di ALBERTO BRUZZONE
Rispetto alla siccità degli ultimi mesi (specialmente della scorsa estate) e rispetto alla riduzione di precipitazioni dall’inizio dell’anno, maggio è stato per la Liguria, da questo punto di vista, un mese ‘generoso’: nel senso che le piogge, come ci siamo potuti accorgere, non sono mancate e se da una parte hanno creato (come spesso avviene) qualche disagio, per quanto contenuto, dall’altra parte sono state utilissime e hanno fatto scendere l’emergenza.
I dati delle precipitazioni di maggio, raffrontati con quelli di maggio 2022 e con quelli da gennaio ad aprile del 2023, sono positivi, come spiega Francesca Giannoni, dirigente dell’Unità Operativa Clima Meteo Idro di Arpal, ovvero l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure.
“Fino ad aprile – racconta l’esperta, che analizza le statistiche più aggiornate – la situazione era preoccupante, nel senso che le precipitazioni erano state veramente ridotte. Adesso, con maggio siamo sempre sotto la media, ma c’è stata una boccata d’ossigeno. Maggio è stato perturbato in tutto il Nord Italia, come abbiamo visto anche con gli episodi molto violenti e tragici in Emilia. Per quanto riguarda la Liguria, ha piovuto bene, ma in maniera diciamo così ‘educata’: nel senso che è scesa una quantità d’acqua importante, ma senza fare danni”.
Da gennaio a maggio 2023, a Imperia sono piovuti 88,8 millimetri, a Savona 157 millimetri, a Genova 185 millimetri e a La Spezia 331,20 millimetri: “Ci aspetteremmo quantitativi più alti, ma il mese di maggio ha consentito di migliorare la media”. Che cosa significa tutto questo in vista dell’estate? Significa che possiamo stare un po’ più tranquilli, ma pur sempre senza esagerare e, soprattutto, continuando a non sprecare acqua, una buona pratica che ormai dovrebbe essere adottata sempre e comunque, indipendentemente dalla quantità che ne abbiamo a disposizione. “Ci aspetta ancora un periodo perturbato – conclude Francesca Giannoni – e andremo avanti così sino almeno alla fine della prima decade di giugno”.
Anche in Italia, a livello generale, laghi e fiumi sono tornati a respirare, toccando i livelli pre allarme siccità. Al Nord, i livelli dei grandi bacini naturali sono a quote confortanti: i laghi Maggiore e di Como sono sopra media, così come quello d’Iseo che, con il 98,6% di riempimento sfiora il massimo storico; bene anche il Benaco, che cresce di quasi 10 centimetri, indirizzandosi ad uscire dallo stato di sofferenza, che lo caratterizza da molte settimane. Migliora anche il Garda, che partiva da un livello preoccupante e che invece ora sembra essere tornato a livelli idrici normali.
In Valle d’Aosta, complice lo scioglimento della neve in quota e le abbondanti precipitazioni, la portata della Dora Baltea cresce notevolmente, così come, in Lombardia, il fiume Adda tocca una portata di 177 metri cubi al secondo, superiore quantomeno a quella del siccitoso 2022.
In Piemonte, le eccezionali portate dei fiumi in piena sono in larga parte solo un ricordo: restano importanti i volumi d’acqua negli alvei di Varaita (oltre 35 metri cubi al secondo) ed Orco (oltre mc/s 50), mentre tornano sotto media la Sesia, il Tanaro, la Toce. E se in Veneto, l’Adige continua a crescere, così come la Brenta, a calare sono invece Piave e Livenza.
Un discorso a parte deve essere fatto per il fiume Po. Nonostante gli eventi piovosi che hanno interessato l’Italia, il Grande Fiume rimane sotto la media storica. Questo sebbene in Piemonte il fiume registri una portata al di sopra delle medie storiche (a Torino, 233 metri cubi al secondo rispetto ad una media mensile di mc/s 151,3 cioè +54%). L’andamento delle acque infatti è estremamente altalenante: in Emilia Romagna e Lombardia, per esempio, le portate risultano in netto calo (a Piacenza e Cremona sono più che dimezzate), ma restano in crescita man mano che ci si avvicina al delta, complici gli afflussi da territori colpiti da eventi meteo estremi.
Secondo gli esperti, quella che vediamo “è la conferma di una crisi climatica, che vede il nostro Paese particolarmente esposto, colpito da una tropicalizzazione di eventi, la cui violenza si scarica su aree circoscritte, moltiplicando la pressione sul reticolo idraulico”, come ha commentato Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue. “L’immagine più appropriata è quella di un secchio improvvisamente rovesciato sulle testa delle comunità: o adeguiamo il territorio a contenere le acque di pioggia, trasformando il problema in opportunità, grazie all’efficientamento della rete idraulica, alla realizzazione di nuove infrastrutture ed assumendo un atteggiamento nuovo e diverso riguardo il consumo del suolo oppure nuove emergenze anche drammatiche possono purtroppo ripetersi un po’ ovunque su un territorio fortemente urbanizzato”.