di GIULIANA RAGGI *
Conosco bene i due istituti: al Caboto ho insegnato per parecchi anni agli inizi della mia carriera e al Tecnico vi sono arrivata in qualità di Dirigente Scolastico nel 2002.
Sono due istituti tosti, ben strutturati, per anni i docenti e il personale Ata hanno lavorato per mantenerne l’autonomia, ma dal 2011 vi è stato un costante e inesorabile calo degli iscritti che ha sottodimensionato in particolare il tecnico e lo ha privato, oramai da troppi anni, della titolarità e del Dirigente Scolastico e del Direttore dei servizi amministrativi.
Ma mai i docenti si sono arresi e hanno lavorato sodo con chi aveva la reggenza perché l’offerta formativa fosse sempre su un buon livello e hanno anche realizzato alcuni arricchimenti della stessa.
È però venuto il momento della riorganizzazione, la Regione Liguria ha deliberato sull’accorpamento tra i due istituti per cui nascerà un nuovo istituto che offrirà tutti i corsi già presenti, sia al tecnico che al professionale. Sarà un istituto con le carte in regola per avere l’autonomia vera: didattica, economica e organizzativa, avrà un suo dirigente scolastico e un direttore amministrativo.
Una riorganizzazione complessa che richiede confluenza di organici e di bilanci, nuovi organi collegiali e nuove relazioni interprofessionali.
E poi c’è una questione non di poco conto: come si chiamerà il nuovo istituto?
Negli anni passati abbiamo avuto sul territorio altri accorpamenti ma il problema del nome non si è posto: Liceo Marconi Delpino e Istituto tecnico e professionale De Ambrosis Natta; in entrambi i casi le due denominazioni si combinavano bene insieme, ma qui è diverso.
Il tecnico ha un nome quasi centenario che ha voluto essere nelle intenzioni di chi lo aveva scelto un monumento virtuale alla memoria dei morti per la patria, il professionale negli anni ’80, quando si è staccato dalla sede principale di S. Margherita Ligure, ha assunto il nome G. Caboto.
È chiaro che i due nomi non possono coesistere e il nuovo nome dovrà essere scelto dal nuovo Consiglio di Istituto che sarà eletto presumibilmente nel mese di novembre.
Personalmente mi dispiace molto che il tecnico perda il suo nome: la scuola dei Morti, come tanti lo hanno sempre chiamato con affetto e con rispetto, ha diplomato la maggior parte dei ragionieri e dei geometri del Tigullio a partire dal 1924, ha una solida tradizione di essere una scuola seria, aperta al territorio e, per parecchi anni anche all’Europa con la partecipazione ai progetti di mobilità Ue per studenti e docenti.
Negli anni in cui lo ho diretto ho potuto contare sulla disponibilità dei docenti alle innovazioni; mi hanno seguito in progetti e sperimentazioni spesso non facili da realizzare, abbiamo lavorato assieme sui problemi dell’integrazione, dell’inclusione, contrastato la dispersione, i rapporti con il sistema produttivo erano ben strutturati; i nostri partner erano la Regione, le facoltà universitarie, gli ordini professionali, le aziende e le organizzazioni che le rappresentano, l’Asl, i teatri, l’Unione Europea.
Ma la continuità non c’è stata per vari motivi, tra cui il principale è stato il calo degli iscritti che è cominciato da quando i genitori hanno preferito iscrivere (per moda?) i propri figli ai percorsi liceali.
Questo è un problema nazionale: il mondo del lavoro continua a richiedere personale lavorativo che abbia fatto percorsi di istruzione tecnico/professionale ma l’offerta manca perché gli studenti frequentano i licei, di contro le lauree scientifiche non sono in aumento perché l’abbandono degli studi dopo il diploma è molto alto e non sempre il diploma garantisce una preparazione adeguata ad un percorso di laurea nelle facoltà scientifiche
Peccato. Io agli istituti tecnici ho creduto molto e credo che abbiano ancora molto da dire.
Allora mi sono chiesta se la scelta del nome non possa essere lo spunto per rivalorizzare in Chiavari questo tipo di scuola.
Intanto perché coinvolgere la gente e le istituzioni in un dibattito sulla scelta del nome significa riproporre all’attenzione tutti e due gli istituti.
E poi la scelta dev’essere fatta con molta attenzione: non si può proporre una donna, un chiavarese, un santo. Pensiamo ad un nome che voglia significare ciò che il nuovo istituto vorrà diventare per Chiavari e per il comprensorio, un nome che sia condiviso perché si è condiviso la validità di questo istituto che vogliamo tutti insieme valorizzare perché ne escano diplomati preparati e adatti al mondo del lavoro, che vogliamo inserire in un contesto un po’ più ampio, magari europeo, e che potrebbe accogliere percorsi post diploma di eccellenza quali sono gli Its.
Mi piace ricordare che il tecnico e il professionale avevano, a partire dalla fine degli anni ’90, gestito parecchi corsi Ifts (Istruzione e Formazione Tecnico Superiore) precursori degli attuali Its, fortemente voluti sul territorio dall’allora direttore regionale per l’istruzione Gaetano Cuozzo che con il suo entusiasmo mi aveva coinvolto nella regia regionale di questi corsi.
Tornando al tema principale di questo mio scritto, devo purtroppo ribadire che di fatto di scuola a Chiavari ci si interessa poco, le amministrazioni comunali si sono sempre ostinate a ritenere non di loro competenza le scuole superiori e la formazione che erogano, migliaia di studenti che tutti i giorni le frequentano sono visti come una routine e non come una risorsa del futuro, eppure la scuola ha capacità negoziale attraverso la quale confrontare le proprie finalità formative con i soggetti del territorio e gli enti locali per progettare insieme l’offerta formativa e per giovani e per adulti.
Quindi approfittiamo di questo evento che è la scelta del nome del nuovo istituto tecnico e professionale per definirne il ruolo che esso avrà sul futuro della città e del comprensorio.
So che ho utilizzato la parola ‘scelta’ in modo non corretto: la scelta spetterà alla nuova scuola che, in piena autonomia, delibererà attraverso il Consiglio di Istituto.
Ma io credo che fare una proposta condivisa dalle persone e dalle istituzioni e che scaturisce da un dibattito e un approfondimento sulla formazione tecnica e professionale, sia un regalo che la città fa al nuovo Dirigente e al nuovo istituto.
Farà diventare il nuovo istituto una sede ambita perché sponsorizzata dal territorio e lo stesso Consiglio di Istituto potrà facilmente capire che la proposta è stata condivisa e che quindi potrà avere valenza di valore aggiunto all’offerta formativa.
Aspettiamoci molto dal nuovo istituto e dal nuovo dirigente che, leggendo nella mia personale sfera di cristallo, prevedo sappia affrontare con molta competenza e disponibilità la sua gestione e la sua valorizzazione.
(*ex Dirigente Scolastico)