di ALBERTO BRUZZONE
Ripartenza. È questa la parola d’ordine, in tutto il Paese, l’imperativo categorico di chi si trova in ginocchio ma non vuole finire con la faccia per terra. Ripartenza per rimettersi in moto, per salvare il salvabile, per dare un segnale concreto di resilienza.
Il Tigullio è pronto a fare la sua parte, a cominciare dalle grandi aziende, per arrivare alle medie e alle piccole imprese. Sono già tutti posizionati ai nastri di partenza, in attesa del via ufficiale, che dovrebbe essere il 4 maggio.
Gli imprenditori contano i giorni, i lavoratori anche. E intanto sono cominciate le opere di sanificazione necessarie di tutti gli ambienti, mentre il ‘colosso’ Fincantieri, vale a dire la realtà industriale principale da queste parti, ha ripreso l’attività lunedì scorso.
L’altra parola d’ordine è sicurezza. La terza è prevenzione. Nel numero scorso di ‘Piazza Levante’, il nostro editore Antonio Gozzi ha sostenuto una tesi che sta trovando amplissimo riscontro sia tra i datori di lavoro che tra le organizzazioni sindacali.
Secondo Gozzi, “le fabbriche, con l’adozione del protocollo del 14 marzo Confindustria-Sindacati, che prevede regole per lo svolgimento in sicurezza dell’attività lavorativa in tempi di Covid-19, fatte di distanziamenti, presidi, protezioni, revisioni dei layout e degli assetti organizzativi, controlli continui ecc., sono luoghi più sicuri di molti altri. Nelle imprese che lavorano ci sono stati casi di contagio e trasmissione del virus? Non mi pare, anche perché se fosse successo lo sapremmo”.
E, sul tema della prevenzione, il nostro editore aggiunge: “Tamponi e test sierologici saranno gli strumenti principali di questa nuova fase. Una delle maggiori difficoltà sarà trovare, oltre che tamponi e test, i contesti organizzativi idonei e strutturati per gestire queste attività nei confronti di vasti gruppi di popolazione. Cosa di meglio delle imprese come luoghi idonei a queste rilevazioni e dei lavoratori (rigorosamente su base volontaria) come campioni significativi? Il costo, non secondario, di questi test potrebbe essere sostenuto dalle imprese scaricando così le esauste casse dello Stato”.
Il caso di Arinox – Arvedi
Sul Tigullio, andando a indagare, opera in questo senso un’azienda modello, che si propone di fare da capofila a tutte le altre e che viene già indicata dalle organizzazioni sindacali come esempio da seguire. Si tratta della Arinox del Gruppo Arvedi: una realtà che ha continuato a operare, anche in piena emergenza, seppur a ranghi ridotti, spesso anticipando protocolli che sono stati poi adottati a livello nazionale.
Massimiliano Sacco è l’amministratore delegato di Arinox, nonché presidente del Gruppo Territoriale del Tigullio di Confindustria. “Noi – racconta – come Gruppo Arvedi, in piena sintonia con tutte le altre aziende e con il Cavalier Arvedi, abbiamo adottato dei protocolli sanitari già a partire dal 23 febbraio scorso, quando era ancora tutto operativo, tutto aperto e la fase di emergenza e di lockdown era ancora lontana. Le varie misure, che sono tuttora operative, prevedono: misurazione obbligatoria della temperatura corporea per chiunque entri in fabbrica; blocco di ogni tipo di visita da parte del nostro personale a fornitori esterni; blocco degli accessi in azienda, a parte i dipendenti o i manutentori in casi eccezionali; mascherine chirurgiche per tutti e mascherine di tipo FFP2 per chi sia più a contatto con persone dall’esterno, come chi sta presso la portineria; obbligo per autisti e corrieri di non scendere dal proprio mezzo; mantenimento delle distanze interpersonali di almeno un metro; kit igienizzanti per tutti; sanificazione delle docce e degli spogliatoi alla fine di ogni turno. Siamo partiti in anticipo anche rispetto a parecchie misure dei vari DPCM. È chiaro che il rischio zero non esiste. Ma la prevenzione è essenziale. È un fatto di responsabilità da parte dell’azienda stessa, verso i propri lavoratori e anche verso l’esterno”.
Oltre a questo, Arinox è stata capofila pure su un altro progetto: “Appena i test sierologici sono stati resi disponibili anche per i privati, abbiamo pensato di offrirli a tutti i nostri dipendenti, al fine di avere un quadro della situazione al nostro interno e poter contribuire a livello statistico generale. Su 245 lavoratori, 200 circa hanno accettato di sottoporsi al prelievo ematico. Lo abbiamo esteso pure al personale della mensa e alle persone che si occupano di pulizia e di sanificazione”.
I risultati? “Un positivo IgG, ovvero con anticorpi non recenti rispetto al Coronavirus; due positivi IgM, ovvero con anticorpi recenti rispetto al Coronavirus e quindi possibile infezione in atto; tutti gli altri negativi. Le due persone ‘sospette’ sono state messe in quarantena e successivamente sottoposte a tampone da parte dell’Asl 4. È questa, secondo noi, la strada da seguire nella cosiddetta Fase 2: test sierologici per tutti e tamponi per i casi sospetti, con una grande collaborazione tra pubblico e privato”. Dovrà essere questo, a detta di molti, il concetto chiave per una giusta ripartenza, “anche perché ora le condizioni ci sono e comunque con questo virus dovremo convivere per almeno dieci mesi, sino a quando non verranno trovate o una cura o un vaccino”.
Test sierologici a tappeto: la proposta per Fincantieri
Sulla necessità dei test sierologici ‘a tappeto’ si è espresso con forza, nei giorni scorsi, anche Omar Di Tullio, segretario della Fim Cisl Tigullio: “In Fincantieri – afferma – sono state applicate con estrema precisione tutte le misure contenute nel protocollo firmato lo scorso 14 marzo tra Cgil, Cisl, Uil e Governo. Vale a dire: misurazione della temperatura corporea, obbligo delle mascherine, lavoro da casa per quanto possibile, diluizione su più turni e su più giornate. Abbiamo chiesto all’azienda la possibilità di valutare attività a ranghi ridotti, tutto è stato verificato sul campo e le misure stanno funzionando bene. Io credo che lavorare in una grande azienda sia per certi aspetti più sicuro anche di andare al supermercato. Anche perché la necessità è quella di ripartire. Non si può tardare oltre, non è assolutamente possibile. Attualmente, si sta lavorando con circa duecento lavoratori a turno, cinquecento a fine giornata, quando il pieno regime è di circa ottocento. Abbiamo proposto di aggiungere anche un turno di notte. Le cose così dovrebbero andare. In più, cosa che è fuori dal protocollo, chiediamo con forza che tutti vengano sottoposti al test sierologico, com’è stato fatto alla Arinox. Sono le grandi aziende che devono dare l’esempio. Mappare una realtà importante come Fincantieri sarebbe preziosissimo”.
Quanto al quadro generale, è indubbio che la crisi c’è già e si farà ancor più sentire: “Solo come Cisl Tigullio abbiamo firmato duecento richieste di cassa integrazione. Per adesso le aziende sono coperte, anche quelle medie e quelle piccole. Bisognerà vedere tra qualche mese che cosa accadrà. È ancora troppo presto per dirlo”.
Una crisi peggiore del 2008
C’è una previsione di un 20/30 per cento di aziende che non riusciranno a ripartire. “Ma è prematuro fare un quadro preciso – conferma Domenico Del Favero, responsabile per il Tigullio della Cgil – Certo, ci saranno problemi ben peggiori anche rispetto alla crisi del 2008, anche perché si tratta di una crisi completamente differente. Non basterà ripartire e basta. Bisognerà ritrovare il proprio mercato, i propri clienti, adeguarsi alle misure di sicurezza, ai nuovi spazi di lavoro, ad evitare i concentramenti di persone. Non sarà semplice: occorrerà ripensare tutto. Noi, come sindacato, abbiamo fatto moltissime richieste di cassa in deroga, per quelle aziende e piccole imprese che sono l’anello più debole. Bisogna vedere come risponderanno nei prossimi mesi. Nel frattempo, manteniamo costantemente i riflettori accesi sugli effetti dell’accordo con l’Abi, ovvero l’Associazione Bancaria Italiana, affinché l’anticipazione di cassa sia effettivamente praticabile e praticata”.
L’altro tema, anche secondo Del Favero, è quello della sicurezza: “Sì, perché sicurezza sul lavoro vuol dire un enorme contributo alla sicurezza di tutta la collettività. I testi sierologici, se attendibili e certificati, possono risultare sicuramente utili. Obbligatorio, invece, rispettare tutte le norme in fatto di dispositivi per la protezione individuale. Su questo non bisogna assolutamente transigere”.
Il comparto turistico preoccupa
Un tema, quest’ultimo, che Massimiliano Sacco tocca come guida di Confindustria nel Tigullio: “Al 4 maggio bisognerà farsi trovare tutti pronti. Con aree disinfettate, distanziamento per tutti, mascherine e quant’altro. Ma credo che la piena volontà ci sia. Le aziende non vedono l’ora di riaprire. Bisognerà fare la conta dei danni, i consumi in questi due mesi sono crollati. Sarà una situazione senza precedenti. A livello nazionale, si parla di un crollo del prodotto interno lordo di oltre il 10 per cento. Non credo che il dato del Tigullio sarà molto lontano da questo. A preoccupare sono soprattutto gli operatori del settore turistico e recettivo. Gli albergatori, in particolare, che sono legati alla nostra organizzazione. A loro non basterà riaprire. C’è tutto il tema degli spostamenti. Che senso ha riaprire se puoi non ci si potrà muovere tra comuni e tra regioni? Nessuno ha prenotazioni per giugno e luglio. Lo Stato, in questo senso, dovrà dare indicazioni molto chiare, perché parliamo di una fetta di persone e di indotto molto molto alta e importante, per tutta la nazione”.
Conosce benissimo il tema Andrea Fustinoni, che fa parte del Consiglio Direttivo di Confindustria Tigullio e che è managing director del Gran Hotel Miramare di Santa Margherita, nonché vice presidente del Gruppo Albergatori di Santa e Portofino, che aderisce a Federalberghi: “Per noi non è importante solo la data della ripartenza, ma anche quella dello sblocco degli spostamenti. Perché, altrimenti, per chi gestisce strutture alberghiere sarà veramente difficile poter immaginare una stagione. Già abbiamo messo una croce sopra agli stranieri, per quest’anno. Speriamo almeno di salvarla un minimo con i turisti italiani. Ma prima, come detto, bisogna che siano consentiti gli spostamenti tra regioni. Mi sembra che siamo veramente a una fase prematura”.
Secondo Fustinoni, poi, “c’è anche un altro aspetto da non sottovalutare: ovvero la disposizione degli spazi negli alberghi, delle sale comuni, degli stabilimenti balneari. Tutto dev’essere ripensato. Al momento, il quadro è molto confuso. Aspettiamo indicazioni da parte del Governo e poi speriamo di sederci a un tavolo e iniziare a metter su una trattativa”.
C’è anche tutto l’aspetto lavorativo da tenere in conto: “Al momento, è chiaro che sono ferme tutte le assunzioni. Si deve prima capire quando si potrà partire e, successivamente, si valuterà con quanto personale. Molti percepiscono l’indennità di disoccupazione, ma siccome questa è parametrata al periodo lavorato, per parecchi sta pure finendo. E, al tempo stesso, non possiamo garantire che possano ricominciare a lavorare. È un gran problema per tutti”.