(r.p.l.) La situazione delle carceri in Italia è sempre più difficile. I suicidi sono in aumento, come dimostrano gli ultimi casi avvenuti a Torino nelle scorse settimane. Come rileva l’associazione Antigone, dal 2000 a oggi i suicidi nelle carceri sono stati 1.352.
Se nel 2022 si sono registrati 85 suicidi, a livello statistico il 2023 sembra essere già molto vicino, visto che nel periodo compreso tra gennaio ed agosto sono stati 43, di cui 15 in estate, momento da sempre difficile a causa anche della mancanza del personale carcerario.
Problema da sempre noto per le carceri è quello del sovraffollamento: Antigone rileva una percentuale di persone presenti negli istituti del 121%. Guardando allo scorso anno, gli 85 suicidi divisi per genere riguardano 80 uomini e 5 donne. Una sproporzione che però assume un altro rilievo se si considerano le percentuali di genere all’interno delle carceri.
La popolazione carceraria è composta per la grandissima maggioranza da uomini, presenti negli istituti penitenziari per il 95,8%. Le donne sono soltanto il 4,2%. Se andiamo a guardare a quel 4,2% di donne recluse, notiamo come una netta maggioranza, vicina al 70%, sia italiana. Presenti anche diversi bambini a seguito delle madri: su 21 donne ci sono 24 bambini di età inferiore ai tre anni.
Sulle donne il carcere ha delle ripercussioni maggiori sulla salute psicofisica: chi riceve diagnosi psichiatriche gravi, fa uso di psicofarmaci e subisce atti di autolesionismo è in maggioranza di genere femminile. Ma quali sono le opportunità presenti per le donne detenute? Come evidenzia Antigone, il 50% lavora e a questo si aggiunge un 10% che segue corsi di formazione professionale. Le attività sono rigidamente divise per genere: soltanto il 10% degli istituti prevede attività miste uomo-donna.
“Bisogna trovare delle forme alternative”, ha dichiarato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in visita a Le Vallette di Torino, dopo gli episodi dei suicidi. “Dobbiamo prendere atto della sofferenza di cui soffre questo carcere, come molti altri, a causa della sproporzione tra strutture e risorse umane e il fine, cioè proteggere lo Stato. Per questo possiamo pensare ad una detenzione differenziata, adeguando ad esempio le caserme”. Nordio ha poi ribadito che “bisogna garantire l’umanità del detenuto e il trattamento rieducativo”.
I condannati con pene brevi da scontare per reati bagatellari, ovvero quelli che non destano allarme sociale: sono loro i detenuti per i quali il ministro della Giustizia Carlo Nordio starebbe pensando a un trattamento detentivo differenziato da realizzarsi nelle caserme dismesse. Stime ufficiali ancora non ce ne sono, ma si tratterebbe di alcune migliaia di detenuti. “Dobbiamo superare le polemiche e tornare al valore costituzionale della pena, nel pieno rispetto di chi ci opera e della sua finalità sociale”, ha dichiarato Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti. “Servono in carcere figure di carattere sociale che aiutino anche chi deve mantenere la sicurezza a fronteggiare situazioni alle quali magari non è preparato”.
Ma qual è il quadro in Liguria? I detenuti nelle carceri della nostra regione sono il 21% in più rispetto alla capacità ufficiale delle prigioni: 1.391 persone recluse rispetto a 1.127 posti disponibili, con un gap di 264 unità conteggiando i penitenziari maschili e femminili. A Marassi i detenuti sono 699 rispetto a 550 posti disponibili con un sovraffollamento di 249 unità, a Sanremo 253 rispetto a una capacità di 224, a Imperia 73 detenuti su 54 posti, a Chiavari 61 su 52, alla Spezia 155 su 151, nel carcere femminile di Pontedecimo 150 detenute rispetto a 96 posti. La situazione del sovraffollamento è ancora più sentita in queste giornate di enorme caldo.
In Liguria non sembrano presenti ex caserme da adibire a strutture carcerarie, a parte Albenga, dove però sarebbero moltissimi i problemi. Doriano Saracino, garante regionale per i diritti dei detenuti, osserva: “Per i reati minori è necessario trovare delle alternative. Quella del ministro Nordio è una proposta che, a mio avviso, prende le mosse da un’idea che avevamo lanciato come garanti dei detenuti: impiegare quelle che una volta erano le case mandamentali per pene brevi, sotto l’anno o i due anni. Chi è condannato a pene così basse non dovrebbe nemmeno entrare in carcere: anche perché in pochi mesi che funzione di recupero puoi mettere in atto? Per gli spazi e il sovraffollamento occorre inventarsi delle soluzioni, anche piccole cose. Negli anni scorsi sono state realizzate in tutte le carceri liguri docce nelle celle. Le vecchie docce oggi sono non usate: e allora perché non trasformarle in lavanderie ed essiccatoi in modo che i detenuti non debbano stendere i vestiti alle finestre? E ancora: se non si possono aumentare i posti, individuiamo aree dove i detenuti possano trascorrere il tempo. Per questo abbiamo proposto al Provveditorato una commissione per mappare gli spazi non utilizzati nelle case circondariali”.
C’è poi l’aspetto della mancanza di personale sanitario e l’aumento progressivo di problemi psichiatrici: di supporto psicologico parla la proposta di legge di Carmen Di Lauro (M5S), che punta a istituire la figura dello psicologo delle cure primarie anche nelle carceri.