Comincia questa settimana il nostro viaggio nell’entroterra alla scoperta di realtà tenaci, combattive e in controtendenza. Oggi tocca alla storia del Bosco Fontana, caso più unico che raro. Una proprietà che si potrebbe immaginare demaniale è in realtà indivisa tra gli abitanti dei paesi che hanno dato vita a una fondazione per salvaguardare non solo il bosco ma anche produrre risorse da mettere al servizio della comunità intera. Il terreno, che si estende per oltre 300 ettari, si trova sopra al Lago della Lame, al confine con il Monte Aiona, nel Comune di Rezzoaglio.
di ALESSANDRA FONTANA
La storia del Bosco Fontana è un’epopea cominciata quarant’anni prima della scoperta dell’America. Una vicenda custodita nel cuore della Val d’Aveto, a Rezzoaglio, con un passato (anche molto recente) fatto di tenacia, sacrificio, tradizione, dedizione e battaglie. E di certo lo spirito battagliero non manca agli abitanti delle frazioni di Villanoce, Cerisola e Villarocca che in questi anni hanno dovuto difendere la proprietà indivisa del Bosco dai fedautari Doria, dall’amministrazione imperiale durante l’occupazione francese, dal Comune di Santo Stefano (di cui allora facevano parte le frazioni) e dalla scorsa amministrazione di Rezzoaglio, solo per citarne alcuni. Questa vicenda comincia con quattro atti di proprietà datati 1451, 1452, 1453: Gherardo e Opicino Fontana acquistarono il cosiddetto Bosco Grosso o Bosco Fontana. Bosco che ancora oggi è in mano ai discendenti dei Fontana, ovvero agli abitanti delle tre frazioni della Val d’Aveto: 330 ettari di patrimonio boschivo dal valore, per i proprietari e non solo, inestimabile. Una risorsa che la neonata Fondazione vuole mettere a disposizione della comunità e che rappresenta un unicum nel panorama della zona e non solo. “La Fondazione è nata a giugno di quest’anno – racconta Giorgio Fontana (a sinistra nella foto in alto) ripercorrendo la storia più recente – ma prima avevamo raccolto le firme contro gli usi civici disposti dall’allora Sindaco di Rezzoaglio nel 2017”.
Come spesso accade le difficoltà, quando c’è la volontà, possono trasformarsi in opportunità. Nel 2018 la delibera venne annullata ma il tempo per cantare vittoria fu pochissimo: “Nel 2021 abbiamo scoperto che la precedente amministrazione aveva preso accordi per la realizzazione di una centralina idroelettrica all’interno della nostra proprietà” ma anche questa volta i conti erano stati fatti senza l’oste: “È cominciata così la trattativa portata avanti dai referenti e abbiamo raggiunto un accordo con la società”, conclude il membro della Fondazione.
La storia del Bosco Fontana però non è il resoconto di difesa di una proprietà è molto di più e per capirlo basta guardare lo stemma pensato dal presidente Fabrizio Bottari (a destra nella foto in alto): “L’orgoglio dell’appartenenza, la diversità dei paesi che non divide ma unisce gli abitanti”. La Fondazione, nata per trattare con l’azienda che rappresenta le centraline, è diventata ben presto lo strumento per il rilancio dei paesi, della valle intera grazie al coinvolgimento di un centinaio di famiglie con età, stili di vita e professioni completamente diverse, ma tutte unite dal senso di appartenenza a una terra meravigliosa ma difficile da rianimare, almeno sulla carta. Ed è proprio questa la visionaria scommessa degli eredi Fontana che nella mappa dei loro terreni non hanno visto un semplice bosco improduttivo, ma un’importante risorsa, anche economica, per lo sviluppo di questa parte di entroterra.
La Fondazione nel cassetto non ha sogni, solo progetti: “Abbiamo fatto di recente due riunioni nei paesi – continua Bottari – i temi centrali sono stati la regolamentazione del taglio delle piante nel bosco e il restauro dell’ex scuola di Cerisola e Rocca che grazie a bandi mirati potrebbe diventare non solo la sede della fondazione ma anche un posto a gestione mista con l’Università degli studi di Genova”. Sì perché se sul fronte taglio di legna non cambierà sostanzialmente nulla per gli aventi diritto, dal punto di vista pratico la vera novità riguarderà l’edificio che si trova a Cerisola. Attualmente infatti il Bosco Fontana è oggetto di studio: alcuni dottorandi stanno dedicando tempo ed energie per ricostruire la storia del terreno e analizzare sia i documenti dal punto di vista storico sia l’area dal punto di vista archeologico. “L’ex scuola servirebbe anche per divulgare questi studi, valorizzare il territorio e perché no magari organizzare anche alcune mostre. L’idea è quella di far vedere alle persone che qui in valle possono scoprire tantissime cose nuove, a volte persino uniche”.
I passi da compiere sono tanti, ma la voglia di intraprendere questa scalata non manca e i membri della Fondazione stanno anche raccogliendo qualche risultato: “Finalmente dopo tanti anni l’ex scuola ha il suo comitato: 11 persone lo hanno rimesso in piedi, non esisteva più dalla fine degli anni Ottanta”.
E questo è solo il primo tratteggio di un disegno più ampio: la valorizzazione della valle. “La Fondazione è a tutti gli effetti uno strumento per partecipare a bandi, gare, ottenere fondi, fare tutto quello che prima non avremmo potuto” spiega come un fiume in piena Bottari che sogna di poter dare ai turisti un pacchetto completo: “Giornate tra mostre, escursioni e magari menu ad hoc nei ristoranti dei paesi”. Al di là quindi della salvaguardia, della manutenzione e della valorizzazione del bosco, Bottari, che parla a nome della Fondazione, pensa al turismo e alla divulgazione tramite esposizioni, eventi, periodici e non solo.
Al centro della Fondazione c’è sì l’amore per la valle, ma soprattutto il senso di comunità. In controtendenza con lo spirito del tempo che ci vuole competitivi, individualisti, interessati sempre più al proprio orto e sempre meno a ciò che succede agli altri, la Fondazione del Bosco Fontana dà una lezione a tutti quelli che credono il futuro sia in città, sia nella solitudine e nella comodità di una vita in cui tutto è già progettato. Una manciata di uomini ha osato pensare fuori dagli schemi: “E se invece che limitarci a usare il bosco per tagliare la legna facessimo qualcosa per tirare fuori dall’oblio i nostri paesi? Per aiutare le famiglie discendenti dai Fontana?”.
Ed è così che una sfida si è trasformata in un’unione creativa ma organizzata, un gruppo che rompe ogni stereotipo: la campagna, negli anni recenti sempre associata al passato, che guarda al futuro delle generazioni: “La Fondazione persegue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale – si legge nello statuto – Amministra il proprio patrimonio al fine di perseguire il miglioramento delle condizioni sociali, economiche e culturali delle famiglie aderenti alla Comunione e delle comunità locali, incentivando la partecipazione attiva dei suoi membri alle attività della Fondazione. I beni agrosilvopastorali detenuti a qualsiasi titolo dalla Fondazione, con particolare riferimento a quelli costituenti il patrimonio antico, sono gestiti dall’Ente al fine di garantirne la conservazione nello stato ottimale per le future generazioni e di valorizzarne le potenzialità produttive compatibili con la loro tutela”.
La Fondazione è aperta a tutti e ci sono diversi modi per supportarla: aderire se si è discendenti e quindi proprietari, o essere sostenitori. Come? Prestando la propria opera o effettuando donazioni, facendo si che una storia cominciata sei secoli fa non finisca mai e anzi si arricchisca di nuovi importanti capitoli.
LO STEMMA
Lo stemma è costituito da un albero di faggio, la specie arborea più diffusa nel Bosco Fontana, le cui ramificazioni riproducono il reticolo idrografico dell’alta valle del torrente Rezzoaglio. Nella metà di sinistra il faggio ha il suo colore naturale grigio-argentato su uno sfondo verde chiaro che riproduce la tonalità primaverile delle sue foglie; nella metà di destra l’albero diventa di colore celeste e lo sfondo marrone, a rappresentare l’acqua che scorre sul terreno della faggeta. Le foglie distribuite sulle ramificazioni rappresentano le famiglie appartenenti alla Comunione.