Come immaginiamo il centro storico di Chiavari? Ancora popolato dai chiavaresi e mantenuto nella sua originalità oppure trasformato come molte altre città italiane, comprese alcune della Riviera, in uno spazio quasi esclusivo per turisti? È un tema molto attuale e che ci piace approfondire, come ‘Piazza Levante’: dopo una prima riflessione nello scorso numero, a cura di Emilio Castelli, che ha raccontato la sua esperienza in prima persona, facciamo seguire altri punti di vista, all’insegna di quello che ci è sempre piaciuto fare: sollevare un confronto franco e animato. Oggi è la volta dello storico Giorgio ‘Getto’ Viarengo.
di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *
Scendendo dalla galleria autostradale dell’Anchetta, poco prima della svolta per uscire verso il casello, fa bella mostra di sé un grande cartello con foto e didascalia: ‘Chiavari città dei portici’. Inutile confermare in pieno il significato dell’indicazione, così come la sua assoluta veridicità. Questa mia riflessione vuole essere un contributo affinché quel cartello si arricchisca di contenuti e le relative iniziative, avviate e prese, si possano realizzare quanto prima.
Ad oggi, infatti, non riesco a vedere e a comprendere come questo progetto si stia materialmente avverando. Chi ha scritto prima di me ha giustamente affermato che il sistema dei portici è una caratteristica del Centro Storico, e come tale dovrebbe essere tutelato a partire da chi lo abita e lo tiene in vita. Questa riflessione ce ne rammenta una analoga di Umberto Eco, che affermava che quando chiuderà l’ultima latteria di Venezia, l’intera città terminerà la sua esistenza. Eco voleva dire che le città esistono e vivono in una complessità di caratteristiche, di cui la latteria rappresentava un segno esteriore semplice ma indicativo.
Ecco il primo punto: i portici possono esistere, e conservare un grande valore rappresentativo e culturale se la città è viva, abitata, frequentata, se il portico conserva il suo ruolo di luogo di aggregazione e di scambio tra residenti. Il tema della vita dei Centri Storici sarà determinante per dare un elemento di qualità alle città che possono vantare questa preziosa presenza.
Proviamo ad interrogarci su cosa sia il Centro Storico: un luogo definito della nostra città che ne è stato principio ed origine, ed ha permesso nel tempo un’evoluzione urbanistica. Ancor più semplicemente, una forte, leggibile ed individuabile “traccia” storica, portatrice di alcune caratteristiche che sapranno dettare la futura crescita dell’intera città.
Nel novembre del 1978 si provava per la prima volta ad indagare questo modello; erano stati convocati in città i massimi studiosi della materia in occasione di una scadenza temporale determinante: l’ottavo centenario dell’urbanizzazione di Chiavari. Citare gli atti del prezioso volume edito dopo i lavori è assolutamente doveroso, così come lo è riprendere alcuni termini, pronunciati quel giorno, che possono aiutarci a decifrare la città dei portici. Il direttore dell’Archivio di Stato di Genova, Aldo Agosto, rammentava l’unicità storica e urbanistica della nostra città, riprendeva e discuteva lo scritto fondativo dei Consoli genovesi dell’ottobre 1178. Un lodo che dava “inizio organico alla urbanizzazione di Chiavari, autorizzando a costruire abitazioni nella zona in pianura sottostante il castello”.

Ecco una carta che può essere assimilata ad un vero, ancorché primordiale, piano regolatore, dove le case, le strade, i vicoli, il loro posizionamento, sono tuttora leggibili nel cuore della città. Vi si delinea un borgo che sarà contenuto dentro mura, protetto, dove si detteranno regole per la civica convivenza, dove i cittadini residenti saranno indicati come “abitanti del borgo”. Continuando la lettura delle relazioni del convegno è poi la volta di Geo Pistarino, grande studioso, storico e storiografo medievalista, che leggeva da par suo il modello urbano rappresentato dalla nostra città, e nella sua precisa indagine tracciava il significato della caratteristica architettonica del portico, esaltandola come elemento caratterizzante.
Nel prosieguo dei lavori è la volta di Edoardo Mazzino di approfondire ed illustrare “il valore del monumento urbanistico preso in considerazione, che la sensibilità di ogni visitatore attento e preparato può cogliere”. Mazzino riportava in modo preciso e documentato il significato di monumento, declinandolo nelle tipologie del periodo di realizzazione, indicando come il medioevo sia tuttora leggibile nella scelta del portico, elemento capace di creare luoghi pubblici nell’immediato delle case private.
Nell’evolversi del tempo si sono realizzati in materia altri studi e comunicazioni, indagini e conferenze. Ritengo importante ricordare i “Quaderni di Architettura” editi dall’Università di Genova, che pubblicano specifici studi sui rapporti tra assetto urbano e architettura, temi affrontati studiando proprio il modello di Chiavari. Nel lavoro di De Negri e Trabucco, edito nel 1983, si rilegge la città e il suo centro storico tra il Seicento e l’Ottocento; una lettura importante, di un tempo in cui la città cresce e si modifica, ma senza rinunciare alla scelta architettonica del portico che continuerà a caratterizzare Chiavari nel tempo.
Più recentemente, nel 2010, si è tenuto uno specifico convegno per studiare le “Antiche Genti del Tigullio a Chiavari”. Negli atti troviamo nuovi studi su “lo sviluppo del territorio e del borgo di Chiavari e le sperimentazioni insediative genovesi nell’area del Tigullio”. Così Fabrizio Benente ci indica come la traccia degli insediamenti permettesse d’individuare dei modelli ricorrenti, tra i quali il portico. Sempre nello stesso convegno Sabrina Bergamo e Aurora Cagnana forniscono una precisa relazione su come siano interpretabili “i portici di Chiavari: spunti d’archeologia dell’architettura”.
Nel 2022 esce un nuovo studio di Osvaldo Garbarino, nel quale si evidenzia come la vivacità della presenza umana nel centro storico sia stata il vero motore delle tante trasformazioni e sovrapposizioni stratigrafiche degli edifici, confermando nei secoli la città dei portici.
La mia riflessione potrebbe continuare, ma credo utile terminare indicando una possibile via: il coinvolgimento della nostra comunità tutta, in un confronto per essere tutti protagonisti nell’affermazione della città dei portici. Potremo dire di avere avuto successo se questa definizione non rimarrà uno slogan, un termine da ripete mediaticamente, ma si evolverà in un vero progetto che sostenga la valorizzazione del nostro Centro Storico con i suoi residenti, le sue botteghe, i negozi, le tante attività culturali qui sviluppate. Questo permetterà d’assicurare nel tempo (ricordo i trascorsi otto secoli dalla fondazione) il valore e la peculiarità del portico, segno d’architettura e vero ‘logo’ della Città di Chiavari.
(* storico e studioso delle tradizioni locali)