di DANILO SANGUINETI
Le recenti traversie della pallanuoto obbediscono alla legge di Murphy, ovverosia se qualcosa può andare male, state pur certi che finirà… peggio. Niente sembra funzionare in uno sport che avrebbe bisogno di rifiatare, di riprendersi dopo anni durissimi invece l’avvitarsi della crisi causata dall’accumulo di problemi diversi ma egualmente devastanti sta causando preoccupanti contraccolpi.
La serrata delle piscine di domenica 6 febbraio è il segnale che l’esasperazione ha superato il livello di guardia, che anche i mansueti dirigenti degli impianti natatori dell’intera Liguria non ce la fanno a reggere l’urto combinato di pandemia e crisi energetica.
Le cifre della protesta sono significative: il 50% degli impianti, secondo il coordinamento nazionale, è rimasto chiuso. Mercoledì 9 febbraio una delegazione dei gestori è stata ricevuta al Mise dal ministro Giorgetti e ha visto anche Letta e Conte: “Necessari interventi immediati, il Governo ci ascolti. La situazione è devastante, servono interventi immediati che permettano di affrontare la grave crisi finanziaria”.
Le richieste: “Un contributo salvagente di 150 milioni di euro per mantenere in vita le tremila piscine italiane. Devono andare in mano ai gestori subito e con una semplicità di distribuzione, basata sui metri quadri di superficie degli impianti natatori se si vuole che un servizio pubblico essenziale capace di produrre occupazione, benessere e salute per milioni di utenti sopravviva. Le piscine non servono solo per l’attività agonistica, ma anche per lo sport di base e per la crescita delle giovani generazioni. Sono un servizio che prima della pandemia veniva utilizzato dalle scuole. Sono essenziali per le persone con disabilità e per la riabilitazione”.
Servirebbe un aiuto, dall’interno come dall’esterno, ma dalle federazioni e dagli organi istituzional-amministrativi arrivano tante belle parole e niente più. Quando si passa ai fatti i risultati sono, nella migliore delle ipotesi, desolanti. Il chiudere per un fine settimana gli impianti natatori della regione oltretutto era sacrificio molto relativo dato che tra restrizioni agli ingressi, green pass e similia i frequentatori paganti delle piscine sono diventati rari quasi quanto l’araba fenice.
In alto non si comprende che la situazione è prossima al punto di non ritorno. Incassi rarefatti, costi quadruplicati, settori agonistici che affrontano stagioni impazzite e calendari a singhiozzo. Le tinte del quadro virano al nero tenebra.
Un esame della situazione per categoria rende ancor meglio l’idea. La serie A1 maschile, ossia l’unico torneo che abbia uno straccio di ritorno economico tra sponsorizzazioni e mecenati, ha appena visto cambiare in corsa il regolamento. A inizio febbraio le società hanno subìto il diktat della Federazione che ha imposto che dal 19 febbraio, giorno della ripresa a pieno regime (ora sono in corso i recuperi delle tante partite saltate nei mesi scorsi), il campionato sarà diviso in due gruppi da sette squadre: le formazioni inserite nel primo si disputeranno l’accesso ai play off, mentre quelle inserite nel secondo lotteranno per restare in Serie A1. Ciascuna squadra ripartirà con i punti conquistati nella prima parte del torneo (quindi nel girone di andata) per disputare poi sei partite. Ogni gara sarà giocata in casa di chi ha giocato in trasferta all’andata. Le prime quattro classificate faranno i play off scudetto, semifinali e finale per il terzo posto al meglio delle tre gare, finale scudetto al meglio delle cinque partite (forse). La quinta e la sesta classificata disputeranno uno spareggio, al meglio delle tre partite, per accedere come seconda qualificata all’Euro Cup. E le altre sei: dopo il 19 febbraio si deciderà se fare i play out oppure no, qualcuno ha chiesto di bloccare le retrocessioni.
È evidente che nessun altro sport di squadra si comporterebbe in un modo simile. Nelle discipline serie cambiare le regole in corsa avrebbe effetti disastrosi. Nella pallanuoto ormai vale tutto. Sensazione confermata da quanto accaduto a livello di federazione mondiale (Fina) ed europea (Len) dove il presidente storico, Paolo Barelli, ha dovuto abdicare vittima di una congiura di palazzo. A maggio dovevano tenersi i mondiali a Fukuoka in Giappone, originariamente previsti per il 2021 e rinviati causa Covid ma nel giro di due giorni la Fina prima ha deciso di rinviarli di un anno facendo slittare di 12 mesi quelli previsti nel 2023 a Doha, poi è tornata sui suoi passi. Contrordine: il Giappone ha protestato e i mondiali si terranno ad agosto, appena dopo gli Europei di Roma. Due rassegne di prima grandezza in un mese sono un controsenso. E sono un’ulteriore iattura per i due campionati di A1, maschile e femminile, che hanno il calendario terremotato.
Il caos appare totale. La A1 maschile potrebbe ancora slittare perché diverse partite vanno da rinvio a rinvio. Caso eclatante quello tra Brescia e Recco, big match della decima che si sarebbe dovuto disputare a Mompiano il 6 febbraio e che invece viene rinviato per la terza volta causa positività nel gruppo squadra della Pro Recco. Per non dire delle serie minori. La A2 maschile ha ripreso il sei febbraio, in sordina, con incontri recuperati in date feriali comunicate agli interessati con pochissimo preavviso. Nessuna notizia certa sul via libera ad A2 femminile e B maschile. Delle serie minori e delle giovanili si sta perdendo il ricordo. Tra qualche anno pagheremo carissimo questo buco nero perché due se non tre leve di giovani sono andate… in fumo.