di ALBERTO BRUZZONE
Paolo Di Paolo con ‘Romanzo senza umani’, Donatella Di Pietrantonio con ‘L’età fragile’, Tommaso Giartosio con ‘Autobiogrammatica’. E ancora: Chiara Valerio con ‘Chi dice e chi tace’, Dario Voltolini con ‘Invernale’. E Raffaella Romagnolo con ‘Aggiustare l’universo’. Sono i sei finalisti dell’edizione 2024 del prestigiosissimo Premio Strega, una delle manifestazioni culturali e letterarie più importanti in Italia, la cui serata conclusiva è in programma per il prossimo 4 luglio, con diretta su Raitre.
Raffaella Romagnolo, piemontese molto legata alla Liguria, è in gara con il romanzo ‘Aggiustare l’universo’, che ha avuto modo di presentare anche insieme a noi di ‘Piazza Levante’. Scoperta a Genova come scrittrice diverso tempo fa e con uno straordinario talento, Raffaella Romagnolo, insegnante di professione e sempre più affermata nel panorama letterario, ha mosso i suoi primi passi con l’editore genovese Fratelli Frilli (il suo editor è stato il chiavarese Goffredo Feretto), per poi passare sotto la cura attenta e assai qualificata dell’agente letterario Stefano Tettamanti, pure lui genovese con il cuore a Levante.
Lo Strega e l’arrivo nella rosa dei sei finalisti rappresenta ora uno dei traguardi più alti nella carriera della Romagnolo (è già stata finalista con ‘La figlia sbagliata’ nel 2016). ‘Aggiustare l’universo’, edito da Mondadori, è ambientato nel 1945, precisamente a ottobre, periodo in cui l’anno scolastico inizia in ritardo. È il primo dell’Italia liberata e non è semplice ripartire dalle macerie. La maestra Gilla guarda con angoscia quei muri che fino a poche settimane prima alloggiavano nazisti. È arrivata a Borgo di Dentro per sfuggire alle bombe che martoriavano la sua Genova, e come tanti giovani ha combattuto e ha rischiato la vita, scommettendo sulla costruzione di un futuro migliore che altri compagni non vedranno. Ma ora non vuole pensare a quello che la guerra le ha tolto, e le ventitré allieve di quinta elementare che ha di fronte sono una ragione sufficiente per tenere a bada la tristezza. Al suono della campanella è rimasto un posto vuoto, in prima fila. La bambina a cui è destinato raggiunge la classe poco dopo, accompagnata dalla bidella e da un biglietto del direttore. Si chiama Francesca e arriva dal vicino orfanotrofio. È preparata, diligente, ma non parla e Gilla nei suoi occhi riconosce subito la tristezza di chi si trova solo in un mondo cui non appartiene.
Per entrambe c’è stato un prima e c’è stato un dopo. Ma se Gilla del passato vorrebbe liberarsi, per Francesca è l’unico posto in cui desidera tornare. Perché lì sta la sua famiglia, quella per cui il suo nome era Ester e con cui viveva a Casale Monferrato, prima che i “provvedimenti per la difesa della razza” impedissero a suo padre di insegnare, a suo nonno di vendere stoffe, a lei e sua madre di condurre una vita degna di questo nome. L’ultimo ricordo felice di Ester è una gita sul Po. Dopo, solo la colpa di essere ebrei. Ora dei genitori non sa più nulla, e la speranza che tornino a prenderla, come le hanno promesso, l’abbandona un po’ ogni giorno.
Gilla ha intuito cosa nasconde l’ostinato silenzio della bambina, e sa che per riparare ciò che si è rotto servono calma e pazienza. Le stesse che usa con un vecchio planetario meccanico che la sera aggiusta sul tavolo della cucina, formulando lezioni immaginarie per le sue allieve.
Secondo la giornalista e scrittrice Lia Levi, che ha proposto questo libro, “pagine e pagine di eccellente letteratura scorrono per arrivare a districare il drammatico segreto che ha spezzato una famiglia negli anni della guerra e della persecuzione contro gli ebrei. E Raffaella Romagnolo è perfettamente riuscita in un lavoro di ricerca meticoloso e originale. Non è questo però l’unico merito del romanzo, quello che colpisce ancora di più è la suggestiva tecnica che l’autrice adotta per ‘raccontare’. La storia è narrata da una moltitudine di personaggi ma non, come quasi sempre succede, come punti di vista differenti di uno stesso avvenimento. No, ognuno di loro ci offre uno scorcio di sé su episodi e tempi diversi. Non si afferrerà il collegamento se non alla fine, con i fili che cominciano a intrecciarsi in una storia affascinante in cui la piccola muta è perno centrale”.

Raffaella Romagnolo racconta: “Sono molto contenta e onorata di essere stata scelta, anche perché i libri proposti quest’anno erano molti e di ottimi autori. La storia di ‘Aggiustare l’universo’ è legata a quelle di altri libri che ho scritto in passato; in particolare, a ‘Destino’ (Rizzoli, 2020) e ‘Di luce propria’ (Mondadori, 2021), che sono entrambi dei romanzi ambientati nel passato e negli stessi luoghi di ‘Aggiustare l’universo’, ovvero il basso Piemonte al confine con la Liguria, dove vivo. Come negli altri libri, anche qui ha una posizione centrale Borgo di Dentro, e poi sono importanti Genova e Casale Monferrato. In un certo senso, è un tentativo di indagare in forma narrativa elementi di storia nazionale che sento particolarmente rilevanti e decisivi nella definizione della nostra identità”.
Il libro analizza “un periodo storico raccontato pochissimo; quindi, volevo in qualche modo provare a illuminare quelle zone d’ombra e conoscerle meglio. Un esempio simile è il romanzo ‘Destino’, dove l’arco temporale coperto va dal 1900 al 1946. E una cosa che mi sento di aver imparato scrivendo la storia, e non studiandola o insegnandola, è che la Prima e la Seconda guerra mondiale riguardano le stesse persone; quello che per noi si trova in capitoli separati dei libri di scuola in realtà riguarda esattamente le stesse persone, le stesse famiglie. E questo cambia completamente la prospettiva. Quindi, andare a vedere come può essere il primissimo Dopoguerra, cioè quello che succede dal 26 aprile in avanti, è interessante; intanto, perché scopri che, se stai veramente attaccato alle relazioni e ai sentimenti degli umani, la guerra non finisce davvero il 25 aprile e la pace non inizia il 26. Tutti hanno un vissuto che li ha segnati”. E che merita di essere raccontato. Se sarà anche premiato, si saprà dopo il 4 luglio.