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Giovedì, 25 maggio 2023 - Numero 271

Chiavari: cercasi Partito Democratico disperatamente

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(r.p.l.) I sistemi democratici funzionano quando le opposizioni fanno bene il loro mestiere, che è tanto di controllo sull’operato di chi governa quanto di proposta alternativa.
Ciò vale anche a livello comunale, dove oggi per legge è dato un grande potere ai sindaci (eletti direttamente dal popolo), i quali nominano e revocano a loro discrezione gli assessori della giunta e vanno in consiglio comunale il meno possibile.
In questo contesto il ruolo dell’opposizione non è più soltanto nelle aule dei consigli comunali (sempre meno importanti) ma soprattutto nella società civile, nei media, sui social, cioè su tutti i luoghi che costituiscono le nuove ‘piazze’ dell’era postmoderna.
Abbiamo fatto questa premessa perché vorremmo riflettere sulla situazione del PD a Chiavari negli ultimi anni, e cioè su quella che avrebbe dovuto e dovrebbe ancora essere una delle principali forze di opposizione alle varie amministrazioni che si sono succedute negli ultimi anni, prima Agostino, poi Levaggi, oggi Di Capua.

Parlare di PD significa parlare anche della sinistra chiavarese, di cui i democratici rappresentano un pezzo importante anche se non esclusivo.
La sinistra a Chiavari non è mai stata maggioritaria, essendo la città tradizionalmente benestante e moderata, ma ha conosciuto momenti, ad esempio per tutti gli anni Ottanta del secolo scorso, in cui la somma dei consensi del PCI e del PSI raggiungeva quasi il 40% dell’elettorato cittadino. Si ricordano di quel periodo gruppi dirigenti impegnati e radicati in città, legami con le organizzazioni sindacali, forte presa su vasti settori della società civile e in quelli più impegnati nelle attività sociali e culturali.
Oggi non c’è più niente di tutto ciò e l’erede di almeno una parte di quella storia politica, appunto il PD, versa in condizione di grave crisi. Si dirà che il PD è in crisi ovunque; ciò è vero per gli ultimi anni, ma le difficoltà del PD a Chiavari vengono da molto più lontano e si sono inspiegabilmente acuite nel periodo renziano.

Diciamo ‘inspiegabilmente’ perché la crisi del PD chiavarese non è affatto una crisi elettorale. Negli ultimi 4/5 anni, quelli del renzismo, il PD alle elezioni regionali del 2015 e politiche del 2018 si è stabilizzato a Chiavari intorno al 20% dei consensi. Alle recenti elezioni politiche del marzo scorso, il PD chiavarese fa addirittura meglio che a livello nazionale, con il 19,85% dei voti alla Camera e il 20,1% al Senato, secondo partito cittadino dopo il M5S, superando la Lega che si colloca poco sopra il 19%.
Evidentemente, a livello politico, ai moderati elettori chiavaresi la proposta del PD di Renzi piace. Alle regionali del 2015 la renziana Lella Paita, che corse contro Cofferati uscito dal PD e contro la campagna avversa che le fece una parte del suo stesso partito (malattia sistemica e cronica, questa, del PD), raggiunse a Chiavari addirittura il 26% come candidata di coalizione.

Le enormi difficoltà il PD le incontra quando si misura sul territorio delle elezioni comunali. Già nel 2012 non era andato benissimo (12,3%); ma in qualche misura in quel caso il partito aveva pagato la generosità di aver sostenuto un candidato molto forte alla sua sinistra, Giorgio ‘Getto’ Viarengo, che con la sua lista ProGetto Chiavari gli aveva probabilmente sottratto voti, conseguendo un grande successo tanto da sfiorare il ballottaggio.
Ma la vera tragedia si consuma alle comunali del 2017, quando la lista del PD non supera il 7,5%, con il risultato più negativo la sua storia, che ne attesta la totale mancanza di presa sull’elettorato cittadino e la completa insignificanza politica.
Meno di un anno dopo, nel marzo 2018, il PD a Chiavari torna al 20%. Dov’era in occasione delle comunali il 12.5% che manca all’appello? Perché alle comunali l’elettorato del PD gli volta le spalle? La presenza di una lista civica collegata spiega solo in parte questa mancanza. 

Non ci risulta sia mai stata avviata all’interno del PD una seria analisi di questo disastro (ed appare quanto meno semplicistico cavarsela con la volubilità dell’elettorato). Certamente, se l’analisi e il dibattito sul voto ci sono stati, non hanno mai raggiunto l’opinione pubblica, almeno quella parte di essa che è amica del PD.
E già questo è segno di forte e profonda crisi.

Proviamo noi ad analizzare la questione su ciò che il PD non è stato a Chiavari negli ultimi 10 anni.
Si è detto che il PD è praticamente scomparso dalla scena politica cittadina già nell’ultimo ciclo dell’amministrazione Agostino, conclusosi con le comunali del 2012.
In quegli anni – in consiglio comunale e fuori – il vero, infaticabile oppositore di Agostino e delle sue malefatte è Getto Viarengo, uscito a sinistra dal PD, che non dà tregua all’amministrazione e che viene riconosciuto dall’opinione pubblica di sinistra come il vero leader dell’opposizione.
Il PD locale è privo di narrazione, non riesce a proporre una visione di città moderna ed alternativa a quella del Faraone, e quasi subisce la candidatura di Viarengo, che forse non appoggia davvero fino in fondo.
Quando al ballottaggio c’è da scegliere tra Levaggi ed Agostino, Viarengo si espone e di fatto si schiera con il civico Levaggi, pur appoggiato da Forza Italia, per liberare la città dal Faraone.
Il PD chiavarese, o meglio il suo gruppo dirigente, protesta per la scelta di Viarengo, ha le convulsioni, entra nel loop che si paleserà compiutamente nel 2017, quando parte degli elettori del PD, senza indicazioni ufficiali del partito, sceglieranno al ballottaggio Di Capua e quindi gli eredi dichiarati di Agostino.

Il PD chiavarese e i suoi dirigenti mostrano un’incapacità totale di analisi e di narrazione, la completa assenza di legami con la società civile e la sua evoluzione, l’incapacità di aggregare interessi e formulare proposte, l’assenza dalla battaglia politica e delle idee. Ciò fa sì che in questi anni il PD chiavarese sia stato, più che ininfluente, inesistente.
La sensazione che si è avuta dall’esterno è che la piccola burocrazia al comando del partito a Chiavari abbia avuto come unica preoccupazione quella di non andare mai in contrasto con il gruppo dirigente genovese, anch’esso in grave difficoltà come hanno dimostrato le sonore sconfitte degli ultimi anni.
Qualche esempio?
Appiattimento totale ai genovesi nell’inserimento del Tigullio nell’area metropolitana di Genova, con la quale il Tigullio, la sua economia e le sue attività non hanno nulla da spartire, nulla da guadagnare e tutto da perdere.
Appiattimento totale sulle posizioni genovesi e sull’IREN sulla scelta demenziale del depuratore comprensoriale in colmata: 10km di tubi di fognatura davanti alle più belle spiagge del Tigullio e gigantesca servitù sull’area più pregiata per lo sviluppo di Chiavari.
Le ultime vicende elettorali amministrative del 2017 confermano il quadro sconfortante di cui sopra.
Viene scelto un candidato, Pasquale Lino Cama, che più debole non si può, da molti anni fuori Chiavari, senza solidi legami con l’economia e la società civile del territorio, senza alcuna empatia con il popolo.
Ci vorrebbe un combattente creativo e propositivo per rendere credibile una proposta alternativa a quella del centro destra di Levaggi e a quella degli agostiniani, e invece viene presentato un candidato che balbetta banalità e che finisce travolto dalla sua stessa inconsistenza.
Al ballottaggio non si ha il coraggio di scegliere il democratico e antifascista Levaggi, come aveva fatto Viarengo 5 anni prima, e di fatto si favorisce l’ascesa degli eredi di Agostino, che non solo non hanno fatto la minima autocritica per un’esperienza amministrativa conclusasi con una dura condanna nelle aule giudiziarie, ma sono l’ambiguità politica fatta persona, come dimostrano le recenti vicende di appoggio alla Lega da parte di Segalerba e di Di Capua. C’è ancor oggi un grande interrogativo sulle indicazioni del gruppo dirigente PD al ballottaggio. L’ufficialità fu ‘nessuna indicazione di voto’. Ma fu davvero così? Certamente dopo il primo turno, Di Capua e Segalerba cercarono freneticamente consensi a sinistra.

Un anno di consiglio comunale da parte dell’unico consigliere del PD è passato invano a ‘non’ fare opposizione (è difficile? è scomodo? è la democrazia, bellezza). Nessuna elaborazione programmatica o proposta è stata partorita, se non un generico e noioso elenco di temi cittadini, non accompagnato da alcuna idea originale. Nessuna forte presa di posizione.
La battaglia politica è un’altra cosa, e se si vuole evitare che l’unico rappresentante del PD si limiti a scaldare il banco per altri quattro anni, bisognerebbe che qualcuno dei suoi glielo spiegasse.
Una volta (nel secolo scorso) c’erano i dibattiti in sezione e le scuole di partito.
Ma oggi?
Cercasi Pd, disperatamente.

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