di DANILO SANGUINETI
Quaderni di Christian Verzino operatore. A quasi un secolo dal romanzo di Pirandello il rapporto tra gli strumenti di ripresa e coloro che li usano con consapevolezza – verrebbe da dire artistico senso – è tutt’altro che risolto. Il Film-maker, “auteur” come pretendevano quelli della Nouvelle Vague è nell’epoca delle pellicole che non sono più pellicole bensì impalpabili oggetti digitali, esportabili con un click, è una specie in via di estinzione.
L’inarrestabile progredire della CGI, la Computer-Generated Imagery, minaccia di tarpare le ali a voli di fantasia: sapere che nel Levante, per la precisione a Rapallo c’è chi si oppone agli stereotipi imperanti è interessante ed anche un poco confortante. Abbiamo tra noi un quasi marziano, uno che fa produzioni aliene, in inglese “Alien Pro(duction)”, un gioco di parole che richiama un brand notissimo tra gli appassionati. Il 46enne director, qualcosa più di un regista e di diverso da semplice manager, fa capire di che cosa si occupa raccontandosi: “Io non sono nato videomaker, anzi. La mia aspirazione era essere creativo nella comunicazione. Ho un passato diciamo “variopinto”, avendo battuto diverse piste c’è chi mi ritiene un fotografo, chi un regista e chi un grafico… Io non amo usare definizioni troppo restrittive. Posso solo aggiungere che la mia attività principale, ad oggi, è quella legata al mondo del video”.
Diplomato al Nautico, frequenta all’Università facoltà di Scienze della comunicazione, abbandonando ben presto il corso di laurea per approfondire solo le materie che lo appassionavano e che lo stimolavano maggiormente.
“Sono stato consulente di Apple Italia nel settore Video Pro per oltre 8 anni, ho avuto modo di approfondire tutte le tecnologie della “Mela” nel segmento professionale di post-produzione audio/video. La collaborazione ad un progetto con Cinecittà mi ha portato poi ad appassionarmi al mondo del cinema digitale ed a fare sì che questa diventasse una delle mie forme di comunicazione preferite oltre che una professione di tutti i giorni”.
Ha all’attivo diversi spot televisivi come regista e alcune centinaia di cui si è occupato del montaggio o della post-produzione. Tra i suoi lavori spot e promo per la Croce Rossa Italiana, Samsung, Barilla, Yomo, Skoda, Mediaworld, Netafim, Adobe, H3G, DS Smith, ma anche diverse telepromozioni, uno spot con Vittorio Sgarbi, oltre all’intera post-produzione di un’opera internazionale su DVD per la Columbia Tristar e Sony Pictures; è stato uno dei precursori nella realizzazione di tour virtuali per alberghi e compagnie di navigazione tra le quali Costa Crociere.
Progetta e realizza supporti e sistemi per effettuare movimenti con la macchina da presa inusuali e che possano esprimere al meglio le sue idee: tra i primi in Italia ad effettuare le riprese aeree con sistemi UAV con controllo a terra.
Le svolte di mister Verzino hanno ricalcato l’evoluzione del video, che da semplice appoggio di altre forme di comunicazione, è diventato una forma d’arte autonoma di crescente importanza. “Per anni mi sono dedicato alla realizzazione di trailer e promo per società di TV On-Demand come libero professionista, attualmente offro consulenze a società e professionisti oltre a continuare la mia principale attività, che era e resta quella di regista. Sono l’amministratore della società Imagination & Technology che è impegnata nella produzione e post (produzione N.d.r.) di buona parte dei miei lavori”.

La società ha come base Rapallo ma come raggio di azione… ovunque. “Nell’era della interconnessione totale i limiti fisici diventano estremamente liquidi. Nell’ultimo quadriennio poi c’è stata una ulteriore rapida e potente rivoluzione. La fase Covid ha accelerato un processo che si sarebbe comunque verificato ma in tempi certamente più lunghi”. È stato quasi tutto azzerato. “Tutto quello che prima era la fase di preproduzione, produzione e post, un’opera che veniva distribuita anche tra molte teste, adesso per ragioni di tempo e di budget in primis va fatto molto più in fretta e da molte meno persone”. Ci sono meno soldi da far girare rispetto a cinque anni fa, ci sono anche scadenze più ravvicinate. “Quanto viene fatto, è “cotto e mangiato” nel giro di poche settimane. Quando mi chiedono di raccontare come era il mio lavoro fino a 5-6 anni fa pare che stia parlando di due secoli addietro. Ora ogni lavoro va sui social, sui media digitali, fai una produzione che dura una settimana. In questa ottica si tende a risparmiare su ogni cosa, è logico dato che nello stesso intervallo di tempo devi sfornare molto di più”.
La macchina gira più vorticosamente e questo non può non andare a scapito della qualità. “Prima mi occupavo magari solo della parte creativa, in toto o sfruttando quanto arrivava già preparato dai reparti ideativi delle agenzie nostre datrici di lavoro. Adesso dalla ideazione alla produzione e delivery è tutto un unico blocco. Ci siamo strutturati per fare produzioni medio piccole, chiaramente niente di hollywoodiano, ma comunque opere fatte, rifinite, e, speriamo, apprezzate”.
È intuitivo che se le produzioni sono più piccole si deve lavorare molto di più per arrivare allo stesso volume di affari dei tempi passati. “Sì, è vero. Prima la produzione più importante durava più giorni, alla fine il fatturato era più alto per la singola produzione, quindi il conto “tornava” meglio. Per fortuna ci siamo fatti conoscere ovunque, lavoriamo con ditte italiane e straniere, dopo il Covid abbiamo preso alcune società italiane della zona o comunque liguri. Clienti con i quali mi trovo benissimo. Ci sono poi le multinazionali: siamo a contatto con le loro direzioni locali e collaboriamo”.
Il plurale di Christian non è maiestatico, o almeno non lo è quasi sempre. “La “crew” che lavora di volte in volte varia di ampiezza e di competenze. Non si può definire in partenza in quanti saremo impegnati, dipende dal tipo di lavoro che dobbiamo portare a termine. Diciamo che in tutti quei progetti in cui la cosa deve avere un budget molto ristretto cerco di gestire autonomamente proprio tutto, in altri casi ricorro anche ad una make up artist e almeno a un operatore proprio per dividersi i compiti a riuscire a gestire le cose al meglio. Diciamo che normalmente ci spostiamo sempre dai due ai cinque”.
Le più rilassanti sono quelle che si possono fare senza mai lasciare lo studio. “In quel caso possiamo sperimentare in piena tranquillità. E possiamo sfruttare le possibilità di macchine sempre più perfezionate. E vorrei far capire che stiamo parlando di camere, di registratori e di computer specializzati che possono valere un capitale per singolo pezzo. Con un tasso di obsolescenza mostruoso. le camere che compriamo quest’anno tra un biennio le venderemo perché già superate dai successivi arrivi. Se le tenessimo resterebbero a prendere la polvere”.
Altro che Go Pro da 300 euro! Però bisogna stare attenti a non sopravvalutare il mezzo. C’è sempre il manovratore a fare la differenza. “La mia fortuna è che con me ci sono persone giovani, che non hanno preconcetti e alle quali piace a volte mettersi in gioco e sfidare i limiti dei vari mezzi. Per esempio abbiamo realizzato con un semplice iPhone un video subacqueo in una piscina superando ostacoli e perplessità di ogni genere. A volte serve mettersi in gioco per rinnovarsi e rinfrescare l’ispirazione”.
Se poi non ci arriva la mente umana. “Abbiamo iniziato a operare con la A.I. l’intelligenza artificiale. Nel mio campo specifico ancora non è determinante, ma nel campo della ispirazione ha già mostrato di cosa è capace. Quando facciamo brain storming parliamo anche con ChatGPT e il suo modo di rapportarsi a certi problemi, assai diverso da quello “umano base” ci dà dei suggerimenti per trovate ed effetti originali”.
Allora preso saremo tutti director? Illusi. Chrstian Verzino ci dà l’altolà: “Nell’era dei telefonini con 4 ottiche e cinque microfoni la gente pensa che si possa fare tutto con una mano e un solo strumento. È un errore clamoroso: se vai dal cartolaio e compri una penna, anche la stilografica più costosa del mondo, non è che vai a casa, vedi il foglio bianco e diventi poeta!”
Come dargli torto. Ed è ancora più apprezzabile quando confessa che le sue pagine social non sono aggiornatissime come ci si aspetterebbe da chi tutti i santi giorni si confronta con il cambiamento. “Direi che la mia situazione ricorda quella del proverbiale calzolaio che gira con le scarpe rotte perché troppo preso dal suo lavoro non ha tempo per aggiustarle…C’è da stare dietro a tante, troppe cose”. Forse non sarà un one man band – e in settore dove ogni giorno la marea porta novità nessuno riesce realmente ad esserlo – di sicuro ha quell’etica della professione e quell’orgoglio per la creazione che da sempre affratella chi sta dietro la macchina da presa con “l’occhio che vede”.