di FABRIZIO DE LONGIS
Che destino attende le Asl liguri? È una domanda che da tempo circola nella politica e nella società. Le Aziende sanitarie locali sono, gioco forza, al centro dei destini di cittadini e territori.
In Liguria le Asl sono 5, ossia, in ordine crescente e geografico, Imperia, Savona, Genova, Chiavari e La Spezia. Il desiderio di porre riordino (leggasi riduzione) nelle Asl, alletta la politica regionale da almeno due decenni.
Il decentramento crea inefficienza, sprechi, sovrapposizioni, disomogeneità, sono gli argomenti must di chi da sempre desidera un accentramento regionale della gestione sanitaria. Processo che, a conti fatti, a partire dalla creazione dell’azienda unica regionale, ossia Alisa, è partito da alcuni anni.
La politica insegna che la medicina cattiva va somministrata goccia a goccia, così è più facile che venga ingoiata. Per questo si parla in termine tecnico di riforme incrementali. Tradotto, passo passo.
E sembra quasi comico che la cattiva medicina possa portare alla cattiva sanità.
In questo orizzonte si inserisce il trattamento terapeutico che da Regione Liguria si vuole riservare alle Asl e di conseguenza ai territori che amministrano, con particolare accentuazione su quelli periferici e poco popolati. Ratio inevitabile quando il lume guida diventa l’accentramento su grosse masse critiche.
Si parla di accentramento delle masse critiche poiché queste sono l’inevitabile condizione delle economie di scala. Ovvero, guadagnare il più possibile con il minore sforzo economico immaginabile. Quindi, agire per creare profitto. Qui sembra risiedere il vulnus di una gestione sanitaria che troppo si orienta verso e troppo insegue il modello privato. In soldoni, la sanità pubblica sembra sempre di più abdicare al suo ruolo sociale e al primato sanitario, per mettersi a traino dei privati che proprio sulla sanità pubblica, e quindi sulle nostre tasse, lucra e nemmeno poco.
Una visione che spinge il decisore pubblico a declassarsi da solo da incumbet o da first mover a follower. Con non poco danno dei cittadini e con buona pace dei diritti.
Il solo concetto di mercato, infatti, porta a creare esclusione e non inclusione. E su questo principio la politica, guardando bene, sembra muoversi. E in particolare nella gestione della medicina territoriale.
Se gli esempi sono già molti, come la riduzione dei reparti se non proprio degli ospedali, l’unificazione di servizi e l’affidamento di convenzione e appalti, oggi la cura dimagrante sembra essere arrivata alla gestione complessiva.
Ufficialmente Regione Liguria, nel suo piano sociosanitario, parla di dipartimenti intermodali. Spiegato facile, un’Asl può aiutare un’altra Asl dove e quando ha bisogno in termini gestionali. A Chiavari serve una mano a redigere il bilancio? La Spezia se può l’aiuta con alcuni suoi dipendenti. Imperia ha bisogno di supporto nel redigere le gare? Savona gli da supporto se è come può. Un principio che appare buono, frutto di una visione gestionale che punta a ottimizzarsi. Soprattutto in tempi di carenza di personale e assenza di ricambio generazionale e di competenze.
Ma che male ci sarebbe in uno scambio di capacità e in un supporto di ore lavoro? Nulla, se non che questo modello vada, casualmente, a ricopiare i modelli mai sopiti di accorpamento delle Asl liguri.
Il grande sogno dell’Asl unica, che sembra in parte iniziato con la creazione di Alisa, è oggi in progresso con quello che, sostengono i tendenziosi regionali, appare proprio come il passo iniziale per due accorpamenti ben mirati. Primo nella lista, il ponente. “Imperia verrà inglobata da Savona”, si vocifera nei corridoi di De Ferrari. Il motivo? Efficienza. La cui direttrice è una: la struttura imperiese avrebbe bisogno di personale che oggi non può assumere e con l’accorpamento quelle che, in un eventuale aumento di personale, sarebbero sovrapposizioni di ruolo, invece verrebbero evitate, creando uffici più grandi capaci di gestire il lavoro necessario.
“Dopo tocca a Chiavari”, queste le parole con cui gli addetti al lavoro liquidano l’Asl4. Motivo? “In parte è un’appendice di Genova, in parte ha troppo pochi residenti”. Infatti l’Asl4 risulta essere la più piccola della regione (145mila residenti circa). “Ed è l’unica a non essere un’Asl provinciale”, precisano dall’assessorato regionale dove, pare, in maniera molto convinta, si stiano scrivendo gli abbozzi normativi per i prossimi step di accorpamento.
Con questi passaggi la sanità ligure sembra si stia orientando a un abbandono progressivo del legame territoriale per puntare su un unico modello gestionale sempre e comunque ispirato dal sognato (leggasi centro destra) modello gestionale lombardo.
In questo passaggio Alisa sembra essere il soggetto che può facilitare la pratica, spiegano dagli uffici. Infatti l’Azienda ligure sanitaria nasce e si sviluppa, nella sua gestione complessiva, con un focus importante sugli appalti e la gestione delle strutture. “Quello che è il principale problema di Imperia”, chiariscono i tecnici. E nella sanità, si sa, la gestione degli appalti e il tema scottante su tutti, insieme alla destinazione delle cariche apicali in campo sanitario e agli affidamenti in convenzione ai privati.
Campo, che a dire il vero, è più di merito di Alisa, di quanto potrebbe esserlo di Savona. Per questo, in fondo, quello che in Regione si bisbiglia a mezza bocca è che, intesa per intesa, supporto per supporto, accorpamento per accorpamento, la longa manu di Alisa guiderà ogni fase in progressive unificazioni delle Asl. Unificazioni che porteranno a un contestuale demansionamento delle stesse Asl superstiti. Perché se nello sforzo si ha bisogno di Alisa, tanto vale che poi se ne occupi la stessa Alisa, di quelle competenze.
“A dir di popolo, cornuti e mazziati”, scappa di bocca a chi, al quinto piano di Regione, gli atti li starebbe scrivendo.