di ALBERTO BRUZZONE
Lunedì scorso i principali social network, Facebook e Instagram, sono andati fuori uso per oltre sei ore e, con essi, pure WhatsApp, la principale applicazione di messaggistica istantanea a livello mondiale. In pratica, tutta la ‘galassia’ di proprietà di Mark Zuckerberg è andata in down e questo ha causato un’immensa perdita, in termini di denaro. Hanno invece continuato a funzionare Twitter, Telegram, gli sms ma soprattutto le e-mail.
Già, le e-mail, il primo e pionieristico strumento di comunicazione ‘one to one’ quando nacque la rete. Pareva che con un WhatsApp sempre più performante, con Messenger, Snapchat e tutte le altre applicazioni, la posta elettronica fosse destinata a passare definitivamente in terzo o in quarto piano, invece il mondo del web è talmente fluido e in rapida evoluzione che le e-mail sono tornate di gran carriera, a fare il bello e il cattivo tempo (ma quasi sempre solo il bello).
E sono tornate a farlo sotto forma di newsletter, uno strumento di comunicazione agile, moderno, semplice e completo, soprattutto pulito da pubblicità e da ogni altra informazione che non ci interessa e che ci intasa il feed sui social network.
Alle newsletter – che siano settimanali, giornaliere, quindicinali o mensili – ricorrono le grandi aziende, i principali gruppi editoriali, i politici, le catene commerciali, ricorrono sempre più realtà che intanto fidelizzano la loro platea attraverso il loro database di indirizzi di posta elettronica, e poi veicolano messaggi assolutamente personalizzati e diretti, senza nessun filtro esterno, senza bisogno di sponsorizzazioni, andando direttamente a finire laddove si vuol finire, e spesso rappresentando un servizio prezioso.
La ‘rivoluzione’ portata dalle newsletter, complice anche un ambiente dei social network sempre più ‘inquinato’ dalle fake news, dalle castronerie, da una certa aggressività nei toni e nei contenuti che piace sempre meno, nasce negli Stati Uniti ma è ampiamente arrivata pure in Italia. Nel nostro piccolo, noi di ‘Piazza Levante’, con il nostro slogan ‘Glocal no social’, abbiamo sempre lasciato fuori i social network e sin dalla nostra nascita, 186 numeri fa, abbiamo fatto ricorso alla newsletter.
Ma ci sono aziende di comunicazione che hanno iniziato anche prima, che hanno percorso questa strada con largo anticipo, che hanno capito dove sarebbe approdata la comunicazione e, pur tra le perplessità dell’epoca, hanno proseguito per la loro strada, dimostrando che, alla fine, avevano ragione loro. Una di queste si chiama Mirandola Comunicazione ed è stata fondata da Marisandra Lizzi, esperta di comunicazione e pubbliche relazioni che ha lavorato e continua a lavorare a lungo con le pubbliche amministrazioni.
Di Mirandola è il progetto ‘iPressLIVE’, che nasce nel 2010 come una sorta di faro per rielaborare e dare un senso compiuto all’immensità di contenuti che si trovano sulla rete. Siamo agli albori dei servizi di newsletter perché ‘iPressLIVE’ scandaglia, attraverso l’intelligenza artificiale, un mare magnum di rassegne stampa, associa le firme agli articoli, riordina argomenti, autori, sezioni, il che consente di andare poi a creare contenuti personalizzati a seconda delle richieste della propria clientela.
“Quando ho presentato il mio business plan ai venture capital – ricorda Marisandra Lizzi – mi dissero che da una parte era troppo presto per la tecnologia, dall’altra troppo tardi per accedere ai finanziamenti facili, visto che era da poco scoppiata la bolla speculativa. Poi, con il passare del tempo, Mirandola è riuscita a sostenere il progetto con le proprie forze. Avevamo ragione noi, perché ‘iPressLIVE’ ha preso campo e oggi sono moltissime le realtà con le quali lavoriamo e per le quali creiamo newsletter”.
C’era bisogno “di uno strumento veloce, agile, che finisse sui cellulari dei manager e che contenesse solamente quello che era di loro interesse. Una sintesi delle notizie di determinati settori che fosse non superficiale ma al tempo stesso che fosse chiara ed esauriente”.
E qui entra il gioco il ‘fattore umano’, entra in gioco cioè quella sensibilità e quella capacità di discernimento, oltre che di gusto e di curiosità, che non può avere un algoritmo. A fare da perno è un bravo giornalista genovese, Raffaele Castagno. È lui che da ‘iPressLIVE’ fa nascere puntualmente la newsletter Binario 9 e ¾: “La abbiamo chiamata con un riferimento ad Harry Potter – osserva Marisandra Lizzi – perché bisogna lanciarsi con grande fiducia nei progetti, così come bisogna avere grande fiducia per entrare nei mondi fantastici. Ogni giorno processiamo migliaia di rassegne stampa, per poi selezionare quanto c’è di più interessante e proporlo ai nostri iscritti”.
“Tutto questo tre anni fa era considerata ‘vecchia Internet’ – commenta Raffaele Castagno – mentre adesso la newsletter è lo strumento di comunicazione per eccellenza”. Finirà mai? Secondo Marisandra Lizzi, “finirà quando ce ne saranno troppe, come in tutte le cose, ma adesso la newsletter funziona”.
Binario 9 e ¾ ha cinque appuntamenti settimanali: si parte lunedì con ‘Young’, per studenti di scuole superiori e università (attualmente è in fase di beta testing con 300 iscritti); martedì è la volta di ‘InnovUp’, destinata a startup, imprenditori e founder (900 iscritti); mercoledì si passa a ‘Comunicazione’, per giornalisti, pr e accademici (535 iscritti); venerdì ecco ‘eCommerce’, per founder, manager, stakeholder (702 iscritti), e anche ‘Scuola’, per il mondo della scuola, delle università, di insegnanti, ricercatori e mondo scientifico (12.200 iscritti).
Raffaele Castagno ricorda: “Quando la newsletter iniziò a muovere i primi passi non mancarono, soprattutto tra gli addetti ai lavori, le perplessità. Per quanto mi riguarda, da un lato ero consapevole che le newsletter erano sotto certi aspetti un prodotto ‘old fashion’ della Rete, legato alla protostoria se non alla preistoria di Internet. Al contempo però ero curioso di sperimentare questo strumento che per me era totalmente nuovo. Come giornalista fino ad allora avevo scritto di omicidi (purtroppo), politica, intervistato capitani d’industria, scrittori e startupper, raccontato il fallimento di una squadra di calcio (il povero Parma, poi per fortuna risorto dalle ceneri); mai però una newsletter, alla quale mi sono avvicinato con lo spirito del buon vecchio capitano Picard, pronto ad esplorare nuovi mondi, con curiosità, mente aperta e molta umiltà. E di numero in numero, Binario sembrava sempre meno un’idea folle e sempre più una valida intuizione. E soprattutto uno strumento che rispondeva a una domanda – spesso anche da parte di persone di altissimo livello professionale e culturale – che avevano bisogno di trovare una modalità di lettura che fosse meno in mano alla ‘casualità’ algoritmica dei social”.
Oggi le newsletter sono diventate uno dei principali canali di informazione, un nuovo modo di raccontare, di fare comunicazione e anche giornalismo. “Non esiste, credo, un metodo scientifico per la selezione degli articoli, né penso ci siano particolari segreti per costruire una buona newsletter, salvo uno: leggere, leggere e ancora leggere. Scelgo un contenuto perché mi incuriosisce, perché mi stimola a vedere le cose da una prospettiva diversa, perché magari evidenzia un problema che neppure intuivo come tale. Scelgo un testo, un video, un podcast, un’altra newsletter con la speranza che possa suscitare nuovo pensiero”.
C’è bisogno di ordine e criterio, nel vasto e tempestoso mare della rete. Lunga vita alle newsletter e a chi le prepara.