condizione non solo fotografa un insieme di servizi che nella migliore delle opzioni, ossia quella chiavarese, registra un gap di dieci punti percentuali dalla media comunitaria, ma identifica anche una concentrazione di questi servizi nelle città medio-grandi del territorio e poste sulla costa. 

Realtà che si combina con quanto precedentemente analizzato nella nostra inchiesta in merito al lavoro e alla casa: le case a miglior rapporto prezzo/metratura si trovano nell’entroterra, e la stessa Città Metropolitana identifica quell’area come la più adatta per la creazione di nuove famiglie; ma il lavoro, soprattutto meglio pagato, si trova nelle città sulla costa. 

In questo trend si inserisce anche l’offerta socio-educativa, in special mondo degli asili, contribuendo a definire un modello di famiglie residenti nell’entroterra, in cui però i genitori lavorano nelle città medio-grandi della costa, e nelle stesse città puntano ad usufruire dei servizi di asilo per i figli, data la presenza di un’offerta maggiore (ma che non soddisfa tutte le richieste). 

In questa maniera si configura un pendolarismo giornaliero dell’intera famiglia. Con una postilla non da poco: per i genitori non residenti è più difficile accedere ai servizi pubblici di questo settore, in quanto per legge la residenza nel comune in cui è offerto il servizio prevede una priorità nelle liste di accesso dei servizi pubblici (mediamente più economici). Liste che a fronte di un’offerta di posti sottodimensionata, si esauriscono quasi sempre con rapidità con la risposta (comunque insufficiente), alle richieste dei soli residenti.

In questo modo la domanda di affidare i figli agli asili, in media con gli standard nazionali, nel 50% circa dei casi viene coperta da operatori del terzo settore. 

Su tutto il territorio regionale esistono in totale 322 asili nido, divisi in 125 pubblici e 197 privati. Queste strutture riescono a garantire un totale di 8.725 posti, di cui il 51% pubblici e il 49% privati. Un insieme che pone la regione al di sotto degli standard minimi europei che prescrivono la necessità di garantire ad almeno il 33% dei bambini al disotto dei tre anni, un posto all’asilo nel loro comune di residenza, in modo da garantire una fascia minima di servizi alla popolazione.

Nell’insieme, questa distribuzione delle strutture riguarda una copertura del 52% dei comuni della Città Metropolitana di Genova, a fronte di una media nazionale del 59%: questo dato riflette l’ulteriore complessità di offrire servizi simili in realtà periferiche, a territorio diffuso, poco popolose e con enti comunali meno strutturati, quali quelli dell’entroterra.

Non stupisce, quindi, che in questa condizione di servizi concentrati sulla costa e in meno comuni, con una copertura pubblica (e anche privata) insufficiente, nonché un pendolarismo famigliare, mandare i figli all’asilo comporti un costo più altro dei servizi a livello regionale. La media delle rette liguri, difatti, è una delle più alte del paese, con il valore di 338 euro al mese, contro i 303 della media nazionale.

Che fatica, poveri genitori o aspiranti tali: questo non è un paese per famiglie.

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