‘BB’ dalle nostre parti non sta per Brigitte Bardot ma per Bruno Baveni, giocatore e allenatore professionista. Sabato 14 dicembre è stato premiato dal presidente della Virtus Entella, Antonio Gozzi, in occasione del suo ottantesimo compleanno. Una vita per lo sport, un attestato incontestabile per uno che vive nel e di calcio da sette lustri, ha celebrato le nozze di diamante con Eupalla.
Dotato di scienza profonda quasi senza averne coscienza, un istintivo che imparava in fretta, sia con gli scarpini ai piedi che con il fischietto in bocca. Dici ‘Brunin’, il suo nome di battaglia, ed è impossibile che trovi un tifoso, un addetto ai lavori, un amante del football che non sappia di chi stai parlando. Da calciatore ha lasciato il segno nel Genoa, si è concesso un giro nel Milan della leggenda, da allenatore ha vinto molto tra serie D, C1 e C2 (quando la terza serie era ancora divisa in due ed aveva uno standard qualitativo molto elevato) e ha compiuto imprese e fatto epoca sedendosi su panchine della sua zona. Bruno Baveni infatti è stato ‘profeta in patria’ come raramente accade nel calcio, soprattutto nel calcio di casa nostra dove la critica è spietata e si accanisce se i soggetti delle sue attenzioni sono nati da queste parti.
Il suo salace senso dell’umorismo, indice di una ‘sestrinità’ mai rinnegata, il giorno della cerimonia al Comunale è stato messo a dura prova quando è stato omaggiato di una standing ovation dall’intero Comunale nel pre-partita di Entella-Empoli.
Il presidente Antonio Gozzi gli ha consegnato una maglia per i suoi ottant’anni, gli ultimi trentacinque passati sotto il cielo biancoceleste. E ‘Brunin’ ha occultato una lacrimuccia sotto il suo solito sorriso furbo facendo l’occhiolino ai suoi vecchi compagni di avventure. Primo tra tutti il compare di una vita, Gianni Comini, con il quale ha condiviso momenti esaltanti e avventure al limite del disperato quando nell’era Barbieri-Bonone-Bonino inventarono squadre, sfiorarono un’impresa leggendaria, lottarono per non far affondare la società e poi diedero un impulso decisivo per una delle sue tante rinascite. Uno mister, l’altro direttore sportivo, ma i ruoli a volte si invertivano senza che gli astanti se ne rendessero conto, a inventare calcio, di gran marca. Due che hanno fatto le nozze con i fichi secchi per diverse stagioni.
“Anni movimentati – e qui sfodera il suo ghigno migliore – Devo dire che se ripenso a quel periodo mi dico che, accipicchia, ne sono accadute di cose in così poco tempo. Arrivai, anzi tornai a Chiavari dopo un paio di esperienze importanti, condite da promozioni, a Imperia e Trento. Era l’estate del 1986, la squadra era stata smantellata e molti erano passati allo Spezia. C’era un’atmosfera particolare. Di rivincita, ma anche di scetticismo. Ottenemmo, con una formazione allestita da me, Gianni e il presidente Sergio Barbieri, un quinto posto in un torneo di C2 battendo società che come potenziale economico ci superavano dieci a uno”.
Molti, soprattutto tra i più giovani, già faticano a ricordare quanto accade a metà anni Ottanta, e non hanno cognizione che c’era un Bruno Baveni anche giocatore di grande qualità. Un centrocampista di cuore e gamba, che correva e ragionava per sé e per i compagni, caratteristiche quasi in anticipo sui tempi. Che il Genoa selezionò da Sestri Levante e che in poco tempo, a soli sedici anni, si fece notare anche dai selezionatori. “Mi convocarono in nazionale e con la maglia azzurra addosso vinsi il titolo continentale. Resta la mia più grande gioia, nemmeno le imprese con la maglia del Grifone o quella del Diavolo, che pure ho indossato in periodi di spettacolosi successi e forti emozioni, hanno eguagliato le sensazioni provate sentendo suonare l’inno di Mameli sul podio”.
Cresciuto nelle giovanili del Sestri Levante, venne ingaggiato dal Genoa, dove giocò per sette campionati, dalla stagione 1959-60 alla stagione 1965-66, per un totale di 168 presenze e di 13 gol realizzati.
Verrà poi ingaggiato nel Milan di Nereo Rocco nella stagione 1966-67 vincendo subito la Coppa Italia e la stagione successiva lo Scudetto e la Coppa dei Campioni senza però giocare da titolare la finale vinta contro l’Ajax. Un grave infortunio lo allontanerà dal calcio giocato. E subito decide che lontano dall’erba, allora solo e sempre naturale, dei terreni di gioco non può stare. Intraprende la carriera da allenatore, partendo dalla sua città. Nel 1973-74 aveva concluso da corsaro, l’anno dopo sempre da corsaro guida i rossoblù della Bimare dalla panchina. Il percorso è ascendente: Sestri Levante (9° in Serie D), Entella (6° in D), Imperia (1° in D e 5° in C2), Trento (per due volte 2° in C2 nel 1980 e 1985 e 10° in C1 nel 1981 e 1986), Sanremese (11° in C1), Pavia (6° in C2), Casale (1° in C2, 10°, 11° e 16° in C1), Pro Vercelli (11° in C2).
Il capitolo in biancoceleste resta il più importante. Dopo l’assaggio nel 1976, il vero affondo dieci anni più tardi. Dell’epica stagione 1986-1987 con il quinto posto record in serie C2 abbiamo detto. Il sottotesto è che quella squadra avrebbe potuto vincere il campionato ma non poteva permetterselo perché le forze del presidente Sergio Barbieri e dei pochi che lo sostenevano economicamente erano già al limite. Nel 1988, infatti, deve a malincuore dire addio e scendere dal treno che sta per deragliare (rinuncia alla serie C l’anno successivo). Una veloce rimpatriata nel 1993-1994 ottenendo un 6° posto in Eccellenza, e poi il canto del cigno nel 1998-1999.
I ‘ragazzi’ del settore giovanile Bonino e Bovone mandano avanti Comini che a sua volta convince il suo partner. ‘BB’ torna, vede e vince l’Eccellenza, riporta l’Entella in serie D. Sarebbe una chiusura da favola, ma c’è un inconveniente. Ancora una volta è una questione extracampo.
Mister Baveni ci ripensa con amarezza. “Avevo iniziato la stagione con i migliori propositi ma presto mi accorsi che il nuovo ‘padrone del vapore’, quel signore straniero il cui nome ora mi sfugge (il diabolico Bruno non si ricorda o ‘finge’ di non ricordare, ndr), e il sottoscritto avevano una visione del calcio diametralmente opposta, idee inconciliabili, e levai il disturbo”. Il signore era Ricardo Omar Ciancilla, a fine campionato l’Entella retrocede e due anni dopo addirittura non si iscrive all’Eccellenza.
Baveni socchiude gli occhi e aggiunge: “Un dolore quasi fisico, ma sapevo che l’Entella sarebbe tornata. E quando ho visto che Antonio Gozzi si faceva avanti non ho avuto dubbi, ho chiesto di poter collaborare con il settore giovanile, vedere se potevo essere utile mettendo a disposizione dei ragazzi la mia esperienza”.
Come dubitarne? Vuole dedicarsi ai più piccoli, allena assieme a Vincenzo Melidona gli Esordienti Regionali. “Quando sono alla Colmata a Mare e vedo una nuova nidiata che tira i primi calci al pallone mi commuovo, mi sento bene, sono il futuro e mi ‘scaldo’ stando accanto al loro entusiasmo incontaminato”.
Potrebbe raccontare moltissimi aneddoti ma la sua ritrosia da sestrese di altri tempi glielo impedisce. Chissà cosa penserebbero i ragazzini se raccontasse di una sera di settembre di 33 anni fa, quando guidò l’Entella di C2 nel match di Coppa Italia contro lo Spezia di C1. Da una parte i poco amati cugini con il gruppo dei ‘fuggitivi’ – il vicepresidente e sponsor Elce, l’allenatore Ventura, giocatori di enorme valore come Guerra, Stabile e Spalletti – dall’altra una squadra formata da ragazzi del posto e molte scommesse scovate da lui e Comini. Il Comunale era strapieno, c’erano tifosi pure sugli alberi. Contro ogni pronostico l’Entella aveva vinto il derby di andata. Il clima era torrido e non solo per l’afa. L’epica narra che Baveni negli spogliatoi tenne un breve ma efficace discorso: “Loro hanno i soldi e hanno la forza, ma stasera qui non passano”.
Vinse l’Entella 1-0.
(d.s.)