di ANTONINO DI BELLA *
Seguo ‘Piazza Levante’ dal giorno della sua prima immissione in rete e penso che l’appello lanciato per un dibattito sul declino di Chiavari sia purtroppo molto attuale anche se l’origine di ciò si perde nei decenni passati.
Ho 57 anni e fin dall’età della ‘ragione’ politica, cioè dai 17, ho sempre ascoltato con interesse quella che soprattutto in campagna elettorale veniva propagandata come la domanda clou: che città dev’essere Chiavari? Capofila del cosiddetto, all’epoca, Comprensorio del Tigullio? Oppure città degli studi, centro direzionale del Levante, sede di importanti rappresentanze istituzionali e religiose o ancora località turistica, comunità dello sport multidisciplinare, finanche sede distaccata dell’Università di Genova.
Ebbene, io dico che tutte queste opzioni sono state e possono ancora essere una vera opportunità per Chiavari più una: capoluogo di provincia! Immagino i dubbi e le smorfie di disappunto di coloro che obietteranno che ci sono voluti anni per abolirle e ora io propongo di farle ritornare?
Quella dell’eliminazione delle province sostituite, come nel nostro caso, con l’istituzione della Città Metropolitana è stata una delle pagine più nere della democrazia rappresentativa. La manovra fu subdola, svuotare cioè l’ente Provincia delle sue competenze più importanti e quindi con la scusa di eliminare poltrone, personale e spese fuori controllo si tolse uno strumento che interveniva immediatamente nelle situazioni di maggior pericolo compreso quello idrogeologico del territorio.
Proviamo a chiedere ai sindaci dell’entroterra quanto hanno patito solo per trovare i soldi per il sale da spargere sulle strade durante l’inverno… tanto per fare un esempio!
Ma tornando alla nostra Chiavari, cosa dire se non che la sua vocazione è sempre stata quella di essere guida di quel triangolo di territorio che va da Moneglia a Portofino fino alla Val d’Aveto senza tralasciare il vicino Golfo Paradiso.
Non è questione di campanilismo ma di una realtà storica almeno da quando diventò capoluogo del Dipartimento degli Appennini durante il Primo Impero francese e dell’omonima provincia (1817-1859).
Purtroppo dagli anni Settanta del secolo scorso in poi, dopo aver visto opere pubbliche progettate e costruite (accanto purtroppo a obbrobri speculativi) – nacquero infatti il porto, il casello autostradale, viale Kasman, il rifacimento della piscina del Lido, un palazzetto dello sport, ponti nuovi sull’Entella, la piazza del Nuovo Mercato come luogo di aggregazione – c’è stato un periodo di riflusso politico, un ‘sedersi’ non tanto sullo sviluppo delle opere pubbliche (che comunque negli anni Novanta ha visto la nostra città dotarsi di boulevard sul porto o in piazza Milano e di una nuova piscina e altro), ma semmai una notevole perdita di ‘potere contrattuale’.
Quel ‘potere’ spesso visto come negativo ha invece permesso ad altri distretti di sviluppare nuove opportunità lavorative ma anche di crescita culturale e soprattutto sociale, sapendo mettere da parte divisioni di partito e di bottega per costruire realtà territoriali vive.
Purtroppo con rammarico tutti dobbiamo constatare che le cittadine vicine più che fare gioco di squadra teso a migliorare e arricchire tutto il territorio si accontentano di conquiste da piccolo cabotaggio: una fermata del Frecciarossa, la succursale del proprio istituto superiore presso i locali del Seminario, un museo della memoria, qualche biblioteca sul mare, la sede di una facoltà universitaria dedicata al mare o l’asfaltatura di qualche strada. Il tutto a scapito di Chiavari, che per decenni si è fatta carico di rappresentare le istanze di tutto il territorio.
I lettori chiavaresi di questa testata non a caso definitasi ‘glocal’ hanno diverse sensibilità politiche o partitiche e non credo che il tema sia quello di parteggiare per questo o per quell’altro sindaco o rimpiangere i sindaci del passato: serve innanzitutto una coesione nuova che affronti il vero tema, quello cioè di sapersi sedere ai tavoli che contano senza timori reverenziali, là dove si prendono le vere decisioni perché l’equazione è diventata poco potere uguale pochi vantaggi. Insomma serve una nostra qualificata rappresentanza politica, capace di fare squadra e di fare lobby!
Concludo con un esempio che alcuni ricorderanno: in occasione della nascita della Città Metropolitana e l’accorpamento delle province di Savona e Imperia, l’allora sindaco Roberto Levaggi (che ebbe anche il merito di presentare come consigliere regionale alla fine degli anni Novanta un disegno di legge per la nuova provincia di Chiavari e Tigullio) fece la proposta di creare tra il Tigullio e La Spezia la ‘Provincia del Levante Ligure’.
Ora non entro nel merito della concretezza e sulla fattibilià della stessa, però subito si levarono gli scudi, criticando sui media l’idea, dei due sindaci di amministrazioni entrambi di sinistra. Combinazione oppure ordini di scuderia?
Non è un mistero che Genova (definita spesso matrigna) ha sempre temuto il Tigullio per le sue potenzialità e la propria ricchezza e ne ha sempre boicottato, con le cattive o con le buone, le aspettative e le aspirazioni.
Ecco quindi che ritorna attuale l’appello che fece il professor Antonio Gozzi qualche anno fa durante un convegno nei locali della Società Economica e cioè quello di riunire persone disinteressate e veramente ‘innamorate’” di Chiavari perché possano contribuire a fare della nostra città la guida e direi anche la punta di diamante di tutto il Tigullio. Questa è la vera sfida che ci aspetta non nei prossimi anni ,ma già oggi.
Ringrazio ‘Piazza Levante’ per lo spazio concessomi.
(* delegato sindacale Hi-Lex, ma soprattutto chiavarese da sempre)