di ALBERTO BRUZZONE
“Questo è un danno, per la Liguria, anche peggiore rispetto al Coronavirus”. Ieri, alla Camera, il deputato ligure della Lega, Edoardo Rixi, non l’ha certo toccata piano, parlando della drammatica e allucinante situazione delle autostrade liguri in queste settimane.
Eppure, l’esponente del Carroccio non solo ha reso perfettamente l’idea, ma ha pure detto qualcosa di condivisibile: perché, se presa ovviamente solo dal punto di vista economico, la situazione che si è venuta a creare nella nostra regione – con chilometri e chilometri di code in tutte le direzioni, ispezioni a tappeto, chiusure selvagge e molto spesso neppure annunciate, cantieri che avanzano a ritmo lentissimo, intere tratte su una sola corsia, carreggiate off limits, deviazioni e tanto altro – è un danno, per le attività industriali, per le attività recettive e turistiche, per le attività produttive e commerciali in generale, decisamente superiore anche rispetto ai mesi del lockdown.
La Liguria è stata colpita una seconda volta, e nella maniera peggiore: non solo perché non si sa quando tutto questo finirà, ma anche perché non si capiscono le ragioni di una simile concentrazione di ‘lavori’. La parola è scritta appositamente tra virgolette, in quanto spesso i cantieri, sia sulla A12, che sulla A10, che ancora sulla A26 e sulla A7, sono completamente deserti. Si chiudono le tratte, insomma, e poi nessuno ci lavora realmente.
Come mai è potuto accadere tutto questo, all’inizio di una stagione turistica che parte già ampiamente travagliata per tutte le ben note vicende legate al Coronavirus, e che quindi impone tutta una serie di misure legate al divieto di assembramenti, al mantenimento del distanziamento sociale e alle misure di sicurezza individuali? Erano proprio così impellenti tutti questi controlli, tutti insieme? Com’è lo stato delle autostrade della nostra regione? E come mai non ci si è messi al lavoro prima, magari sfruttando i mesi del lockdown? Come mai non ci si è messi al lavoro prima, magari nell’immediatezza del crollo del Ponte Morandi, primo campanello d’allarme (enormemente tragico, considerando i 43 morti) di una situazione di mancate manutenzioni che si protrae da decenni?
Sono queste, e molte molte altre, le domande che si fanno un po’ tutti: dagli automobilisti imprigionati per ore e ore nel traffico – sia autostradale che urbano, perché poi ovviamente le congestioni sulle tratte a pagamento causano ingorghi infiniti anche sulle tratte cittadine e interurbane – agli amministratori locali.
Il ‘dies irae’ di Carlo Bagnasco
Tra questi, c’è il sindaco di Rapallo, Carlo Bagnasco: nei giorni scorsi la sua città ha subito uno degli ‘schiaffi’ più eclatanti, uno degli affronti più palesi. Casello chiuso proprio in concomitanza delle festività della Madonna di Montallegro, ovvero l’evento più partecipato dell’estate cittadina.
Dopo un lungo tira e molla, si è arrivati alla chiusura completa, dalle 8 alle 22, solo per un giorno invece degli annunciati due, ma il contesto non ha impedito al primo cittadino, che è sempre molto battagliero, di avviare, con l’ausilio dell’avvocato chiavarese Luigi Cocchi, una richiesta danni a Società Autostrade.
“Ho dato mandato di procedere contro Autostrade – afferma Bagnasco – per i danni che la città di Rapallo ha subito, sta subendo e subirà in seguito alle chiusure di questo periodo. Non potevo esimermi dal compiere questo passo: ho il dovere di tutelare i cittadini, gli imprenditori, le categorie produttive, i turisti e tutti coloro che desiderano raggiungere Rapallo e il Tigullio”.
Secondo Bagnasco, che in questo frangente ha seguito l’esempio di un altro sindaco ligure, Luigi Gambino di Arenzano, “i danni procurati dal piano di manutenzioni di Autostrade, come risulta anche dalle previsioni economiche pubblicate nei giorni scorsi, saranno pesantissimi. Basti pensare alla scelta a dir poco sconsiderata di chiudere il casello di Rapallo nei giorni delle feste patronali: questa decisione creerà il caos e, oltre a penalizzare la nostra economia, impedirà di fatto a tante persone di partecipare a un momento molto atteso e sentito. Non potevo dunque aspettare oltre per compiere un passo che, ripeto, è un atto dovuto per Rapallo e per il Tigullio, territori che pagano caro, sulla loro pelle, l’incapacità decisionale del Governo e la guerra di posizione con il concessionario”.
L’azione congiunta dei Comuni del Tigullio
Bagnasco ha introdotto il tema del Tigullio e infatti la sua iniziativa si appresta a essere rafforzata grazie all’appoggio di altre amministrazioni del territorio: “Alla nostra richiesta danni – spiega – si uniranno anche Chiavari, Santa Margherita, Portofino e Recco, in modo da avere ancora più forza”.
Cinque comuni che denunciano Società Autostrade per disservizi e per mancata programmazione. Il tutto mentre le comunicazioni sono andate completamente in tilt. Non serve più scrivere, non serve più telefonare. I contatti sono stati interrotti. La situazione è gravissima.
Carlo Gandolfo, sindaco di Recco, osserva: “Per noi le chiusure selvagge sono una beffa e un disagio enorme. Le conseguenze le viviamo ogni notte sulla nostra pelle, con moltissimi camion e tir che si riversano in città. Abbiamo fatto denunce a conducenti di tir e di mezzi pesanti che hanno danneggiato rotatorie e arredo urbano. Contiamo di ottenere il risarcimento dalle rispettive assicurazioni”.
E Paolo Donadoni e Matteo Viacava, rispettivamente sindaci di Santa Margherita e di Portofino, aggiungono: “Risulta difficilmente comprensibile che questi lavori non siano stati portati avanti dai concessionari durante il lungo periodo di lockdown. Confidiamo che lo Stato e il Concessionario tengano conto delle necessità del nostro territorio, anche per rispetto delle amministrazioni e dei tanti operatori turistici e commerciali che stanno lavorando per la ripartenza”. Ma il rispetto, è evidente, è ormai andato a farsi benedire e mentre Società Autostrade non sa fare di meglio che chiedere scusa agli automobilisti, come ha fatto anche ieri, nel mirino finiscono il Ministero dei Trasporti e Palazzo Chigi.
Lo scontro in atto a Roma sulla concessione
Bagnasco lo ha accennato nella sua intervista e molto probabilmente il tema è proprio quello, al di là di ogni ragionevole dubbio. La Liguria, cioè, sta pagando il prezzo più alto in relazione allo scontro in atto tra Governo e Autostrade sul rinnovo o meno della concessione.
La nostra regione come campo di battaglia, insomma, di una trattativa estenuante, di un discorso partito il giorno dopo il crollo del Ponte Morandi su pressioni di una precisa parte politica, il Movimento 5 Stelle, che oggi non sa come uscire da questo casino.
Che cosa ha da dire, ad esempio, il sottosegretario chiavarese ai Trasporti, l’onorevole Roberto Traversi? L’impressione che si ha, è esattamente questa: una manifesta incapacità politica da una parte e un gioco assai scorretto dell’attuale gestore dall’altra, della serie “guarda quanti disagi posso provocare se non addiveniamo a un accordo”.
La battaglia dei sindaci liguri
Ieri, nel tardo pomeriggio, una rappresentanza di sindaci liguri, coordinati dall’Anci, ovvero l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, è stata ricevuta dalla ministra dei Trasporti, Paola De Micheli. Il sindaco di Genova e sindaco metropolitano, Marco Bucci, ha chiesto che, a partire dal 10 luglio, vengano lasciate due corsie libere per ogni carreggiata nella regione, aperte dalle 6 alle 22, con lavori di ispezione nelle ore notturne; che i lavori sulle strade statali avvengano in maniera sincronizzata con quelli sulle autostrade, per non creare blocchi totali alla circolazione com’è avvenuto nei giorni scorsi sull’Aurelia nel Levante genovese; infine, ha chiesto di sapere chi farà l’ispezione di viabilità sul ponte Morandi, per scongiurare che il viadotto, pronto a fine luglio, non possa poi essere aperto.
“Sarebbe una brutta figura nei confronti del mondo intero”, ha detto Bucci. Inoltre, Bucci ha chiesto che venga imposta ad Autostrade l’assunzione di personale per eseguire i lavori contemporaneamente su più cantieri secondo un project planning rigoroso, e una revisione, ove possibile, di vecchie norme, come la direttiva del ’67 che obbliga ai controlli sulle gallerie ogni tre mesi.
Il Ministero, dal canto suo, ha riferito di aver avviato un’interlocuzione con gli operatori Anas e Aspi nei giorni scorsi, con l’obiettivo di far coesistere la sicurezza della viabilità con il mantenimento del diritto alla mobilità dei cittadini liguri, e ha confermato che sta operando in ottica di strettissimo tempo, perché consapevole che bisogna restituire agli utenti liguri infrastrutture sicure e percorrenze minimali in pochi giorni. Poi, sempre ieri, Società Autostrade ha spiegato che “i disagi continueranno almeno sino alla metà del mese di luglio”. Ancora quindici giorni di passione, come minimo. Senza un perché e senza uno straccio di senso.
L’impegno del Ministero
Assicurazioni sono giunte ai sindaci liguri dall’incontro di ieri con la ministra Paola De Micheli. La ministra ha confermato la riapertura dal 10 luglio di due corsie per ogni carreggiata regionale, dalle 6 alle 22, chiesta dai sindaci per poter finalmente dare avvio alla stagione turistica; ha assicurato la predisposizione di un pacchetto di esenzioni totali e parziali dei pedaggi autostradali nell’area della A26 con collegamento all’A10 da Ovada fino a Varazze e da Varazze ad Albissola, mentre sulla A12 le esenzioni riguarderanno l’area da Rapallo fino a Lavagna e Sestri Levante. Accoglie la richiesta di un piano straordinario stradale, ferroviario e portuale per la regione, da concertare con le autorità locali liguri.
Per scongiurare il blocco della viabilità a causa dell’assenza di un coordinamento tra i lavori di Autostrade e Anas, la ministra ha convocato Anas oggii per far chiudere i cantieri che insistono sugli stessi territori oggetto di cantiere Aspi obbligatorio.
Infine, la De Micheli ha annunciato che sarà a Genova a metà luglio per riaprire il cantiere del nodo di Genova e a fine luglio per l’inaugurazione del ponte, insieme al premier Conte.
Il ruolo ambiguo della Regione Liguria
E la Regione Liguria? Qual è l’atteggiamento del Governatore, Giovanni Toti, in questa partita? Essendo ormai in piena campagna elettorale, gli attacchi rispetto al Governo sono all’ordine del giorno, ma questa non è assolutamente né un’azione efficace né produttiva nei confronti della regione e dei liguri.
Ve la ricordate l’analoga situazione verificatasi sotto le vacanze di Natale? Perché questa attuale non è certo la prima volta in cui le autostrade liguri finiscono in tilt totale. Come mai, in questi sei mesi, non è stato fatto nulla? Come mai la Regione non ha fatto pressioni affinché i cantieri partissero prima?
Pensate solo a che brutta figura colossale ci si troverebbe di fronte – e su questo Bucci ha ragione – se a fine luglio, ovvero con il ponte sul Polcevera fatto e finito a tempi di record, non si potesse transitare non solo perché non è stato definito chi deve fare il collaudo, ma anche perché non sono a norma, come in effetti pare, le gallerie che conducono al ponte stesso, ad esempio la Galleria Coronata che conduce dal casello di Genova Sestri Aeroporto al viadotto.
Sarebbe il colmo: ponte nuovo che non è di nessuno e Autostrade che (per ripicca?) non ha completato la manutenzione delle gallerie.
Liguria: record di viadotti, tunnel e gallerie
In fondo, era pure normale aspettarsi che la Liguria terminasse dentro a questo gorgo: perché è la regione strutturalmente messa peggio in Italia (vogliamo parlare della ferrovia nel ponente ligure, che su certi tratti è ancora monorotaia?) e perché è quella dove si trovano la maggior parte di gallerie e di viadotti.
Secondo un’indagine del 2011 della Regione, in Liguria c’è il 28 per cento delle gallerie italiane: sulla rete autostradale ligure ce ne sono 466, di cui 155 sono tunnel (lunghe cioè più di 500 metri). Sono molte di più di quelli presenti complessivamente nelle autostrade del Centro Italia (107 gallerie nel 2008) e nel Sud (127 gallerie). Solo a Genova ci sono 207 gallerie, di cui 90 dell’autostrada.
Cento cantieri aperti in un solo colpo
Attualmente, sulla rete autostradale ligure ci sono un centinaio di cantieri. Di questi, buona parte è dovuta a una vasta operazione di ispezioni nelle gallerie che è stata decisa lo scorso dicembre dopo il crollo di un pezzo della Galleria Bertè, sulla A26 sopra Genova. Quel crollo ha fatto emergere una serie di problemi legati alla poca chiarezza delle leggi in vigore sui controlli autostradali, regolati da una normativa del 1967 piuttosto generica, che li affida interamente ai concessionari e li prevede trimestrali.
Dopo il crollo, Autostrade ha ottenuto l’approvazione dal Ministero per un suo protocollo di ispezioni, ma le cose sono cambiate quando, a fine maggio, il Ministero dei Trasporti ha chiesto che entro il 30 giugno venissero anche smontate e ispezionate le lamiere ondulate che proteggono le pareti delle gallerie dalle infiltrazioni convogliando l’acqua piovana. Un’operazione vasta e complicata, che Autostrade prevedeva di fare pian piano entro la fine dell’anno. Da alcuni controlli, poi, sono emersi altri dubbi sullo spessore del calcestruzzo della volta di diverse gallerie. Tutto questo ha comportato una nuova e vasta serie di ispezioni, la cui scadenza è stata fissata dal ministero per la metà di luglio.
La versione di Autostrade
La decisione di maggio del Ministero, peraltro, secondo Autostrade è il motivo per cui questi lavori di manutenzione non sono stati fatti durante i mesi di lockdown, tra marzo e maggio, quando il traffico autostradale era minimo a causa delle restrizioni sugli spostamenti.
Società Autostrade riferisce di aver aumentato il personale al lavoro, che attualmente comprende un migliaio di operai impegnati su turni che coprono sia le ore del giorno che quelle della notte. “Tutte le squadre disponibili sono state spostate in Liguria”, ha detto nei giorni scorsi l’amministratore delegato Roberto Tomasi.
Ma la conformazione particolare della rete autostradale ligure fa sì che in molti tratti perché gli operai possano lavorare in sicurezza non sia possibile far circolare le auto su una sola corsia, né deviarle in quella opposta. Quindi, il tratto autostradale dev’essere chiuso del tutto: attualmente è in corso una trattativa tra Autostrade e il Ministero per organizzare un piano che permetta di concludere i lavori nel giro di poche settimane, ma bisogna decidere come e quando chiudere i tratti in questione: se solo la notte, oppure se giorno e notte esclusi i weekend.
L’alternativa è di prorogare la scadenza per la fine delle ispezioni, in modo da poterle distribuire più omogeneamente nei prossimi mesi e chiudere parte dei cantieri. Secondo Tomasi, “la fase critica sarà superata a metà luglio, con le prime riaperture delle gallerie in manutenzione. Ci hanno accusato di non aver fatto i lavori per anni. Ora di farne troppi”.
Chiaro atteggiamento di chi vuole ottenere qualcosa. O no?