di ALBERTO BRUZZONE
Ma naturale fa sempre rima con salutare? E l’agricoltura biologica è veramente biologica, è veramente sicura e libera da ogni pericolo? Se ne sente parlare spesso, il dibattito è molto fitto, ma quasi sempre, come accade per i vaccini, la questione si risolve tra pro e contro, e pure all’insegna di una certa superficialità.
Chi invece analizza il biologico punto per punto, e lo fa con un importante approccio scientifico, è Elena Cattaneo, nel suo ultimo libro intitolato ‘Armati di scienza’, pubblicato da Raffaello Cortina Editore. Docente ordinaria di Farmacologia all’Università degli Studi di Milano, e nominata senatrice a vita nell’agosto del 2013 dall’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, Elena Cattaneo è stata l’unica a Palazzo Madama, nelle scorse settimane, ad aver votato contro al Disegno di Legge sul biologico, definito dai proponenti come “un nuovo strumento che regola la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola con metodo biologico, con tanto di marchio ‘Biologico Italiano’ a disposizione dei produttori”.
Nel mirino della senatrice c’è, in particolare, l’agricoltura biodinamica, definita “una truffa scientifica”. Secondo Elena Cattaneo, infatti, è improprio equiparare agricoltura biologica e agricoltura biodinamica, dal momento che quest’ultima prevede anche “pratiche non solo antiscientifiche, ma schiettamente esoteriche e stregonesche”, quindi non meritevoli di contributi da parte dello Stato. Ora, le proposte di mozione da parte della senatrice a vita sono state respinte, mentre il Ddl sul biologico prosegue il suo cammino parlamentare.
Ma Elena Cattaneo torna a ribadire i concetti sui quali si concentra da ormai trent’anni: “Il rispetto dell’ambiente, la fertilità del suolo, il rispetto della biodiversità non passano dalla messa al bando di prodotti come l’erbicida glifosato, che è stata proposta nel luglio del 2020 con una mozione in Senato. Né passano, come vorrebbe una proposta di legge approvata dalla Camera nel 2018 e da allora in attesa di discussione al Senato, dalla conversione massiva dell’agricoltura italiana al biologico”.
Nel suo libro, la senatrice e docente ricorda che “da anni, grazie al supporto di esperti del settore e al continuo studio delle evidenze scientifiche via via disponibili, mi sono avvicinata alla complessità e alle necessità dell’agricoltura e tento di stimolare una discussione costruttiva su questo tema, sia in pubblico che in Parlamento, partendo da prove e dati verificati e accessibili. Da anni, però, mi scontro con un approccio ideologico che, costruito come una ‘bella favola’ da raccontare, fatica a trovare riscontro concreto nella scienza e nella pratica quotidiana di chi in quei campi lavora e studia”.
In ‘Armati di scienza’, l’autrice sviscera l’agricoltura biologica sulla base di evidenze scientifiche e fa presente che “fa uso di pesticidi. E i campi coltivati a biologico possono inquinare il terreno con un metallo più tossico del glifosato. Credo sia assai importante squarciare quel velo di ignoranza che ci fa annuire acriticamente agli slogan ‘No ai pesticidi. Sì al biologico’ e aderire a iniziative ‘contro l’agricoltura chimica’ e ‘per la salute della terra e dell’uomo’. Iniziative che spesso finiscono per chiedere allo Stato, cioè a noi, specifiche e ulteriori risorse”.
Inoltre, “nonostante l’uso di pesticidi, l’agricoltura biologica ha una resa molto bassa. Per mais, frumento, riso e soia, le quattro commodities che nutrono il mondo, il biologico produce fino al 50% in meno”.
Quindi, secondo Elena Cattaneo, “per portare solo prodotti bio sulle nostre tavole, e realizzare così il ‘lieto fine’ della favola del biologico, avremmo quindi bisogno del doppio della terra da coltivare, sottraendola a foreste e praterie. Questo significa, oltre alla riduzione della biodiversità, anche il quadruplo di emissioni di gas serra per effetto dei dissodamenti generalizzati”.
Nel saggio edito da Cortina, l’autrice e ricercatrice cita uno studio pubblicato su ‘Nature Communications’, dove “i ricercatori hanno ipotizzato lo scenario di una conversione dell’intera agricoltura planetaria al biologico entro il 2050. Le conseguenze per l’ambiente, date le minori risorse del bio, ampiamente documentate, sarebbero tutt’altro che un passo verso la sostenibilità: il consumo di suolo aumenterebbe tra il 16% e il 33%, la deforestazione tra l’8% e il 15%; con il crescere della superficie coltivata (e quindi sottratta alla biodiversità), necessario per continuare a produrre abbastanza, crescerebbe anche la produzione di gas serra (tra l’8 e il 12%) e il consumo di acqua, sino al 60%. Inoltre, viste le incertezze delle rese del biologico, garantire cibo sufficiente ai paesi meno ricchi sarebbe più difficile”.
Ma come se ne esce? Elena Cattaneo propende per “una concezione ‘laica’ e scientificamente fondata della sostenibilità, che ci permetta, come italiani ed europei, di non gettare alle ortiche (letteralmente) secoli di eccellenza nel campo della produzione agricola e di dipendere meno dall’estero per il nostro sostentamento quotidiano. Perché non integrare competenze e tecnologie (anche di ingegneria genetica) che la ricerca scientifica mette a disposizione per ottenere ‘di più con meno’? Produrre più cibo, di maggiore qualità, utilizzando meno suolo, acqua e pesticidi, e salvaguardando l’ambiente è possibile. Per farlo, è necessario liberarsi delle distinzioni dogmatiche ‘a priori’ su prodotti e metodi, e ragionare decidendo volta per volta, seme per seme, pianta per pianta, campo per campo la strategia migliore”.
L’alternativa? “C’è ed è già ‘in campo’: è l’agricoltura integrata, degli imprenditori che innovano, un sistema che integra tutti gli strumenti di protezione delle colture (agronomici, fisici, biologici, chimici), secondo uno schema razionale, per produrre quanto più possibile con le risorse disponibili usate nel modo più efficiente. Un approccio tanto ragionevole e razionale da sembrare, di questi tempi, un’eresia”.
La senatrice ricorda che “trovare prodotti con l’etichetta bio a un prezzo doppio o triplo rispetto agli altri è esperienza abbastanza comune per chi, in famiglia, per la spesa si rivolge alla grande distribuzione. Se potessimo credere alle ‘favole’ di associazioni, politici e portatori di interesse che continuano a promuovere il bio come soluzione a malattie e inquinamento, i sacrifici per quegli euro in più sullo scontrino sarebbero giustificati da un fine grande e nobile: la protezione della salute e dell’ambiente. Ma, appunto, di favole si tratta, e molto ben confezionate”.
In conclusione, secondo Elena Cattaneo, “la scelta di consumare bio rimane del tutto libera, così come quella di coltivarlo. È a chi, senza alcun riscontro nella realtà, lo promuove come migliore per la salute e per l’ambiente che suggerisco di tenere conto, alla luce delle evidenze disponibili, anche dei discutibili risvolti etici di una cerca narrazione. Il rischio, infatti, è che famiglie con una capacità di spesa limitata possano essere indotte a credere nella ‘favola’ che solo chi compra bio abbia a cuore la salute dei propri figli e la tutela dell’ambiente, con la conseguente decisione di investire una parte maggiore delle risorse disponibili nell’acquisto di prodotti più cari ma non realmente rispondenti a quelle aspettative. Oppure, ancor peggio, di mantenere invariato il budget per frutta e verdura, e quindi di acquistarne meno per far quadrare i conti, quando invece tutte le linee guida ribadiscono gli effetti positivi sulla salute di questi alimenti, che quindi andrebbero consumati in abbondanza, biologici o no”. Approfondire e andare al di là del ‘sentito dire’: questo dovrebbe sempre essere il consumo consapevole. Con questo approccio, in ogni caso, bisognerebbe sempre andare a far la spesa.