di ALBERTO BRUZZONE
Terminata (o quasi) l’emergenza sanitaria legata al Covid 19, è potuto ripartire nei giorni scorsi, nelle valli dell’entroterra del Levante, un progetto molto importante e anche piuttosto centrale in fase di sicurezza del territorio, delle abitazioni e dei cittadini: il monitoraggio di quella popolazione di cavalli liberi che vive tra la Val Graveglia, la Valle Sturla e la Val d’Aveto. Sono esemplari bellissimi da vedere e sono un patrimonio assai prezioso pure dal punto di vista etologico e scientifico, oltre che storico e di tradizione locale, eppure queste mandrie di cavalli sono tanto affascinanti a vedersi quando foriere di problemi per i residenti e per le singole amministrazioni comunali, che spesso si trovano a fronteggiare incidenti, devastazione di raccolti, vere e proprie ‘invasioni’ in terreni privati e situazioni di pericolosità lungo le strade urbane e interurbane, con i costi delle relative criticità che, puntualmente, si ripercuotono sulle civiche municipalità, quando riguardano beni di interesse e di proprietà pubblici.
È un difficile rapporto, insomma, una difficile convivenza, quella tra animali e insediamenti abitativi, oggetto negli anni di numerose polemiche e anche di parecchie proteste da parte dei cittadini, oltre che di mal di pancia in serie da parte dei sindaci, spesso lasciati soli di fronte alle varie emergenze e di fronte a territori che sono comunque vastissimi e complicatissimi da gestire, quando si hanno poche risorse a disposizione.
La posizione dell’Asl 4
Della questione si è tornato a parlare nei giorni scorsi, cioè da quando, a seguito dell’inizio della cosiddetta Fase 2 post pandemia, l’Asl 4 ha comunicato che, con la ripresa delle attività, è possibile “continuare il ‘Progetto di Monitoraggio Sanitario sui cavalli bradi dell’Aveto’, che era stato interrotto a causa delle precauzioni per la pandemia di Covid-19”.
L’Asl ha voluto intanto riassumere quanto sinora svolto: “Premesso che ogni operazione o attività riguardante i cavalli rewild, non può prescindere dal definire lo stato sanitario degli stessi – si legge in una nota dell’Azienda Sanitaria Locale – in linea con il suddetto progetto di monitoraggio della popolazione rewild finanziato dal Ministero della Sanità, sono state previste operazioni di cattura di alcuni cavalli per poterli sottoporre ad esami di screening atti a definire il loro stato di salute”.
Secondo l’Asl, infatti, risulta “imprescindibile l’aspetto del benessere dei cavalli, memori del fatto che nel 2010, spesso, essi furono sottoposti a maltrattamento per poterli catturare e deportare, causando la morte di molti di loro e conseguenti denunce per il reato di ‘maltrattamento di animali’”.
Le attività, nei mesi scorsi, si sono svolte su due zone distinte: la Val Graveglia, dove esiste una popolazione di rewild intorno al Passo del Biscia; e la Valle Sturla, dove stazionano i cavalli ben noti, tra cui quelli del branco di Temossi.
Il primo atto è stato il censimento degli animali, che è stato eseguito dalla dottoressa Evelina Isola dell’Università degli Studi di Genova. Sono inoltre stati creati due recinti di cattura per le operazioni di monitoraggio, uno nella zona di Pian d’Oneto e uno al Lago di Giacopiane.
“Tutte le operazioni in Val Graveglia si sono concluse a fine febbraio, mentre quelle in Valle Sturla stavano per partire a inizio marzo, ma purtroppo è arrivata l’emergenza sanitaria. Ora, è essenziale completare tutte le operazioni, fondamentali e propedeutiche a ogni altra azione successiva. Per fare questo, l’Asl 4 si avvale anche di un gruppo di volontari, esperti di cavalli e di etologia, indispensabili per approcciare i branchi, che sono intervenuti nelle fasi di cattura e negli spostamenti degli equidi che interferivano con la vita rurale, ogni volta che è stato richiesto”.
Indispensabile pure il competente sostegno del Gruppo Forestale dei Carabinieri, che hanno già operato positivamente al fianco dell’Asl 4 e che hanno garantito il necessario supporto anche per il prosieguo dei lavori, in particolare il colonnello Silvio Ciapica di Genova, il maresciallo maggiore Alessandro Cupello di Chiavari e l’appuntato scelto Matteo Bargagliotti di Santo Stefano d’Aveto.
Tra gli aspetti considerati, anche quello degli ‘sconfinamenti’ dei cavalli e dei conseguenti danni che possono causare. “Oltre a questa azione di monitoraggio, in questi mesi si è studiato un sistema di posizionamento di dissuasori per impedire ai cavalli di danneggiare le colture, arrivare nelle frazioni o sulle strade. È stato effettuato un lavoro capillare per ottenere le autorizzazioni di tutti i proprietari e gestori dei terreni interessati al posizionamento delle barriere”.
Ma l’atteggiamento non è stato univoco: “In Val Graveglia questa iniziativa, che aiuterebbe la convivenza tra i cavalli rewild e la popolazione, è stata accolta con disponibilità da parte dei residenti, e permetterà nuovi sviluppi concreti nei prossimi mesi, questo grazie anche alla collaborazione del sindaco di Ne. In Valle Sturla, invece, la risposta all’iniziativa è stata in pratica nulla: pochi proprietari hanno dato il placet, molti non hanno neppure risposto alle lettere raccomandate inviate dalla Asl per richiedere collaborazione, altri hanno negato l’autorizzazione. Questa ostilità latente complica le cose e rallenta la soluzione dei problemi, che proprio in questa valle sono vissuti con più insofferenza”.
Secondo l’Asl, “troppo spesso le persone non sono informate, e talvolta nascono iniziative arbitrarie di persone prive di competenze che, credendo di far del bene, creano dei danni ai selvatici e rewild. È fondamentale, a questo punto, anche con l’aiuto dei sindaci dei comuni coinvolti, rendere noto il lavoro che si sta eseguendo, sperando nella collaborazione e nel sostegno degli abitanti delle valli”.
Le reazioni dei comuni
Francesca Garibaldi, sindaco di Ne, ha affrontato proprio ieri la questione, insieme all’Azienda Sanitaria Locale: “Mi è stato proposto – afferma – di riutilizzare il recinto che a loro non serve più. Io accolgo molto volentieri la proposta, perché potremo usare questa barriera per mettere in sicurezza le abitazioni più esposte e dove ci sono stati i maggiori danni. Tutto quello che mi viene offerto per migliorare la situazione, lo prendo con piacere, anche perché i danni alla nostra economia sono stati non indifferenti. Nei giorni scorsi, ad esempio, un puledro è precipitato lungo una roccia e si è ferito. In questi casi, la competenza è del Comune: così abbiamo chiamato un veterinario per soccorrere l’animale, che purtroppo non ce l’ha fatta. Lo hanno dovuto abbattere e tutti i costi sono ricaduti sulle casse comunali. È chiaro che, con le opportune contromisure, queste cose si possono evitare e sono più sicuri sia le strade, sia i cittadini che gli animali stessi”.
Anche perché a nessuno viene in mente di eliminarli, ma solamente di poter gestire la loro vita in libertà. “Noi – prosegue Francesca Garibaldi – abbiamo fatto tanto, in questo senso, ma non possiamo essere lasciati soli. È giusto che gli enti sovraordinati ci diano una mano, anche perché ci troviamo a gestire territori che sono enormi”.
A intervenire sull’argomento è pure Giuseppino Maschio, sindaco di Borzonasca, uno dei territori maggiormente interessati: “Sono trent’anni che abbiamo questo problema e non è stato mai realmente risolto. Troppo comodo e troppo facile dire che i cittadini non vogliono collaborare, non è assolutamente vero”.
Secondo Maschio, “ora la situazione è in crescendo e sta diventando sempre più grave. Non è che la gente voglia male ai cavalli, nessuno vuole far loro del male, e i cavalli non attaccano l’uomo, ci mancherebbe. Ma creano danneggiamenti, situazioni di pericolosità lungo le strade e stanno dando enormi problemi anche agli allevatori, in particolare nella zona di Perlezzi e di Sopralacroce. Qui, in estate, le persone del posto sono abituate a portare le loro mucche in altura, all’interno di appositi recinti. Ma questi sono spesso danneggiati dai cavalli che, oltre a tutto, sporcano anche il fieno e mangiano tutta l’erba. Insomma, la convivenza non è che sia difficile, è impossibile”.
Il sindaco manda un messaggio all’Asl: “Che cosa hanno fatto in tutto questo tempo? Sarebbe bello saperlo, visto che hanno avuto un finanziamento di 105mila euro dallo Stato sul progetto dei cavalli allo stato brado. E qui noi, al contrario, continuiamo ad averli in casa”.
Qualche cifra? “Una quindicina di esemplari a Perlezzi, un’altra quindicina a Temossi, che spesso finiscono anche sulla statale 586. La Regione e l’Asl hanno proposto negli anni passati dei dissuasori, ma questi non sono funzionali. È più semplice dire che la popolazione non collabora: ma la popolazione, in verità, non sa neppure precisamente come si deve comportare. Noi siamo disponibili a collaborare: in passato, abbiamo proposto di adottare qualche cavallo, ma poi bisogna anche pensare a tenere nelle loro zone quelli in altura e a trovare dei sistemi di contenimento per fermare la proliferazione, altrimenti qui sarà sempre peggio”.
Altri cavalli stanno ‘colonizzando’ la zona di Santa Maria del Taro, altri ancora sono scesi sul Passo della Forcella. Urgono soluzioni e anche parlarsi chiaro. “Sono trent’anni”, ribadisce Maschio, e questo è l’aspetto più duro da buttare giù.