di ALBERTO BRUZZONE
Non c’è pace, per il Teatro Sociale di Camogli. E, a ben vedere, non c’è mai stata. Prima la chiusura e il degrado, che si sono prolungati per moltissimi anni; poi il lungo e faticoso percorso legato al restauro e costato oltre sette milioni di euro; adesso l’emergenza sanitaria, lo stop forzato e quel bilancio che continua a trascinarsi in perdita, nonostante la parentesi virtuosa rappresentata dalla direzione artistica di Sergio Maifredi, un personaggio molto conosciuto nel mondo del teatro, nonché indubbiamente molto capace.
Maifredi e il suo staff, insieme al vecchio Consiglio di Amministrazione guidato da Serena Bertolucci, che è anche direttrice a Genova di Palazzo Ducale, e prima ancora con la camogliese Farida Simonetti, già direttrice della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola di Pellicceria, chiusero la loro gestione in sostanziale pareggio, a dimostrazione che realizzare una buona programmazione e avere una buona risposta da parte del pubblico è possibile pure in un teatro non nel centro del capoluogo, ma è sempre il debito pregresso a preoccupare, perché chiudere in pareggio è un’ottima cosa, ma non consente di ripianare quanto accumulato in passato.
In questo senso, sarebbe essenziale una continuità di lavoro e di giorni d’apertura, e proprio in questa direzione si stava andando, quando è scoppiata la pandemia di Covid-19. Così il Teatro Sociale, come tutti gli altri, ha dovuto chiudere i battenti, e i problemi vecchi sono diventati di stretta attualità.
C’è grande preoccupazione adesso, a Camogli ma non solo, intorno alle sorti di questo glorioso gioiello sia architettonico che artistico (il Sociale è il ‘gemello’ del Teatro Modena di Sampierdarena, anche questo riaperto con grandissima fatica e poi portato avanti negli anni grazie alla splendida gestione da parte della Compagnia dell’Archivolto, con l’allora direttrice Pina Rando sugli scudi). C’è preoccupazione perché più il teatro rimane chiuso, più non viene fatta programmazione, più i debiti rimangono lì.
Al vecchio Consiglio di Amministrazione si è sostituito nelle scorse settimane un nuovo consesso, con il chiaro obiettivo di rimettere tutto a posto e di ripartire una volta per tutte. La buona volontà c’è, le persone in grado di agire anche. Si aspettano le condizioni per poterlo fare.
Martedì scorso il Cda si è riunito per la nomina del nuovo sovrintendente, poi la decisione è arrivata ieri. È stato scelto Giuseppe Acquaviva, già sovrintendente del Teatro Carlo Felice di Genova dal 2014 al 2019, dopo esserne stato anche segretario artistico.
Il nuovo presidente, Maurizio Castagna, ha le idee chiare: “Presenteremo un piano triennale. Il risanamento sarà possibile se agiremo come squadra e come comunità, utilizzando anche le risorse artistiche del territorio. È una sfida difficile, ma non impossibile”.
Il debito si aggira intorno ai seicentomila euro: una parte è ancora legata ai costi della ristrutturazione, mentre un’altra parte è attribuita alla primissima gestione del Teatro Sociale post riapertura quando, anche per promuovere e rilanciare questo nuovo ‘contenitore’ culturale, fu messa a punto una programmazione molto impegnativa, soprattutto dal punto di vista della spesa.
Castagna, ingegnere residente a Camogli e un passato di manager in Italimpianti e in altre importanti aziende, indica la via: “La stagione del 2019 (quella di Sergio Maifredi, ndr) ha dimostrato che si può mantenere l’equilibrio, mentre per abbattere il debito pregresso occorre ricostituire il fondo patrimoniale in breve tempo”.
Dovranno quindi essere i soci a intervenire. Quelli pubblici sono il Comune di Camogli e il Comune di Recco, adesso c’è un mese e mezzo di tempo per preparare il piano. Castagna può contare su un Cda di importanti professionisti, nel quale figurano Vincenzo Roppo, Paolo Cichero, Walter Chiapussi e Lella Guatelli.
Occorrerà inoltre avere la capacità di attingere a risorse dall’esterno, ad esempio attraverso i bandi emessi dalle varie fondazioni, a partire dalla Compagnia di San Paolo, che nella ‘partita’ del Teatro Sociale ha già avuto una grandissima importanza in passato. Il nuovo presidente usa una parola che piace tanto a noi di ‘Piazza Levante’: “La nostra ambizione è quella di essere un teatro ‘glocal’, ovvero presente e ben radicato sul territorio, ma con un respiro internazionale”.
Il percorso non è semplice, ma c’è ottimismo, ci sono le maniche rimboccate, c’è quello spirito da capitani coraggiosi che è proprio di una città storicamente legata al mare e alla navigazione. Bisognerà certamente recuperare il rapporto con gli enti locali, in un periodo non semplice perché le risorse sono ridotte al lumicino, quando non dirottate su altri settori. Manca come il pane, anche in questo caso, la ‘vecchia’ Provincia di Genova, visto che la ‘nuova’ Città Metropolitana non ha altrettanta visione né altrettante possibilità d’investimento.
Ma quello che proprio non deve succedere è che si venga a spegnere questa importante ‘voce’, perché con la chiusura del Teatro Cantero di Chiavari che dura ormai da più di tre anni (era il 31 dicembre del 2017), a Levante della ‘grande Genova’ le uniche sale rimaste sono il Teatro Sociale e il Teatro di Cicagna. Quest’ultimo va avanti unicamente con risorse proprie e con il grande lavoro e sacrificio da parte dell’Associazione Mediaquality, che ne cura programmazione, gestione e direzione, con l’appoggio da parte dell’Amministrazione comunale. Al raffronto, però, si tratta di una situazione completamente differente, e per numeri e per struttura, ed è quindi chiaro come al Teatro Sociale di Camogli serva decisamente un’iniezione in più.
All’orizzonte, c’è anche la trasformazione della Fondazione Teatro Sociale in impresa sociale, perché questo potrà favorire il sodalizio dal punto di vista normativo e fiscale e, dall’altra parte, potrà consentire di aggregare soggetti privati e sponsor, snellendo il rapporto tra pubblico e privato.
Nelle intenzioni di Castagna, poi, il Sociale non dovrà essere una ‘monade’, ma dovrà stabilire collaborazioni con le altre prestigiose istituzioni del territorio, ad esempio il Teatro Carlo Felice, il Teatro Nazionale di Genova e il Conservatorio Paganini. D’altra parte, la sala di Camogli non potrà esser legata solo a un cartellone, ma dovrà diventare spazio polifunzionale pure per le scuole o per la convegnistica e gli eventi, perché più saranno i giorni di apertura e di lavoro, più si potrà aumentare l’indotto. Quanto al nome del sovrintendente, è stata scelta una personalità di indubbio spessore e di altrettanto comprovata esperienza. La speranza è di ripartire a settembre, “magari con una delle tappe del Festival della Comunicazione”.
Intanto, nei giorni scorsi, è tornato a parlare del teatro l’ex sovrintendente Sergio Maifredi, che ha consegnato alla stampa alcune sue riflessioni. Secondo Maifredi, “ciò che è stato fondamentale nella nostra gestione è che gli incassi sono sempre stati superiori al costo degli spettacoli. Quindi, se abbiamo centrato l’obiettivo del pareggio nel 2019, anno del mio arrivo, lo dobbiamo soprattutto agli spettatori che ci hanno dato fiducia”.
Maifredi ricorda che “la Fondazione presieduta da Silvio Ferrari aveva dovuto contrarre due mutui per duecentocinquantamila euro per poter pagare l’ultima parte del restauro. Inoltre, il Teatro era stato inaugurato nel 2016 e nelle prime due stagioni teatrali aveva perso, per spese inerenti all’attività artistica e organizzativa, altri duecentocinquantamila euro. In pratica, la gestione aveva costi sproporzionati e ogni spettacolo era in perdita. Io ho lavorato per chiudere la falla, con il nuovo Consiglio di amministrazione presieduto da Farida Simonetti, e per non far imbarcare altra acqua”.
Pareggiare si può, “tagliando drasticamente i costi sovradimensionati della struttura, affrontando situazioni tecniche e di sicurezza, scegliendo personale qualificato, rinnovando l’immagine del teatro, realizzando una capillare campagna di promozione, scommettendo su spettacoli di qualità e di forte richiamo”. Domando la tempesta e arrivando al porto sicuro. Come sa benissimo la gente di Camogli. Hanno voluto con tutte le forze la riapertura del loro teatro. Ora lo devono salvare, un’altra volta ancora.