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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Artisti nella Chiavari dell’Ottocento, i pittori Giuseppe Raggio e Francesco Gandolfi

Ecco come due nostri concittadini seppero partecipare al rinnovamento dell’arte pittorica e come trovarono modo d’esprimersi in quel percorso così movimentato e innovativo
Francesco Gandolfi, Posa della prima pietra della Cattedrale N.S. dell'Orto, navata centrale 1868
Francesco Gandolfi, Posa della prima pietra della Cattedrale N.S. dell'Orto, navata centrale 1868
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Prosegue la serie di articoli di Giorgio ‘Getto’ Viarengo dedicati ad illustrare la Chiavari dell’Ottocento e i tanti modi ed aspetti per i quali questo può a buon diritto essere riconosciuto come ‘il secolo d’oro’ della nostra città.

di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *

Nella nostra analisi dell’Ottocento Chiavari non poteva mancare l’attenzione verso l’evoluzione artistica che in quel secolo coinvolse  l’intero continente europeo e il nostro Paese. Di seguito vedremo come due nostri concittadini seppero partecipare al rinnovamento dell’arte pittorica e come trovarono modo d’esprimersi in quel percorso così movimentato e innovativo. Parliamo di due chiavaresi nati nel primo quarto del secolo, Giuseppe Raggio e Francesco Gandolfi, le cui opere sono conservate ed esposte in diverse collezioni ed in musei italiani ed europei, oltre che presso l’esposizione di Palazzo Ravaschieri della Società Economica

Giuseppe Raggio nacque a Chiavari il 24 maggio del 1823.  Terminati gli studi ottenne il diploma da Capitano Nautico, ma la sua vera aspirazione era l’arte pittorica, esperienza che prese avvio con l’esposizione delle sue prime opere giovanili a Genova. Il successo ottenuto lo convinse ad iscriversi all’Accademia d’Arte di Firenze, ove ottenne l’ammissione nel 1845. Furono anni importanti per la ricerca di un linguaggio personale, anni durante i quali studiò sotto la guida di Giuseppe Bezzuoli ed ispirandosi a Pietro Benvenuti. Queste esperienze completarono la sua capacità tecnica, ma egli non trovava ancora il suo vero tratto compositivo. Erano gli anni fiorentini di Giovanni Fattori e del dibattito sulla nuova pittura verista, ma i gli accadimenti storici risorgimentali ebbero il sopravvento sulle questioni d’accademia. Fattori continuò il suo lavoro a Firenze, mentre Raggio si trasferì a Roma dove incontrò Nino Costa.

Qui ebbe luogo la definitiva svolta artistica del pittore chiavarese, con la scoperta della campagna romana, quell’agro dove contadini e animali offrono una dimensione universale del vivere, dove la natura diventa il luogo da esplorare e proporre per il definitivo stile pittorico. Iniziò anche una stagione di mostre collettive ed esposizioni personali. Tornato a Genova, il Raggio ottenne il riconoscimento di Accademico di Merito alla Ligustica. Le sue opere venivano esposte a Roma, a Palazzo Pitti, poi Milano Londra, aderì al movimento Art Libertas promosso da Nino Costa e Giulio Aristide Sartorio, partecipò all’Esposizione Internazionale d’Arte Città di Venezia

Nel 1911, ormai molto anziano, gratificato da un’affermazione artistica che però non corrispondeva alla sua situazione economica, venne nominato socio della società Economica di Chiavari. In tale occasione la presidenza del sodalizio chiavarese costituì una delegazione guidata dallo scultore Luigi Brizzolara per acquistare alcune sue opere per la quadreria chiavarese. Il viaggio a Roma avvenne infine nel 1916, e 14 bozzetti ad olio e 21 disegni furono acquistati e ritornarono nella città natale del pittore Giuseppe Raggio, che proprio il 16 ottobre di quell’anno cessava di vivere. Le opere sono oggi esposte nel corridoio d’accesso alla quadreria della Società Economica in Palazzo Ravaschieri.

Lo storico dell’arte Franco Dioli ha scritto della pittura del Raggio definendola ‘cromaticamente essenziale, fresca e moderna, con pennellate vivaci e rapide e con colori sui verdi marci, sui grigi terrosi, sui bruni, sui rossi sbiaditi e i bianchi sporchi in un impasto materico ora levigato ed ora scabro, ora denso ed impetuoso, ora magro ed illanguidito senza per questo incidere sulla costante capacità del pittore di dare vigorosa forza plastica alle masse dei corpi’.

L’altro importante artista chiavarese appartiene alla nota famiglia dei Gandolfi. A Francesco, che con la sua opera pittorica raggiunse una notorietà nazionale, è dedicata una strada in frazione Maxena. 

Giuseppe Raggio, Buoi al carro (Società Economica di Chiavari)

Francesco Gandolfi nacque a Chiavari l’8 luglio del 1824 e qui trascorse la prima infanzia. Con la famiglia si trasferì poi a Genova, dove il padre Cristoforo, avvocato e Socio della Società Economica di Chiavari, era stato nominato bibliotecario della Regia Università nel 1834. La particolare inclinazione per la pittura fece sì che il giovane si iscrivesse all’Accademia Ligustica, dove apprese i preziosi consigli del maestro Baratta. Successivamente egli frequentò a Firenze lo studio di Giuseppe Bezzuoli dove perfezionò la composizione pittorica, ed in particolare l’arte del ritratto. Negli anni successivi si trasferì a Roma per proseguire gli studi pittorici tra il classico e i nuovi linguaggi, e per affrontare altre esperienze e tecniche, in particolare il disegno e l’acquerello praticato nel ricco paesaggio della Ciociaria. 

Il 1848, anno fondamentale per il Risorgimento italiano, Francesco lo visse entrando come volontario nel giovane esercito universitario romano e partecipando agli scontri di Goito e Cornuda, dove si guadagnò una medaglia al valor militare. Il rientro a Genova lo vide impegnato a operare attivamente nella Società Promotrice di Belle Arti, un sodalizio tra i cui fondatori figurava il padre Cristoforo che organizzava mostre con pittori provenienti dalle più disparate esperienze, vera scuola di confronto e crescita tra tradizione e rinnovamento pittorico. 

Il suo studio si trovava presso il Chiostro di Santa Maria in Castello, poi sì trasferì in San Sebastiano e presso il Palazzo Spinola; dopo la morte dell’amata madre, la chiavarese Teresa Solari, aprì uno studio in San Luca presso il Palazzo Boasi. Vi fu ancora un trasferimento durante l’epidemia di colera che colpì Genova e la Liguria nel 1854: Francesco trovò rifugio presso San Lorenzo della Costa sulle alture di Santa Margherita Ligure

Gli anni del ritorno a Chiavari coincidono con le opere realizzate tra il 1869 e ’70: si tratta degli affreschi realizzati presso la Cattedrale di Nostra Signora dell’Orto, che rappresentano episodi di storia cittadina. Terminate le committenze chiavaresi, il Gandolfi ricevette una medaglia dalla Società Economica, di cui era socio; tornò quindi a Genova per realizzarvi ritratti richiesti dalla borghesia e nuove opere per la Società Promotrice di Belle Arti. 

Con altri pittori genovesi partecipò all’Esposizione di Parigi del 1865 e per l’Esposizione di Vienna del 1873 dipinse una grande allegoria andata perduta. Francesco Gandolfi morì a Genova il 5 settembre del 1873.

(* storico e studioso delle tradizioni locali)

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