di FABRIZIO DE LONGIS
Può essere la forma di assistenza adatta a un anziano il modello delle case di cura odierno? Un letto in una stanza multipla, chiusi in strutture molto stringenti e con poca distanza da quella che è una degenza ospedaliera?
Proseguendo l’analisi che ‘Piazza Levante’ porta avanti da tempo sul sistema sanitario e riprendendo il discorso aperto sul riordino delle case di cura della settimana scorsa, ci sembra giusto analizzare questo modello. Riflessione che è in animo da tempo anche in Regione Liguria, su forte spinta soprattutto del Comune di Genova. È stato, infatti, il sindaco genovese, Marco Bucci, a puntare oramai da anni sul modello della così detta Silver economy. Ossia, italianizzando e banalizzando, dare degno spazio a quelle generazioni più anziane che in Liguria prevalgono e che sono, soprattutto, detentrici in prevalenza di ricchezza e risparmi. I baby boomer in pensione.
Sfruttando in questo una storica spinta attrattiva della Liguria: offrire la grande qualità della vita del nostro territorio a chi da altre regioni, soprattutto del nord ovest, decide di passare gli anni della pensione fra collina e mare.
I dati di quanto in discussione sono chiari. Un terzo dei residenti liguri ha più di 75 anni. Il 66% degli over 65 è afflitto da una malattia cronica, mentre nel caso degli over 75, il dato sale all’85% dei casi.
Numeri che mettono in chiaro come lo stile di vita e l’assistenza sanitaria siano due direttive che devono incrociarsi e non possono correre parallele.
Su questo, Bucci, come sintetizzano a Genova con tanto piglio, ci ha visto lungo prima di tutti. Ossia, offrire a queste persone un modello di vita misto fra la residenza e la degenza in casa di cura. Assetto già identificato prima della pandemia e che, con le crisi del modello sanitario pressato dai modelli di contenimento pandemico, e le norme italiane ed europee conseguenti, hanno prescritto.
Si può, quindi, immaginare un modello Miami per la Liguria? Ovviamente non sono i campi da golf in riva al mare il concetto che corre nei corridoi di Regione Liguria sulla possibilità di strutture di accoglienza per la nostra regione. Tuttavia il modello ideato dalla sanità regionale, a ciò, quanto pare, si ispira. Assi portanti: dare la possibilità di ospitalità modulare, con servizi a chi li richiede. Una gestione più condominiale, che tipicamente ospedaliera come è oggi più facile riscontrare nelle case di cura.
Ciò, inoltre, sembra proprio andare incontro a delle esigenze di chi queste case di cura le detiene storicamente, ossia i privati.
Con norme sempre più di dettaglio, oggi gestire strutture di accoglienza, a fronte di costi crescenti e potere di spesa delle famiglie ridotto, ha fortemente ridotto la platea di chi si può permettere la retta mensile di queste strutture. Dal canto loro, proprio le case di cura hanno visto, causa pandemia, ridursi fortemente la presenza storica di degenti.
In questo senso, il riordino logistico, gestionale e di servizi offerti delle case di cura, appare oggi anche agli imprenditori del settore l’unico indirizzo di sviluppo.
L’aspetto interessante, sottolineano dai Regione, è che si parla di un trend in controtendenza da quello che ci si poteva aspettare. Sostanzialmente offrire più servizi e più spazi a pari prezzo di oggi, se non addirittura ridotto.
Una scelta che, oltre da esigenze tecniche e legislative, viene anche da un’opportunità.
Opportunità che si concretizzerebbe nel cambio di visione. Ossia dall’ampliamento della platea delle persone che potrebbero usufruire di questi servizi. Sostanzialmente rivolgendosi a persone anziane che vivendo sole, o lontano dai parenti, potrebbero scegliere di vivere, anche con un appartamento, all’interno di strutture attrezzate che offrono servizi molteplici, come le cure mediche in loco, l’assistenza per i lavori domestici e spazi comuni e ricreativi. Modello Miami, appunto.
Il tutto in strutture che, al contempo, offrirebbero anche servizi di accoglienza più strettamente medicali, per quelle persone afflitte da patologie che non ne consentono nemmeno una parziale autosufficienza.
Su questa spinta, che sta trovando nella sanità ligure grande interesse, negli ultimi tempi si è anche ridisegnata la mappa degli investimenti immobiliari. Infatti i gruppi attivi nel settore, sono sempre di più alla ricerca di possibili strutture adeguate a questi servizi.
“È un poco come passare dalla ruota di carro a quella di una macchia. Sembra la stessa cosa ma è una rivoluzione. Quindi non facile”, sintetizzano da Regione Liguria.
Ma nella difficoltà, sembra proprio un territorio come quello del Tigullio, essere oggi un terreno fertile per un cambio di mentalità e aziendale simile, con tutti i vantaggi che ne comporterebbe. Persino quelli in termini di investimenti.
Condizione non da poco, tuttavia, che quello che nelle intenzioni di Regione Liguria si sta andando a strutturare, sarà un modello dedicato solamente a chi se lo potrà permettere. Giusto per parlare in termini di stato sociale e assistenza.