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Giovedì, 8 giugno 2023 - Numero 273

Camogli, futuro incerto per la Tonnarella. Il cordaro Mario Scevola: “Questa è l’ultima e non può andare perduta, ma ormai i tempi sono cambiati”

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di ROSA CAPPATO

“Tonnarella, quale futuro?”. Se lo domandano in tanti a Camogli, preoccupati per la sorte dall’antichissimo impianto di pesca che ogni anno viene allestito davanti a Punta Chiappa. La Tonnara di Camogli, meglio conosciuta come Tonnarella, in quanto diversa da quelle tradizionali dove si pesca solo tonno e si pratica la ‘mattanza’, contempla la cattura di qualsiasi pesce, purché non protetto, che in tal caso viene rilasciato in mare.

È costituita da un impianto sostenibile che, fin dai tempi antichi, viene calato ad aprile e smantellato a fine settembre. “Le prime notizie della tonnara di Camogli si hanno nel 1603 – riferisce la nota scrittrice camoglina Annamaria ‘Lilla’ Mariotti che sulla Tonnara oltre a scriverne libri e documenti, ha tenuto diverse conferenze anche all’estero e negli Stati Uniti – ma probabilmente è anche più antica. Nel 1300 era già in funzione una tonnara tra Santa Margherita e Portofino, come risulta da alcuni documenti dell’Archivio di Stato, poi dismessa”.

Passata di generazione in generazione, ultimamente il sistema di pesca era affidato alla ‘Cooperativa Pescatori Camogli’, che gestiva la tonnara dal 1982, dopo averla rilevata dai precedenti concessionari. A febbraio, però, è comparso un inequivocabile cartello di chiusura attività sulla saracinesca dell’antica pescheria in via della Repubblica e quindi oggi non si sa se l’impianto possa ancora essere calato in mare, dato che erano i soci a occuparsene.

Si tratta di una vera e propria tradizione, oltre che di un’occupazione stagionale, che rischia di andare perduta e che coinvolge da sempre i residenti, soprattutto quelli di San Fruttuoso, piccolo borgo dove ogni anno vengono realizzate le cime, i cavi che vanno assemblati a formare l’intero impianto. L’assemblaggio si effettua sul molo del porticciolo di Camogli e poi da lì, con le barche, la Tonnarella ‘a pezzi’ è trasportata a circa 400 metri da Punta Chiappa e lì calata sul fondale, dove si estende per 340 metri.

È un vero e proprio rito, a partire dalla lavorazione delle cime e ne sa qualcosa Mario Scevola, l’ultimo ‘cordaro’ della Tonnarella, il noto ‘Marietto’. Uomo di mare e di pesca, ha a cuore le tradizioni e gli antichi saperi marinareschi: ha addirittura mappato tutte le antiche ‘poste’, le zone dove i pescatori una volta calavano le reti lungo tutta la costa da Camogli a Portofino, altra tradizione da salvaguardare, una mappa che Marietto ha consegnato per questo motivo, in Capitaneria, al Demanio e tutte le autorità competenti, affinché i siti restino identificati.

“Per tre generazioni la mia famiglia si è occupata dei cavi della Tonnara – racconta – oggi tutti realizzati in fibra di cocco, proveniente ogni anno dall’India. Li mettiamo insieme a San Fruttuoso con una tecnica antica e ancora perfettamente funzionante, con misure precise che ci vengono indicate dalla Cooperativa, così da risultare in condizioni perfette per essere calati”.

Si tratta di un’operazione manuale a cura di una vera e propria squadra, tecnica artigianale che si snoda per 150 metri in lunghezza all’antico borgo, pratica storica, più volte ripresa dalle reti nazionali e giornali specializzati. La squadra, formata da sette persone, lavora costantemente per un mese, fino al momento della consegna. C’è Marietto, con la ‘pigna’; Franca Chiaschetti al ‘gancio’, Ugo Rossi alla ‘ruota’ (funzionante da 300 anni), Claudio Bruno al distanziamento, mentre la compianta Marietta Avegno stava agli ‘assi’ e lo ha fatto per 15 anni: oggi c’è Ippolita Viacava, moglie di Scevola.

I cavi vengono preparati e tagliati a misura, poi portati sul molo di Camogli per essere montati insieme. “È un lavoro che facevo già da bambino – prosegue l’ultimo cordaro – e prima ancora c’era mio nonno. Si lavorava anche per altre cooperative, da La Spezia a Savona, anche per i vivai di muscoli: le cime venivano mandate sino a Carloforte in Sardegna, dove è attiva un’altra Tonnara”. Le cime tagliate per quella di Punta Chiappa e rimaste sul molo si abbandonano direttamente in mare: non resta nulla, perché diventano gustosa pastura per i pesci in quanto la fibra naturale di cocco si scioglie e non inquina. “Ai tempi antichi – chiude Scevola – mio padre prendeva la ‘lisca’, un’erba simile che cresceva sul Monte di Portofino, anch’essa ecocompatibile. Poi i tempi sono cambiati, ma non avrei mai immaginato un destino simile. Quanto sta accadendo è motivo di grande dispiacere e mi auguro davvero di vedere ancora in mare la nostra Tonnarella poiché per noi è un simbolo, il simbolo di Camogli: questa è l’ultima Tonnara e non può andare perduta”.

La Tonnarella è anche oggetto di studio: spesso anche i ragazzi dell’Istituto Nautico hanno approfondito questo tipo di pesca. Per tirare su le reti occorrono ben tre ‘levate’: la prima, dell’Albetta, al sorgere del sole, la seconda a metà mattinata e la terza, nel pomeriggio. Non si contano le rarità di pesci finite in quelle reti e spesso anche le quantità eccezionali come le due tonnellate di Alletterati nel 2018, oggetto di studio anche per l’Area Marina di Portofino, nelle cui acque è compreso il Comune di Camogli, che ha iniziato a soffermarsi sulla biodiversità del sito e i cambiamenti climatici. Dopo la pandemia è iniziata una crisi inesorabile che sembra quest’anno portare a un epilogo inaspettato. I cordari di San Fruttuoso, tuttavia, si dicono pronti se qualcuno intervenisse e li chiamasse. A Camogli i cittadini, increduli, auspicano che le amministrazioni o gli enti pubblici interessati a questo pezzo di storia non voltino lo sguardo altrove ma, come già accaduto nel 2017 quando una ‘barca pirata’ distrusse la Tonnarella, possano intervenire di nuovo per salvarla. Ciò considerando che è anche presidio Slow Food dal 2013. La piccola pesca in fondo è ciò che caratterizza Camogli e Giovanni Anelli, presidente dell’associazione di pesca sportiva Porticciolo, si dice assai preoccupato: “Auspico una rinascita, una continuità per la nostra Tonnarella, un’attenzione e sensibilità alle tradizioni locali, che non devono venire meno, perché elementi imprescindibili, da proteggere e mantenere, soprattutto di fronte alle difficoltà”.

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