CR7 può attendere. C’è LB9 che si è portato avanti, anzi ha già tagliato il traguardo. Cristiano Ronaldo è venuto in Italia con il chiaro intento di far vincere alla Juventus quella Coppa Campioni – per i Millenials è la Champions League – che manca da 22 anni, Luca Bellini, capitano della Pro Scogli Chiavari – a pieno diritto la ‘Vecchia Signora’ della Canoa Polo – non promette, fa: ha portato la sua società alla conquista della sua prima Coppa Campioni (Champions League, se proprio ci tenete).
Un trofeo che Luca inseguiva da sempre, in pratica dal giorno in cui si sedette nello stretto pertugio di una canoa e capì che quello che per altri era una cintura di costrizione per lui era una piattaforma che lo spingeva verso imprese mai viste in uno sport in ascesa rapida, ma non rapida quanto il suo balzare al centro della scena e dominarla.
Il suo curriculum è stupefacente: a soli 15 anni fa il suo esordio in A. E’ il 1997 e la Pro Scogli si piazza terza nelle finali scudetto. E’ il vagito di un fenomeno che dodici mesi dopo contribuisce a cucire sul petto dei chiavaresi il primo scudetto. Negli anni successivi la squadra segna il passo, vengono a mancare importanti sostegni finanziari, si riparte quasi da zero con forze più giovani, reperite nel settore giovanile. Una nuova leva di campioni come Andrea Bertelloni e Marco Porzio che arriva a maturazione a fine del nuovo decennio. Nel frattempo c’è una sola certezza, Luca Bellini, diventa capitano nel 2002, e nel 2003-2004 si carica la Pro Scogli sulle spalle per altri due scudetti. E’ il più forte in Italia, ma è solo l’inizio.
Va in Nazionale maggiore, partecipa al Mondiale 2002, dove si laurea capocannoniere. Si esce dalle statistiche si entra nel mondo dei ‘fenomeni’: con la Pro Scogli vince altri sei scudetti, tre consecutivi dal 2016 a oggi, nelle ultime dodici edizioni il club sale sempre sul podio, ha varcato la soglia delle 2000 reti, di gran lunga il miglior marcatore nella storia della serie A.
In Nazionale partecipa a quattro edizioni dei World Games e a sette Mondiali, per cinque volte è capocannoniere della rassegna, al sesto tentativo, nel 2016 conquista, da capitano degli azzurri, il titolo iridato, quello continentale se lo era aggiudicato sempre alla guida degli azzurri nel 2009.
I giudizi sulle sue prestazioni sono unanimi, è ‘il migliore’. Fioccano i premi: medaglia di Bronzo, d’Argento e d’Oro al valore atletico del Coni, per sette volte la Regione Liguria lo incorona come atleta dell’anno.
Diventa un’icona per i canoisti di tutto il mondo. Quasi inevitabile la commercializzazione della sua fama: crea con il socio Joseph Amoruso una startup nel settore dell’abbigliamento sportivo, naturalmente mirata a chi pratica discipline in acqua e all’aperto, indumenti e prodotti che possano aiutare chi passa molto tempo ‘in umido’.
I praticanti di canoa e kayak, surf, windsurf e vela cominciano a notare quel marchio: ‘LB9’ ossia Luca Bellini e il numero della sua maglia, nella Pro Scogli e in Nazionale. Il parallelo con quell’altro è asimmetrico, qualche anno di meno e qualche milione di euro in più nel conto in banca per il portoghese.
Eppure un modo per staccarlo ci sarebbe. CR7 ha vinto tantissimo ma non ha vinto tutto, soprattutto non ha vinto sempre con la stessa squadra. Bellini invece… sì. E nell’estate 2018 decide di fare ‘all in’: ha una motivazione ancora più potente, sta per diventare papà, la sua compagna Alessandra è in dolce attesa.
A inizio agosto ai Mondiali sfiora con l’Italia il bis storico, è argento, sino a poco tempo fa sarebbe stato un evento da celebrare, oggi è quasi un rimpianto. Poi l’otto e nove del mese in corso c’è l’ultimissimo appuntamento della stagione: il round finale di Coppa Campioni.
La Pro Scogli e Luca ci hanno provato già 14 volte, e per 14 volte sono stati respinti, salendo sul podio ma mai sul gradino più alto. Solo il Posillipo, delle italiane, ha fatto centro, nelle edizioni 2002 e 2006. Si gioca nel bacino di canottaggio a Nottingham, nel cuore dell’Inghilterra.
La parola passa al protagonista che fa sembrare semplice quella che è l’impresa delle imprese: per mettere le mani sul trofeo ha dovuto superarsi, tirare fuori colpi che forse neppure lui sospettava di avere. “Il campo degli avversari era tosto come non mai e si sa che in un torneo di 48 ore bastano pochi minuti di disattenzione per rovinare un anno di preparazione. Noi ci siamo presentati con una formazione molto forte, soprattutto molto coesa: oltre a me, Alberto Simone Baroni, Andrea Bertelloni, Mattia Garrone, Filippo Guelfo, Jan Eirck Haack, Robert Pest e Marco Porzio”.
Le prime partite fanno capire che il mood è quello giusto: 7-2 nel derby con il Catania, soprattutto 6-1 con l’Essen campione d’europa uscente. Luca Bellini capisce che è il momento dell’ora o mai più. “Dopo i tedeschi siamo avanzati verso la finalissima come un rullo compressore. Il guaio è che ci capita il Foa Liverpool. Dovevamo giocarci la coppa contro gli inglesi, il pubblico era logicamente schierato dalla loro parte. Ho detto solo ai miei: giochiamo come se non ci fosse un domani. Segna per noi Haak, loro pareggiano. Mancano 50 secondi alla fine, realizzo e penso che sia finita. A 20 secondi loro riescono a pareggiare. Tremendo. Eravamo esausti, se andavamo all’over time la beffa era una concreta possibilità. Loro gestiscono il pallone con questo preciso scopo, quando il tabellone dice che mancano 3 secondi alla sirena, mi passano la palla a centrocampo e…”. Scatta l’istinto del fuoriclasse, quello di fare una cosa che non si fa, che non si può fare, che i manuali e i coach di tutto il mondo ti vietano anche solo di pensare. “Vedo che il loro portiere non pensa a difendere la rete (con la pagaia per coprire la porta da 1×1,5 metri sospesa a 2 m di altezza N.d.R.). Carico il destro e al volo appena ricevuto il passaggio tiro con tutte le forze che mi restano. La palla entra”.
Sono circa 20 metri di distanza. Provate voi non seduti in un canoa, ma in piedi e sulla terra a centrare con una sfera di 450 grammi un rettangolo di circa 2 metri quadrati e poi capirete… “Ho seguito con gli occhi la traiettoria una frazione prima del gol ho alzato le braccia al cielo. Ora era veramente finito. Il lungo inseguimento alla Champions era terminato”. Luca Bellini, l’uomo dal braccio d’oro ha 36 anni. Ha vinto tutto e lo ha fatto con una sola società, quella che a soli dieci anni seguiva nelle trasferte europee interminabili su un pullmino scassato assieme al ‘gemello’ Porzio.
In un mondo perfetto dovrebbe essere CR7 a ispirarsi a LB9. Nell’universo reale ci si accontenta della sua sobria celebrazione di un gol che è già nella storia di questo sport. Non si è messo il pallone sotto la maglietta come è usanza (stucchevole) dei calciatori che stanno per diventare papà. Luca non ci ha nemmeno pensato – le sue gioie (Alessandra e la piccola stella in arrivo) se le tiene per sé – eppure quasi si giustifica: “Sarebbe stato un gesto impossibile da fare visto il nostro abbigliamento da gara”. Come si fa a non stimare uno così?
(d.s.)