di FABRIZIO DE LONGIS
Nell’ultima settimana gli italiani hanno assistito a Papa Francesco e Giorgia Meloni, di bianco vestiti, presenti sullo stesso palco per parlare di inverno demografico. Il palco era quello degli stati generali della natalità e il tema il ricorrente da decenni in Italia: si fanno troppi pochi figli.
In questo insieme di condizioni che determinano la poca propensione dei giovani italiani ad avere figli (o ad averne a sufficienza per garantire una crescita demografica del paese), la Liguria si posiziona undicesima fra le regioni italiane.
A indicare questo posizionamento in classifica è il report dedicato alle madri elaborato annualmente da Save the Children, intitolato: Le equilibriste.
Premessa chiara: per essere madri, oggi, bisogna districarsi fra tanti di quei doveri ed ostacoli, da diventare equilibriste.
Una condizione non delle più ottimistiche.
Nella nostra inchiesta a puntate, abbiamo già evidenziato quali siano le principali problematiche legate alla genitorialità per chi la famiglia vuole crearsela nel Tigullio. Casa, scuola e lavoro.
L’indice delle madri elaborato dall’Istat per Save the Children, consente, se pur a livello regionale e non in territori più ristretti, di godere di uno sguardo di insieme molto approfondito. Infatti l’indice è il risultato di un’analisi basata su sette diverse dimensioni: demografia, lavoro, servizi, salute, rappresentanza, violenza e soddisfazione soggettiva.
Tutte dimensioni che rappresentano peculiarità molto particolari nel territorio regionale. Basti pensare al tasso di anzianità, che secondo il rapporto Istat sugli Indicatori demografici del 2022, vede in Liguria assestare le quote di residenti over 65enni e 80enni, rispettivamente al 28,9% e al 10,4%. Come a dire, quattro cittadini su dieci sono in età pensionabile.
Non stupisce, infatti, che la Liguria in questo assetto demografico registri il più basso tasso di natalità e il più alto di mortalità.
Il miglior dato che la nostra regione riserva alle madri secondo Save the Children, è il lavoro, in cui la risale al settimo posto nazionale. Lavoro che però abbiamo visto, per il Tigullio e la provincia di Genova si connatura con contratti a termine e spesso stagionali. Con un continuo ciclo fra occupazione e disoccupazione. Male, invece, lo standard ligure femminile per la rappresentanza e la demografia, con un calo alla tredicesima posizione. Indicatori superati solo dalla violenza di genere in cui la Liguria cala ulteriormente al quattordicesimo posto, in un settore drasticamente attuale.
In questa condizione, sembra interessante rivalutare la posizione offerta durante la recente coabitazione del Papa e di Meloni sul palco, secondo cui la nascita di bambino rappresenti, non tanto un mero fatto privato, quanto un bene comune.
Un bene, di cui, come conseguenza, dovrebbe occuparsi la collettività intera tramite sostegni precisi. Primo fra tutti, offrendo adeguati servizi. Soprattutto se consentono una tranquilla coabitazione fra il ruolo genitoriale e le sfere personale e lavorativa del genitore. Madri in particolar modo.
E in questo gioco di equilibro, determinante abbiamo visto finora, è il rapporto fra casa, lavoro e tempo libero.
Altro dato interessante, sempre rispetto alle considerazioni locali, è il fatto che in tutto il paese gli uomini con figli, nell’occupazione, superino quelli senza, mentre il rapporto è inversamente proporzionale per le donne. Le donne madri, si evince, rimangono più facilmente senza lavoro. Unico segmento in cui questo trend si inverte per le donne, è nella fascia di istruzione alta, con almeno il titolo della laura. Sembra quindi che la scelta di abbandonare il lavoro, diventi facilmente una forzatura, contrastata più agilmente quando ci si trova di fronte all’opportunità di avere posti di lavoro più strutturati e a valore aggiunto.
Proprio l’offerta da sempre garantita nel Tigullio, in special modo sulla cosa, e che da tempo si sta inseguendo nell’area. Non stupisce, infatti, che Chiavari rappresenti la città con il più alto tasso di laureati.
Altro tema nodale, poi, il rapporto di equilibrio nella gestione dei figli, fra i genitori.
Tema su cui recentemente proprio a Genova si è dibattuto in relazione alla possibile proposta di legge per aumentare il congedo genitoriale paterno. Oggi fermo ai simbolici dieci giorni. Come a dire, senza tempo libero, i padri non possono svolgere il ruolo di padre.
Ma quella che sembra una giusta proposta, non pare, però, secondo le valutazioni del report, risolvere la soluzione di un corretto equilibrio.
Infatti, osservando le classifiche internazionali dei migliori paesi al mondo in cui crescere i figli, o le stesse classifiche, scorporate per singole città, non sono i paesi con il più alto tasso di congedi genitoriali ad assestarsi per forza in cima alle classifiche (la Finlandia vanta oltre mille giorni), ma quelli che offrono un insieme strutturato e perdurante di servizi alla famiglia.
Infatti un figlio non si cresce solamente nei primi mesi di vita, ma per decenni. Periodo, quello compreso fino ai 18 anni, nel quale in Italia, e in assenza di servizi e politiche a sostegno delle famiglie, si arriva a spendere mediamente oltre le 250mila euro.
Non proprio una scelta da prendere alla leggera. Soprattutto senza adeguato supporto, che non può essere relegato solamente alle famiglie di origine. In breve, vanno bene i nonni, ma non che sopperiscano lo stato sociale.