di DANILO SANGUINETI
Fu incoronato oltre trent’anni fa come il ‘re del mercato dilettanti’, qualche nemico lo ha apostrofato come il Moggi dei Poveri. Lui, che mai ha rinunciato all’imperturbabilità, preferisce, anche se non lo ammetterebbe mai, il paragone parecchio impegnativo con il Cardinale Richelieu, l’Eminenza Grigia per antonomasia.
Corrado Vignolo, 69 anni portati con esibita indifferenza, potrebbe in questa estate – ma per quelli come lui non esistono le stagioni, ci sono solo sessioni di mercato intervallate da pause quasi fastidiose – non scendere nell’agone delle trattative frenetiche per formare le nuove rose per i tornei 2018-19, trattative che occupano ogni ora del giorno e della notte, sconfinando oltre i limiti regionali. Una carriera come dirigente sportivo di club dilettanti, principalmente ma non solo Rapallo, e una fama inossidabile ‘volpe dei contratti’, capace di vendere frigoriferi agli eschimesi (traduci in brocchi allucinanti a prezzi esorbitanti) come di allestire squadre competitive avendo a disposizione cifre neppure bastanti a pagarsi una cena in pizzeria, gli consente di prendere delle pause, non di gettare la spugna. Del Rapallo che si appresta a disputare l’ennesimo torneo di Eccellenza dice di non volersi interessare, che pensa a un anno sabbatico. In pochi sono disposti a credergli.
Pausa di riflessione
“No, veramente, ho concordato con l’attuale proprietà che era meglio per tutti che mi chiamassi fuori a questo giro”. Finge di non sapere che nessuno – in giro o del giro – scommetterebbe un soldo bucato sulla sua uscita di scena. Lo ha fatto decine di volte, ed è sempre tornato in sella più determinato (e spietato) di prima. “Beh gli anni passano per tutto. Ora sto in campagna che ho alcune cose da sistemare e devo badare ai nipoti. Caso mai andrò a dare un’occhiata a qualche torneo estivo in Lunigiana, qualche amichevole qua e là, per vedere se ci sono giocatori interessanti”.
Ed è proprio questo uno dei suoi metodi meglio consolidati negli anni per acquisire giocatori: Vignolo compare in un torneo, una partita estiva dove ci sono magari solo parenti e amici a fare il tifo, individua qualche elemento di valore, lo contatta, lo convince ad affidarsi a lui. Negli anni ha preso centinaia di calciatori e li ha piazzati in giro per la Liguria, la Toscana, il Piemonte, alcuni portandoli nelle sue squadre, altri aiutandoli a sistemarsi, a fare carriera. Una giostra sempre in moto, sulla quale è salito nel 1977: “Mi chiesero di dare una mano al Rapallo che come al solito aveva bisogno di giocatori e di finanziamenti. Cominciò come un hobby, con gli anni è diventato un secondo lavoro. Dove sono stato? A Rapallo con il Rapallo, che dovuto salvare almeno una decina di volte. Abbiamo cambiato nome in diverse occasioni, assimilati o fusi con altre società ma la denominazione doc – ‘Rapallo Ruentes 1919’ è sempre stata lì”.
Per preservarla si è inventato manovre acrobatiche tra le maglie del regolamento: per diversi anni passò alla Sammargheritese, ossia all’arci-rivale dei bianconeri ruentini, sostituendo al fianco del presidente Gianni Fossati l’amico-nemico Alfredo Schimmenti. “Che duelli con Alfredo, in estate ci “soffiavamo” i giocatori uno all’altro, era una gara a chi dava più ‘buchi’. Ma ci volevamo bene e quando se n’è andato prematuramente, ho sofferto, molto”. In pochi, pochissimi, possono dire di averlo visto commosso realmente: si sarebbe infranto la sua maschera da ‘squalo del calcio’. Una volta però sono in parecchi a ricordarlo: era il 1988, il Rapallo all’ultima giornata aveva in mano il campionato di Promozione, che allora significava l’accesso diretto all’Interregionale, la massima categoria dilettantistica. I suoi bianconeri dovevano giocare al Riboli di Lavagna con la Fossese che non aveva interessi di classifica. Il Pontedecimo staccato di un punto era rassegnato al secondo posto. In quel derby accadde l’incredibile: primo tempo 2-0 tranquillo per il Rapallo, nella ripresa sempre 2-0 sino al 80’. Poi nella Fossese entrò Verbini, un under all’esordio o quasi. In pochi minuti segnò due reti, il Rapallo venne sorpassato dal Pontedecimo e una squadra capolavoro costruita dal d.s. Vignolo con diabolica abilità si sciolse come neve al sole. Chi c’era quel giorno giura di avergli visto luccicare gli occhi. Vignolo, guarda caso, nega. “Non ricordo cosa feci, sicuramente fu una grande delusione. Ma sono certo che l’indomani ero già all’opera per allestire una formazione ancora più forte. Il calcio non è una scienza esatta, a volte va tutto bene, a volte il diavolo si dimentica di fare i coperchi…”.
Le imprese con Sammargheritese e Rapallo
Dieci volte lo hanno esautorato, undici volte è tornato. Quando la famiglia Fossati decise di lasciare la Sammargheritese perché in disaccordo insanabile con l’amministrazione comunale di Santa Margherita, Vignolo realizzò il suo gioco di prestigio più grande: prima convinse Gianni Fossati e i suoi a traslocare a Rapallo, poi per passare il posto in Eccellenza che spettava alla Samm alla nuova società si inventò una fusione con una squadra di calcio a 5 che di Rapallo aveva solo il nome. Da applausi a scena aperta. Che Vignolo rifiuta. Non gradisce la ribalta, ancora meno le classifiche: “Le più grandi soddisfazioni? Molte, ma molte di più le delusioni. Ogni vittoria e ogni sconfitta hanno una storia, l’importante è sempre collocarle nel loro contesto, farsene una ragione. Il giocatore più forte? Impossibile dirlo, il calcio in 40 anni è cambiato, oggi è una cosa completamente diversa. Posso ricordare solo tre allenatori tra i tanti bravi e meno bravi che ho avuto. Una questione di feeling più che di capacità: con Casaretto, Plicanti e Del Nero mi sono trovato molto bene. Presidenti? Beh è stata una lotta continua e allo stesso tempo un’intesa proficua con tanti, alcuni li ho sopportati poco, altri non hanno sopportato me”.
Due cose però può specificarle: “La migliore squadra che ho allestito è stata la Sammargheritese che 15 anni fa tornò in Eccellenza non perdendo neppure una partita. E se ho un orgoglio dopo 40 anni è che con me sulla tolda di comando il Rapallo non è mai andato a picco, non è mai fallito”. Mentre con altri…”Non spetta a me dare giudizi”. Neppure sul Rapallo che il gruppo spezzino sta costruendo per il campionato di Eccellenza. “Anche la mia ultima squadra non era male, ma ha rischiato di retrocedere per tanti e contrastanti motivi, per fortuna alla fine ce l’abbiamo fatta a difendere la categoria. Confido che nel prossimo torneo facciano ancora meglio”.
E se servisse un suo consiglio. “Mai mi sono imposto, e non intendo interferire”. Nasconde il sogghigno dietro i famosi baffi: in 40 anni i curatissimi mustacchi si sono argentati. La Volpe ha argentato il pelo, non ha perso il vizio di vincere.