di ALBERTO BRUZZONE
C’è un uomo che vive nel Veneto e che si è affermato nella vita e nel lavoro, come imprenditore, diventando il primo e più importante produttore in Europa di spugnette metalliche. Poi, quando è arrivato alla pensione e ha lasciato l’azienda in mano al figlio, Fiorenzo Caspon si è concentrato anima e corpo, ma soprattutto mente e cuore, nella sua ‘nuova vita’.
Ha comprato migliaia di ettari di terreno intorno alla sua azienda e vi ha impiantato migliaia di alberi, diventando un ambientalista convinto e dando il suo notevole contributo alla difesa della natura. È una storia bellissima, quella di Caspon, che vive nel trevigiano, a Fanzolo di Vedelago: 66 anni, è figlio di contadini; dopo la scuola, diventa perito elettronico e inizia la sua attività professionale girando i paesi del trevigiano per aggiustare elettrodomestici. Un’attività che gli basta per vivere dignitosamente e per coltivare la sua passione per i campi.
Ma, improvvisamente, arriva la svolta grazie a una geniale invenzione: il padre di Caspon ha una macchinetta per fare la spugnetta di ferro, lui la modifica e inizia a metterla in produzione, diventando il leader europeo nel settore. Una volta affermatosi e forte di un notevole patrimonio, Fiorenzo Caspon riesce a dare un’altra svolta alla sua vita. Non prende le sembianze dell’imprenditore milionario e di successo: villa al mare e in città, yacht, vacanze di lusso. La sua seconda vita, quando lascia la fabbrica, è ispirata a un chiodo fisso: piantare alberi, ricostruire un paesaggio stravolto dai capannoni industriali e dall’agricoltura intensiva. Pioppi, gelsi, aceri di campagna, biancospini, platani, lecci, frassini: Caspon parte da un campo ereditato, insieme al fratello, dal padre, e poi procede con l’acquisto di terreni abbandonati e di alberi da piantare. Alcuni sono recuperati attraverso il monitoraggio dei luoghi dove vengono spiantati: è il caso delle piante eliminate per il cantiere della Pedemontana Veneta.
Nel corso di quest’attività Caspon, che non ha mai tenuto un conto preciso degli alberi piantati, ha salvato qualcosa come quattromila piante. E non si ferma. Ha speso diversi milioni di euro e molti di questi soldi, seguendo la burocrazia italiana, sono andati via per pagare tasse di registro. Dai terreni dove ha piantato alberi non ricava guadagni, ma sostiene solo costi e, nonostante questo, ha respinto la proposta di affittare una parte della sua terra per mettere a dimora vigne di prosecco rosé, un vino che va molto di moda da queste parti.
“Voglio solo dimostrare che è possibile non limitarsi a sfruttare la terra. E se qualcuno mi considera un matto, pazienza. L’importante è che avrò lasciato qualcosa d’importante ai miei figli”.
Tutto inizia qualche anno fa: “Mi vengono proposti i terreni vicini alla mia azienda – ricorda Caspon – Erano coltivati con agricoltura intensiva. Mi rifiutai di acquistarli per quello scopo, non avrei potuto sopportarlo, sono fermamente contrario a queste cose. Così, dopo l’ultima semina, quando il terreno è rimasto vuoto, ho iniziato a piantare alberi. Sono partito con sei cipressi, poi ho messo i gelsi, gli aceri campestri, i lecci, i frassini. Sono arrivato a cento campi, per un totale di cinquecentomila metri quadrati di terreno, l’equivalente di cinquanta campi da calcio. Sono tutti alberi impiantati come si faceva una volta”.
Arrivano da contadini che li hanno sradicati, da vivaisti che hanno alberi ormai troppo grandi per poterli vendere, arrivano da altri terreni: “Io li compro quasi tutti, nei limiti del possibile. E compro i terreni vicini ai miei, a patto che possa portare avanti le mie idee. I costi? Sono importanti: un albero da quindici metri circa di altezza costa dai duemila ai tremila euro, poi ci sono i costi dei giardinieri. Io faccio tutto il possibile, ma di recente ho assunto un collaboratore. Gli alberi non chiedono granché: solamente l’acqua e un po’ di vitamine nel momento in cui vengono piantumati”.
Le azioni di Fiorenzo Caspon hanno suscitato un enorme interesse: da parte degli ambientalisti, da parte delle scuole, da parte dei media, che hanno raccontato la sua storia. Però l’imprenditore non è particolarmente ottimista: “Siamo andati troppo avanti, andremo a sbattere, tutto è sfalsato e non so se riusciremo più a tornare indietro. Prendiamo l’esempio dei terreni: sono stati stuprati e devastati con l’agricoltura intensiva. Io provo a fare la mia parte, ma non è che possa arrivare ovunque, anche perché le mie risorse non sono illimitate. Sono contento che intorno ai miei alberi si sia ricreato il microclima di una volta, con la fauna di una volta. Ma ci vorrebbero più persone come me, lo dico con convinzione: anche perché due ettari di gelsi possono assorbire l’intera anidride carbonica di una città come Treviso. Se fossimo in tanti, potremmo salvare questo pianeta. Vedo tanti giovani che si dedicano all’agricoltura e che iniziano a pensarla come me. La speranza sono loro”.
Caspon ricorda i periodi dei lockdown causa pandemia: “La mia attività resterà nella storia di questo territorio. Proprio perché valgono poco in termini economici, nessuno vorrà questi terreni. Eppure, durante le varie quarantene, tantissime persone sono venute a passeggiare nei miei campi. Sono tutti aperti, chiunque può entrarci e godere degli spazi. Non sono segnalati come miei, ma le persone nella zona sanno che sono di mia proprietà perché sono gli unici, o quasi, angoli di verde non interessati da coltivazione intensiva, frumento e pannocchie in particolare. A me fa molto piacere il via vai di gente, il vantaggio della mia attività è in termini di ecologia, ambiente, ossigeno ed è per tutti, gratuitamente”.
L’imprenditore veneto non ha piantato solamente alberi, “ma ho anche seminato foraggio, insieme a tutti i fiori che potremmo quasi già chiamare ‘i fiori di una volta’, quindi papaveri, fiordalisi, schiacciasassi, margherite bianche e grigie. Voglio ricostruire i panorami che vedevo da bambino e vorrei che i bambini di oggi li vedessero, che andassero per i campi a raccogliere i fiori, a guardare le api”.
Fiorenzo Caspon spiega anche come la sua filosofia sia stata portata pure dentro l’azienda di famiglia, la Lunik Star di Vedelago: “Abbiamo lavorato con coraggio, costanza e parsimonia per migliorare il prodotto, cioè le spugnette per pulire le pentole, per intenderci. Abbiamo inventato la spugna in rame, un materiale nobile a cui non si attaccano batteri né niente. La facciamo solo noi in Italia e anche in Europa. È l’unica cosa ecologica che si può trovare sul lavandino. Abbiamo anche fatto pagliette saponate con olio di cocco, che è vegetale, e più sostenibile dell’olio di palma, e quindi non inquina le falde acquifere. Ci sono anche altri prodotti meno ecologici, ma ci impegniamo molto in questa direzione”.
E, quel che più conta, gran parte degli utili sono stati redistribuiti per il benessere dell’ambiente: “Bisogna impegnarsi in questo senso, altrimenti rischiamo che di qui ai prossimi dieci anni ci sia una vera e propria débâcle per l’agricoltura, sia a causa delle colture intensive, sia per i liquami che non vengono smaltiti. Purtroppo non ci sono più i contadini di una volta, da trent’anni a questa parte, a mio parere, la maggior parte degli agricoltori ha distrutto tutto il bello e il sano della nostra campagna trevigiana. È difficile pensare a un’inversione di rotta perché è difficile comunicare questa passione genuina per la terra e per gli alberi. L’unica speranza, lo ripeto, sono i giovani”. E sempre più persone capaci, esattamente come Fiorenzo Caspon, di sussurrare agli alberi.