di MATTEO GERBONI
Reparto malattie infettive dell’ospedale San Martino. “Lavoriamo da quasi sessanta giorni, interrottamente. Vedo tanta stanchezza tra chi mi sta attorno, ma anche un maggior ottimismo sui volti di tutti. La fiducia di chi si rende conto che da questa infezione si guarisce”. Gli occhi provati di Matteo Bassetti sono carichi di energia e resistenza, nonostante la mascherina gli nasconda mezza faccia.
Il primario non manca mai. Ogni giorno per almeno dodici ore, da ormai otto settimane. “I segni sulla nostra psiche sono altrettanto profondi di quelli lasciati sul nostro volto dagli occhialoni protettivi. È dura, ma noi non arretriamo neanche di un millimetro”.
Il medico genovese ha permesso al nosocomio genovese di diventare un modello nel panorama nazionale. Per la competenza in corsia (suffragata da numeri eloquenti), ma anche per le numerose interviste rilasciate ai più importanti media televisivi e ai giornali quotidiani italiani. Il prof parla con tutti (con una disponibilità che è merce rara tra molti suoi colleghi). Sempre rigoroso nell’esposizione dei dati clinici, puntuale nelle risposte con perfetti tempi giornalistici, ma di grande efficienza ed efficacia. Un eccellente comunicatore.
Professore, si sta intravvedendo la luce in fondo al tunnel?
“La mia sensazione, lavorando in ospedale e osservando i numeri degli ultimi giorni, è che questo virus abbia perso forza. Lo ha fatto anche nella tipologia di pazienti più gravi che oggi abbiamo davanti: due settimane fa erano pazienti dal quadro clinico impressionante, ora sono molto meno gravi. Se il trend dei dati positivi che vediamo proseguirà, direi che la fase 2 può avere inizio. Mancano anche molti giorni al 4 maggio e c’è tempo per veder scendere ancora i contagi. Credo, con tutte le cautele e precauzioni del caso, che si possa essere ottimisti e pensare alla ripartenza”.
La fotografia in Liguria?
“I ricoveri a causa del Coronavirus hanno perso d’intensità come numeri, ma soprattutto come forza. Le persone ricoverate hanno quadri clinici meno aggressivi, meno complicati, rispetto alle terapie intensive e ventilazione meccanica delle settimane scorse. Stiamo continuando a migliorare le nostre conoscenze e ad avere sempre maggiore dimestichezza nella gestione dei nostri pazienti. Mi piace ricordare che i protocolli di cura in uso in Liguria includono tutti i farmaci (di cui molti parlano senza grande cognizione). La letalità nelle ultime settimane si è significativamente ridotta al San Martino, coinvolgendo per lo più le persone anziane, mentre il numero delle dimissioni al domicilio continua a crescere. Si sta finalmente capendo, come ho sempre detto, che il virus è devastante soltanto in una percentuale contenuta di popolazione. Chi è giovane di solito guarisce, anche se in alcuni casi il paziente peggiora senza una spiegazione apparente. Infine una delle cose più importanti che ci sta insegnando questa emergenza infettivologica è l’importanza di collaborare tra sanitari, anche di diversa formazione. Solo con lo scambio di idee tra diverse specialità mediche e non, si può vincere”.
L’importanza dei test sierologici?
“Fare i test sierologici è importante per mappare la popolazione che è venuta in contatto con il Coronavirus. Capire quanto il virus ha circolato. Da alcuni dati preliminari di laboratori, privati, del Nord emergono numeri impressionanti: la prevalenza va da un minimo del 8% ad un massimo del 20%. Se prendiamo in considerazione solo il primo dato, vuole dire che su 60 milioni di italiani abbiamo avuto 4-8 milioni di positivi. Probabilmente più al Nord che al Sud. Questi primi dati evidenziano la necessità di fare i test sierologici. Spero che il Ministero della Salute scelga rapidamente quale sia quello migliore e si proceda”.
Nella nostra regione ha la possibilità di aver indicazioni ancora più chiare, visto che riceve risultati da molti centri dove vengono eseguiti gli esami.
“Alcuni medici, come Michele Brignole nella zona del Tigullio, mi inviano spontaneamente i dati, dandomi la possibilità di avere un’idea piuttosto indicativa, anche se siamo in una fase ancora preliminare. Posso dire che 80-100 mila persone in Liguria hanno contratto il virus (sono quasi settemila i casi positivi accertati), che ha una incidenza a macchia di leopardo con una espansione più elevata a ponente (14 per cento) e pochissimi casi a Levante (3 per cento). A Genova siamo attorno al 10 per cento”.
Qualche volta test e tampone danno risultati discordanti.
“Nessuno di due strumenti è perfetto. Entrambi ci devono aiutare a capire. Il tampone fornisce una fotografia del momento, il test offre una informazione più allargata e può coinvolgere un numero molto più elevato di persone perché i tempi sono più rapidi. Servono entrambi, i falsi positivi o negativi non devono indurci a pensare che nella maggior parte dei casi l’esame non sia attendibile”.
Fase due, la Liguria come deciderà di muoversi?
“Spero che il Governo indichi già nei prossimi giorni un decalogo a cui attenersi. Non come accaduto al momento della chiusura quando la comunicazione è arrivata all’ultimo minuto con le conseguenze note a tutti. Credo che ci debba essere un coordinamento centrale sulle linee guida, poi le singole regioni potranno intervenire con normative territoriali, ma solo in secondo momento e in caso di necessità”.
Quali dovranno essere le parole d’ordine?
“Mascherine e distanziamento. Ripeto, questa seconda fase dovrebbe accomunarci tutti, è importante non andare disuniti e slegati. È chiaro che Liguria, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna hanno molte coste e occorrerà far sì che le persone tornino sulle spiagge nella massima sicurezza. Il distanziamento sociale rimane la misura più importante da osservare. Sento parlare di 3 o 4 metri, ricordiamoci che il virus può contagiare in uno spazio molto piccolo, quando abbiamo un metro o un metro e mezzo, se proprio vogliamo per sicurezza due metri, non ci sono rischi di contagio. Quando questa distanza non si può ottenere, si devono usare le mascherine”.
Le strutture di appoggio per persone contagiose, ma non malate, potranno essere utili? Mi riferisco alla nave in porto a Genova o caserma allestita a Caperana.
“Potranno essere utilizzate, ma credo che nell’arco di 4-6 settimane avremo un progressivo svuotamento delle corsie ospedaliere. Sarà molto importante il ruolo della medicina del territorio, il cui valore è stato evidenziato in queste settimane di pandemia”.
Molte Rsa sono finite nell’occhio del ciclone per i numerosi decessi. Si poteva intervenire?
“Sono contento di questa domanda. Oggi non siamo più di fronte al classico ospizio, le Rsa sono un piccolo ospedale con molte tipologie di pazienti spesso con patologie cliniche complesse. Eppure il medico spesso è presente solo 15-20 ore alla settimana, mentre dovrebbe stare in struttura h24. Viene messo alla gogna chi gestisce le Rsa, la colpa è di chi ha tagliato le risorse. Sa che in queste realtà c’è una quantità di batteri impressionante, ancora superiore agli ospedali? Potevamo pensare che il Coronavirus restasse fuori dalla porta?”.
La soluzione in prospettiva futura?
“Occorre adottare un Piano Marshall con investimenti importanti per la medicina del territorio, gli ospedali e le Rsa. Altrimenti non potremo garantire la salute di chi si ammala. Lo merita il sistema sanitario italiano per quanto ha fatto in queste settimane. Abbiamo avuto il maggior numero di contagi in Europa, ma abbiamo dimostrato di essere dei campioni del mondo nel campo della sanità, gestendo una emergenza senza precedenti. Mi permetta anche di aggiungere che non vorrei che i tanto esaltanti eroi di oggi venissero dimenticati in fretta quando tutto sarà finito”.
Torniamo alla fase due, sarà necessario l’uso dei guanti?
“Serve fare chiarezza, leggo sui giornali che il problema che abbiamo avuto con le mascherine riguarda adesso i guanti. Non servono a nulla se si va in spiaggia, o se si porta a spasso il cane, come qualcuno ha detto in modo sbagliato. Possono servire al supermercato quando scegli la frutta o gli alimenti, servono a medici e infermieri, o a chi lavora dietro il banco alimentare nel momento in cui si maneggiano i cibi ma attenzione a dire alla gente dei guanti. Noi non abbiamo capacità produttiva per produrre milioni di guanti”.
Il Coronavirus si potrà contrarre facendo il bagno in mare?
“Succede come con ogni altro microrganismo in acqua: il virus, è evidente, non potrà avere una quantità di forza infettante, non c’è problema. Vale il discorso di una goccia nel mare, anche se uno lo elimina in acqua, il mare è così grande che non ci saranno problemi di infettarsi, e ciò è valido non solo per il Coronavirus ma anche per ogni altro tipo di virus”.
C’è un problema con i condizionatori?
“Occorre fare la manutenzione degli impianti e dei filtri, ad oggi non vi sono evidenze: il problema era venuto fuori sulla famosa nave in Giappone, ma in quel caso c’erano sistemi chiusi, non attrezzati per gestire un’epidemia interna alla nave. Dobbiamo essere tranquillizzanti sui sistemi di aria condizionata sennò si vive nel terrore. Chi lo ha sparso ha sbagliato…”.
Con i vestiti come dobbiamo comportarci?
“Sulle superfici il virus vive qualche giorno, di solito meglio su quelle plastiche e rigide. Guardi, io lavoro in un reparto di malattie infettive, quando torno a casa non metto sempre tutti i miei abiti a lavare, li ripongo nell’armadio e mi metto il pigiama… Bisogna vivere con un po’ di tranquillità senza l’ansia e il terrore che ormai attanaglia buona parte degli italiani”.
Il calcio sta cercando di riaccendere i motori. Cosa ne pensa del nuovo protocollo con le linee guida al vaglio del consiglio dei Ministri?
“Mi sembra improntato alla massima sicurezza, è stato stilato con assoluta scrupolosità e per questo del tutto condivisibile, ma mi chiedo quanto possa essere fattibile. Per ogni squadra occorrono almeno 200 tamponi, calcolando le 40 squadre di serie A e B significa dover fare 8000 tamponi in un arco di tempo piuttosto ristretto. Quante regioni sono in grado di mettere in campo questa forza lavoro? E la Liguria con quattro squadre? Si è pensato ad un accordo con i laboratori sulla base dei reagenti disponibili. Esiste un coordinamento centrale? Credo che si debba dare una risposta a queste domande e osservare il comportamento anche degli altri paesi europei”.
La sera prima di prendere sonno a cosa pensa?
“Rifletto sul fatto che non so quando finirà, ma so che finirà. Quando questo accadrà, chi si è ammalato capirà tante cose e chi ha curato sarà un medico o un infermiere migliore. Ma il vero valore sarà ciò che tutto il resto dell’umanità che per sua fortuna ne è rimasta fuori dovrà cogliere: il valore della solidarietà, dell’unione, dell’inutilità di moltissime cose e della grandezza di poche”.