di ANTONIO GOZZI
Chiavari si avvicina al giorno del ballottaggio. Domenica 26 giugno gli elettori dovranno scegliere tra Federico Messuti, espressione della maggioranza che ha governato fino a ieri la città, e Mirko Bettoli, espressione del Pd e di altre liste di sinistra.
L’esito invero appare scontato, perché Messuti si presenta al ballottaggio forte di un 48,5% del primo turno e Bettoli parte da poco più del 16%.
Il vero protagonista del primo turno è stato l’astensionismo. Per la prima volta nella storia, se non ricordo male, più della metà dei chiavaresi ha disertato le urne e pare che le percentuali più alte di astensionismo siano registrate tra le classi di età più giovani, segnalando anche da noi un grave e preoccupante distacco tra le giovani generazioni e la cosa pubblica.
A ben vedere questa crisi di rappresentanza (vedremo l’affluenza al ballottaggio ma c’è il fondato rischio che sia ancora più bassa di quella del primo turno e che quindi vi sia un Sindaco che è espressione sì e no del 20-25% dei chiavaresi) riguarda soprattutto i partiti tradizionali. Se si sommano i voti di Messuti e quelli di Silvia Garibaldi e se a questi si aggiungono i voti del candidato Lanata, è facile verificare come più del 65% dei voti espressi siano andati a formazioni civiche.
Anche negli schieramenti di centro destra e di centro sinistra sono le liste civiche le più votate. Sono i partiti tradizionali che mancano all’appello, soprattutto quelli di centro destra; ma anche il risultato della lista del Pd, nonostante l’inutile successo di Bettoli che va al ballottaggio, non è granché. D’altro canto anche la vicenda genovese è segnata dalla stessa situazione: vince Bucci come fortissima espressione civica del buon governo e di idee per il futuro della città, e compensa con il suo successo il calo di Lega e Forza Italia. Probabilmente questo profilo civico del Sindaco di Genova si rafforzerà ulteriormente in futuro. Perde ancora una volta il Pd, che con la stessa alleanza con cui si è presentato alle regionali (Sansa, i grillini, movimenti di estrema sinistra) prende più o meno gli stessi voti delle regionali largamente insufficienti a governare.
Ma torniamo a Chiavari.
Perché abbiamo definito inutile l’affermazione di Bettoli?
Perché, come nel resto della Liguria, essa è l’espressione di una sinistra autoreferenziale e chiusa in se stessa, incapace di dialogare con le forze civiche moderate, riformiste e liberali rappresentate da Silvia Garibaldi e da tutti coloro che l’hanno sostenuta. Una sinistra che non cerca questo dialogo né prima né dopo le elezioni, rincorrendo invece inutilmente per mesi il M5S, clamorosamente privo di voti anche a Chiavari nonostante un buon candidato come Davide Grillo. Una sinistra che parla di campo largo ma non lo pratica nei fatti, ed è inesorabilmente destinata alla sconfitta, come è successo a Genova e alla Spezia e prima ancora in Regione, perché sempre incapace di stringere alleanze con l’opinione moderata e riformista e sempre intenta a guardare a un populismo di sinistra che è in profonda crisi, come dimostra la scissione del M5S. Guarda caso in questi ultimi anni l’unica affermazione che il Pd ha avuto in Liguria è stata a Savona dove l’alleanza è stata fatta con i moderati e i riformisti.
Quale è la ragione di un comportamento del genere? Difficile capirlo.
È chiaro che anche a Chiavari l’unica speranza per il Pd di governare è con un’alleanza con i moderati e i riformisti. L’unica volta che il Pd riuscì a vincere le elezioni lo fece un po’ di anni fa con un candidato, Poggi, che divenne famoso perché a pochi giorni dal voto, ancorché alla testa di uno schieramento di centro sinistra, disse nell’incredulità generale: “Il mio cuore batte a destra”.
Questo per dire che Chiavari è una città moderata e con questa realtà bisogna fare i conti. E allora? Probabilmente ciò che interessa al Pd non è governare ma cercare di mantenere la ‘ditta’ e non perdere simpatie a sinistra, anche se poche e ininfluenti. La non ricerca di apparentamenti è la plastica conferma di questa impostazione miope e perdente.
Ciò che colpisce è che la linea del Pd a Chiavari da anni è segnata da una doppia ambiguità. Se infatti da un lato, come detto, vi è stata un’attenzione tutta elettoralistica a non scontentare la sinistra più radicale e a non instaurare per questo nessun dialogo e collaborazione con i moderati e i riformisti, dall’altro vi è stata una totale assenza di opposizione vera al gruppo di potere dominante di cui anche Messuti è espressione. Anche sulle vicende più scabrose di quella amministrazione come Ferden, Italgas, depuratore, diga Perfigli, piste ciclabili ecc. vi è sempre stato un silenzio quasi assordante del Pd, silenzio che è stato l’espressione di un moderatismo incomprensibile.
Al di là del profilo e del valore del candidato Bettoli, ciò che colpisce delle scelte del Pd è che si privilegiano sempre presunti elementi identitari che in realtà più prosaicamente significano gli interessi del partito e/o di qualche suo dirigente, senza mostrarsi realmente capaci di proposte innovative per la città e di una realistica considerazione delle forze in campo e dei rapporti di forza.
A ben vedere anche l’essere arrivati al ballottaggio è per il candidato del Pd la conseguenza del fatto che Silvia Garibaldi, e il lavoro da essa svolto, hanno tolto molti consensi moderati ai partiti del centro destra impedendo a quello schieramento di andare al ballottaggio e con ciò compiendo un’operazione politica di grande significato.
Ma anche il centro destra ha mostrato a Chiavari enormi insufficienze e contraddizioni che lo hanno esposto a un risultato drammatico, se si considera che la coalizione che ha appoggiato Giardini vedeva ufficialmente schierate tutte le forze politiche che appoggiano Toti in Regione e cioè Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Cambiamo e Noi con l’Italia.
Drammatico insuccesso perché lo schieramento di centro destra non solo non è riuscito ad andare al ballottaggio ma non è riuscito neppure ad arrivare terzo, superato dallo schieramento di liste civiche che ha appoggiato Silvia Garibaldi. Le liste dei partiti del centro destra hanno fatto registrare a Chiavari risultati largamente inferiori alla media nazionale e la conseguenza pratica di ciò sarà che nessun partito del centro destra avrà suoi rappresentanti in Consiglio Comunale.
Le cause di questo clamoroso insuccesso sono molteplici; prima fra tutte l’egoismo dei partiti, soprattutto di Fratelli d’Italia, che ha imposto a una coalizione sottomessa ai diktat provenienti dal partito di Giorgia Meloni di esporre i simboli (soprattutto il proprio simbolo, quello in cui campeggia ancora la fiamma del neofascismo italiano) invece che optare per una configurazione più civica che avrebbe consentito un’alleanza più larga e competitiva.
Inoltre molti elettori di centro destra votano da sempre gli eredi di Agostino e così è avvenuto anche questa volta. Solo Partecip@ttiva fa finta di non vedere che una parte significativa dell’elettorato che sostiene Messuti è di destra, come si vede dallo svuotamento dei partiti ufficiali di quell’area e dal fatto che in questi giorni arrivano a Messuti importanti endorsement per il ballottaggio dallo schieramento di centro destra regionale.
L’espressione a mio parere più interessante di queste elezioni comunali chiavaresi, ma in ciò sono sicuramente partigiano, è senza dubbio rappresentata da Silvia Garibaldi e dal suo schieramento civico. Silvia Garibaldi ha fatto come Carlo Calenda a Roma: non è riuscita ad andare al ballottaggio per una manciata di voti, ma ha fatto terza con una percentuale che ha sfiorato il 16%, che è un grande successo e che testimonia come abbiano suscitato vivo interesse tra i chiavaresi la serietà e la competenza della candidata e il laboratorio che essa è riuscita in pochissimo tempo a creare ed avviare. Lei al ballottaggio sarebbe stata certamente molto più competitiva di Bettoli.
Si tratta di una coalizione civica in cui, oltre al movimento civico Vola Chiavari che ha riportato un risultato importante, si sono incontrate forze e movimenti di ispirazione cattolica, riformista e liberale che sono stati capaci di dialogare sul futuro della città e di elaborare idee e progetti. Essere civici non significa non avere ancoraggi a culture politiche di riferimento, e non significa non avere il coraggio di dichiarare questi riferimenti.
Il laboratorio creato da Silvia Garibaldi va portato avanti proprio per la qualità e l’entusiasmo delle persone che si sono candidate nelle varie liste a supporto dell’unica donna candidata sindaca a Chiavari, per il valore delle culture politiche che lo alimentano e perché queste culture politiche appaiono anche a Chiavari la vera futura alternativa al populismo e al sovranismo di una destra antieuropea, alle ambiguità di una sinistra richiusa in se stessa e incapace davvero di costruire alleanze utili (altro che campo largo!) e al sistema di potere che si è instaurato a Chiavari dai tempi di Agostino e che oggi nessuno sembra in grado di scalzare.