di ALBERTO BRUZZONE
Rilanciare le aree interne. Far ripartire le vallate, sia a livello di servizi che di istruzione, sia a livello di trasporti che di tecnologie digitali. Negli ultimi tempi, anche in occasione del primo lockdown di marzo e aprile causato dall’epidemia di Covid-19, si è affrontato ripetutamente questo tema.
‘Piazza Levante’ vi ha dedicato un ciclo, dal titolo ‘Ripopolare i borghi’, traendo spunto dalle parole dell’architetto milanese Stefano Boeri. Sulla sua proposta si è innescato un lungo ragionamento che ha coinvolto diverse personalità.
Il tornare a una vita più sostenibile, lo scegliere luoghi meno caotici e più appartati, l’optare per lo smart working ma pur sempre restando collegati con il resto del mondo sono indicati come elementi chiave in ottica futura e, in questo senso, l’entroterra del Tigullio viene considerato un’enorme risorsa. Nel corso di uno degli incontri, si è accennato al progetto per le aree interne che fu lanciato già a partire dal 2013 dall’allora ministro per la Coesione Territoriale del Governo Monti, Fabrizio Barca. Ma come si è andati avanti su quel fronte? A che punto siamo rispetto al percorso? Dopo un periodo di sette anni, e quindi piuttosto lungo, quali traguardi sono stati centrati e quali restano da centrare?
Ripercorrendo un po’ di storia, va ricordato che, già ai tempi, la Strategia Nazionale per le Aree Interne (abbreviata in Snai) individuò per la Liguria quattro zone specifiche: l’Alta Valle Arroscia in provincia di Imperia, l’Alta Val di Vara in provincia della Spezia, l’area interna Beigua Sol tra Genova e Savona e l’area interna Valli dell’Antola e del Tigullio, ovvero quella che più specificatamente riguarda il nostro territorio.
Si tratta di una porzione assai ampia di entroterra che comprende ben sedici comuni, tutti individuati all’interno della Città Metropolitana di Genova (vale a dire l’ex Provincia) e riconducibili a diverse vallate: alta Val Bisagno, val Trebbia,val d’Aveto, valle Sturla e val Graveglia.
I comuni interessati sono, in ordine alfabetico: Bargagli, Borzonasca, Davagna, Fascia, Fontanigorda, Gorreto, Lumarzo, Mezzanego, Montebruno, Ne, Propata, Rezzoaglio, Rondanina, Rovegno, Santo Stefano D’Aveto e Torriglia.
“Si tratta – fa notare Giuseppino Maschio, esperto sindaco di Borzonasca e coordinatore di tutto il progetto per conto delle varie amministrazioni locali – della più antica area interna che venne individuata dal Ministero. Tant’è vero che saremmo tra le zone più avanti, a livello di iter. Dovremmo essere cioè in fase attuativa”.
Ma il condizionale è d’obbligo perché, pur essendo stati individuati i filoni d’investimento, pur essendo stati scelti i soggetti attuatori e pur essendoci le risorse stanziate, il disegno complessivo stenta a partire, per la mancanza di un impegno vero e proprio.
“Si sono fatte molte parole – è il commento amaro di Maschio – ma, scendendo nella sostanza, si sono fatte pochissime azioni concrete. E questo è un grosso dispiacere”.
A sollecitare una ripartenza del percorso è stato, nei giorni scorsi, Raffaele Loiacono, l’attivissimo e instancabile presidente del Forum delle Associazioni familiari del Tigullio. È stato lui a sensibilizzare i media sulla questione, dopo un incontro con lo stesso sindaco di Borzonasca e dopo aver inviato un invito anche al Comitato Assistenza Malati del Tigullio, dal momento che uno dei cardini del progetto ruota intorno alla sanità.
“Le linee di sviluppo – osserva Giuseppino Maschio – erano e rimangono quattro: la sanità, i trasporti, la scuola e le infrastrutture digitali. Per ogni percorso, è stato individuato un soggetto che si deve occupare di portare avanti il piano”.
Al momento, quello più avanti pare essere, anche un po’ a sorpresa, le infrastrutture digitali: “Gli scavi per la banda larga sono iniziati in diverse zone dell’entroterra, tra cui qui a Borzonasca. C’è un investimento di sei milioni di euro, per colmare il cosiddetto ‘digital divide’, ovvero quelle condizioni che rendono più sfavorevole un territorio rispetto a un altro, a livello di connessione a Internet. Questa è una delle condizioni necessarie, se non la più importante, se non vogliamo che il territorio si spopoli e se, al contrario, vogliamo che si popoli sempre un po’ di più”.
Quanto ai trasporti, il soggetto attuatore dovrebbe essere Città Metropolitana, di concerto con Atp, ovvero l’azienda che si occupa dei mezzi pubblici su ruota nel territorio dell’ex provincia. L’ipotesi era quella di creare due grandi aree d’interscambio, per i gli autobus di grandi dimensioni, e da qui far partire i servizi più piccoli e mirati, oltre ai bus a chiamata. Ma è rimasto tutto fermo.
Timidissimo passo in avanti per la sanità, la cui competenza è di Alisa (e quindi della Regione Liguria): la previsione è quella di potenziare la rete dei medici di famiglia e di creare case della salute e presidi attivi sul territorio (uno dei temi tanto cari al Comitato Assistenza Malati del Tigullio e che è visto come ancor più essenziale alla luce dell’emergenza sanitaria attuale, come ribadito più volte), oltre all’introduzione delle figure degli infermieri di famiglia. Al momento, l’unico atto concreto è la presenza di due infermieri, su un totale di sedici comuni, pochissimi per poter mappare tutto il territorio. Zero assoluto sulla telemedicina.
La scuola: il progetto delle aree interne prevede da una parte un rafforzamento di alcune attività da svolgere in presenza, come ad esempio le fattorie didattiche, dall’altra una forte innovazione tecnologica, attraverso l’utilizzo di computer, tablet e lavagne interattive, previa un loro acquisto. “È stato individuato come soggetto attuatore l’Istituto Comprensivo di Cogorno – afferma Maschio – e sono state definite le richieste di anticipazione. Gli interventi hanno, tuttavia, subito un rallentamento nell’attuazione, in ragione del susseguirsi di contratti di reggenza temporanea relativamente al dirigente scolastico capofila della rete di scuole, per l’assenza del dirigente titolare, il che ha impedito l’avvio delle attività per l’incertezza della continuità della figura del responsabile”.
In definitiva, nulla è finito in soffitta, ma neppure si può dire che si vada avanti a pieno ritmo. Anzi. “Insieme all’Anci – conclude il sindaco di Borzonasca – stiamo sollecitando una maggiore attenzione. È un peccato avere risorse che sono state stanziate e non riuscire a spenderle. Discorso diverso è quello dei finanziamenti europei: lì è tutto un terreno da solcare e da esplorare, ma pure lì ci sarebbero grandissime opportunità”.
Il punto, sembra di capire, è sempre lo stesso: o ci si crede, o non ci si crede. Non basta crederci in pochi, come fa il sindaco Maschio. Occorre crederci in tanti. Occorre investire tempo e professionalità. Gli esempi virtuosi esistono, in altre parti d’Italia. Ed è dimostrato che quando il pubblico muove i primi passi, poi arrivano anche gli investimenti da parte dei privati. Ce ne vuole, insomma, prima di dichiarare ‘morto’ il nostro entroterra. Ma, purtroppo, ce ne vuole pure, e anche tanto, prima di poterlo dichiarare ‘vivo e vitale’.
IL DOCUMENTO COMPLETO SULLO STATO DI AVANZAMENTO DEL PROGETTO
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