di ALBERTO BRUZZONE
Dopo una lunga fase preparatoria, nella quale non sono mancate polemiche e discussioni, il Ministero della Salute ha rilasciato ufficialmente, sia sull’App Store che su Google Play (e quindi utilizzabile sia sugli smartphone con sistema operativo iOS che su quelli con sistema operativo Android) l’applicazione Immuni, che dovrebbe essere uno strumento prezioso per fornire un tracciamento dei contagi di Covid 19 e che punta, tra i suoi obiettivi, a contenere il più possibile la diffusione del Coronavirus isolando gli infetti e le persone entrate in contatto con essi.
Da un paio di giorni, sulle piattaforme, l’app è scaricabile, ma non sarà ancora operativa. Lo diventerà a partire da lunedì 8 giugno e proprio la Liguria, insieme ad Abruzzo, Marche e Puglia, è stata scelta per una sperimentazione che dovrebbe durare una settimana, prima che lo strumento entri in funzione su tutto il territorio nazionale.
L’utilizzo è facoltativo, e questo è il primo dato da segnalare, mentre il secondo – ovvero l’aspetto che ha suscitato le maggiori perplessità – è che nessun dato personale verrà tracciato e condiviso con altri. È un funzionamento complesso, anche solo da essere spiegato, ma fondamentale per non incorrere in violazioni della privacy. Anche noi di ‘Piazza Levante’ abbiamo scaricato l’app e proviamo a illustrare il suo funzionamento, per filo e per segno.
Che cos’è
Immuni è l’app ufficiale per le notifiche di esposizione del Governo italiano, sviluppata dal Commissario Straordinario per l’Emergenza Covid 19 in collaborazione con il Ministero della Salute e il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione. L’app è sviluppata e rilasciata nel pieno rispetto della protezione dei dati personali dell’utente e della normativa vigente, incluso il decreto-legge del 30 aprile 2020, n. 28.
Nella lotta all’epidemia di Covid 19, l’app aiuta a notificare gli utenti potenzialmente contagiati il prima possibile, anche quando sono asintomatici. Questi utenti possono poi isolarsi per evitare di contagiare altri, con l’effetto di minimizzare la diffusione del virus e velocizzare il ritorno a una vita normale per la maggior parte della popolazione. Venendo informati tempestivamente, inoltre, gli utenti possono anche contattare il proprio medico di medicina generale, riducendo così il rischio di complicanze.
La tecnologia
Il sistema di notifiche di esposizione di Immuni si basa sulla tecnologia Bluetooth Low Energy, creata per essere particolarmente efficiente in termini di risparmio energetico, e non utilizza alcun tipo di dato di geolocalizzazione, inclusi quelli del Gps. L’app non raccoglie e non è in grado di ottenere alcun dato che identifichi l’utente, quali nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono o indirizzo email. Immuni riesce quindi a determinare che un contatto fra due utenti è avvenuto, ma non chi siano effettivamente i due utenti o dove si siano incontrati.
La protezione dei dati
Ecco una lista di alcune delle misure con cui Immuni protegge i dati degli utenti:
- I dati raccolti sono quelli minimi, strettamente necessari per supportare e migliorare il sistema di notifiche di esposizione.
- Il codice Bluetooth Low Energy trasmesso dall’app è generato in maniera casuale e non contiene alcuna informazione riguardo allo smartphone dell’utente, tanto meno sull’utente stesso. Inoltre, questo codice cambia svariate volte ogni ora, per tutelare ancora meglio la privacy dell’utente.
- I dati salvati sullo smartphone sono cifrati.
- Le connessioni tra l’app e il server sono cifrate.
- Tutti i dati, siano essi salvati sul dispositivo o sul server, saranno cancellati non appena non saranno più necessari e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2020.
- È il Ministero della Salute il soggetto che raccoglie i dati e che decide per quali scopi utilizzarli. In ogni caso, i dati verranno usati solo per contenere l’epidemia del Covid 19 e per la ricerca scientifica.
- I dati sono salvati su server in Italia e gestiti da soggetti pubblici.
L’utilità
Immuni non fa e non può fare diagnosi. Sulla base dello storico dei contatti con utenti potenzialmente contagiosi, Immuni elabora alcune raccomandazioni su come è necessario comportarsi. Ma l’app non è un dispositivo medico e non può in alcun caso sostituire un medico. Immuni è uno strumento nella lotta all’epidemia e ciascun utente ne aumenta l’efficacia complessiva. Per questo il Ministero consiglia di installare l’app, usarla correttamente e incoraggiare parenti e amici a fare lo stesso. Tuttavia, non c’è alcun obbligo di utilizzo. La decisione spetta soltanto all’individuo.
La prova pratica
Immuni si scarica dal proprio App Store o Google Play Store. Anzitutto, è necessario che il sistema operativo del telefonino sia aggiornato all’ultima versione, altrimenti l’app non potrà funzionare. Dopo il messaggio di benvenuto e le prime informazioni di dettaglio sull’app, viene richiesto di inserire la regione e la provincia di appartenenza. Quindi, viene richiesto di attivare il sistema di notifiche di esposizione al Bluetooth: una condizione necessaria affinché l’app funzioni.
Una volta entrata in funzione, l’app continua a emettere codici ogni volta che incrocia altri telefonini sui quali Immuni è stata installata. In questo modo, ma sempre in forma anonima, viene tenuta traccia di tutti i codici che si sono incrociati, pur senza conoscere le identità di nessuno, né il luogo dove ci si è incontrati. A questo punto, se una persona risultasse positiva al virus, può scegliere di caricare sul server del Ministero tutti i propri codici casuali. Questi andranno a incrociare i codici dei telefonini con cui si è entrati in contatto e su questi smartphone arriverà una notifica: l’esser entrati in contatto con una persona infetta.
Come comportarsi
Nel caso si dovesse ricevere una notifica di questo tipo, si avranno le istruzioni su come comportarsi, basate sulle raccomandazioni del Ministero della Salute: ovvero avvisare il proprio medico, sottoporsi a eventuali test e mettersi in isolamento. Questa informazione, comunque, sarà disponibile soltanto per l’utente stesso, e l’adesione ai protocolli sanitari, quindi, rimane volontaria, anche se molto raccomandata.
È chiaro che un’app basata sul tracciamento sarà maggiormente funzionale quanto più verrà scaricata e quanto più saranno numerosi i dati immagazzinati sul server. Nel primo giorno di disponibilità sugli store (l’app, è bene ricordarlo, è gratuita), i download sono stati circa mezzo milione. L’Italia è il primo paese in Europa ad aver varato questa tecnologia, seguendo l’esempio della Corea del Sud, dove uno strumento simile è già operativo da diverse settimane.
I dubbi
Il principale interrogativo, sollevato anche ad arte da alcuni politici, rimane quello della tutela della privacy. Nei giorni scorsi, il Garante ha fornito tutta una serie di rassicurazioni e posto al Ministero diversi paletti. In particolare, l’organo di tutela ha comunicato che, sulla base della valutazione d’impatto trasmessa dal Ministero della Salute, il trattamento di dati personali effettuato nell’ambito del sistema “può essere considerato proporzionato” visto che sono state previste misure per garantire “in misura sufficiente” il rispetto dei diritti e le libertà degli interessati.
Ma l’Autorità ha chiesto che gli utenti siano informati “adeguatamente” riguardo al funzionamento dell’algoritmo di calcolo utilizzato per la valutazione del rischio di esposizione al contagio. Allo stesso modo i soggetti interessati “dovranno essere portati a conoscenza del fatto che il sistema potrebbe generare notifiche di esposizione che non sempre riflettono un’effettiva condizione di rischio”.
E ancora: dovrà essere data la possibilità di disattivare temporaneamente Immuni attraverso una funzione facilmente accessibile nella schermata principale. Il Garante per la Privacy raccomanda che i dati raccolti attraverso il sistema di allerta non possano essere trattati “per finalità non previste dalla norma che istituisce l’app” e che sia garantita la trasparenza del trattamento a fini statistico-epidemiologici dei dati raccolti e che siano individuate modalità adeguate a proteggerli, “evitando ogni forma di riassociazione a soggetti identificabili e adottando idonee misure di sicurezza e tecniche di anonimizzazione”.
Tra le misure previste dal Garante anche quelle per “assicurare il tracciamento delle operazioni compiute dagli amministratori di sistema sui sistemi operativi, sulla rete e sulle basi dati” e per conservare gli indirizzi Ip dei cellulari in modo commisurato “ai tempi strettamente necessari per il rilevamento di anomalie e di attacchi”.
Un altro elemento sottolineato è quello dell’urgenza di adottare “misure tecniche e organizzative per mitigare i rischi derivanti da falsi positivi” così come particolare attenzione va dedicata all’informativa e al messaggio di allerta, tenendo conto del fatto che è previsto l’uso del sistema anche da parte di minori con più di 14 anni.
I possibili attacchi informatici
Nel giorno del suo debutto, come purtroppo prevedibile, Immuni è già stata investita da una serie di virus, da parte di pirati informatici. L’app è caduta vittima del classico phishing via mail, con tantissimi utenti che stanno ricevendo una email utile a scaricare l’applicazione ma che cela invece un virus informatico di tipo ransomware. È utile ricordare che non arriverà mai nessuna mail ufficiale che invita a scaricare Immuni. Semmai questo si potrà fare solamente a livello volontario, recandosi presso gli store online e controllando bene che si tratti dell’app ufficiale rilasciata dal Ministero della Salute.
Il parere di Marco Lanata (Virtual)
Sull’argomento Immuni ‘Piazza Levante’ ha chiesto un parere a Marco Lanata, Ceo di Virtual, la società del Gruppo Duferco che si occupa di tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Secondo Lanata, “dal punto di vista della tutela della privacy, dopo una prima partenza un po’ in salita, alla fine è stato fatto un buon lavoro: perché i dati personali non vengono condivisi e i codici di tracciamento restano sui rispettivi device e non vengono mai caricati sul server, a meno che non ci si trovi di fronte a casi di positività”.
Per quanto riguarda invece l’utilizzo di Immuni, “personalmente vedo un paio di criticità. La prima è di tipo quantitativo: questa app, per funzionare bene e fornire risultati statisticamente attendibili, dovrebbe essere installata da almeno il 70% degli italiani e la cosa mi sembra molto difficile. La seconda è di tipo qualitativo: per misurare la distanza tra un telefonino e l’altro, è stata scelta la tecnologia Bluetooth. Questo è il ‘metro’ per stabilire la soglia di contatto. Il problema è che non tutti i telefonini hanno lo stesso hardware. Mi spiego meglio: ci saranno modelli più recenti con un Bluetooth più potente e modelli meno recenti con un Bluetooth meno potente. Quindi la misurazione può variare e, in questo caso, si potrebbero generare molti falsi positivi, così come molti falsi contatti prolungati. Questa differenza di potenza del segnale Bluetooth non consente di essere precisi rispetto alle effettive distanze di sicurezza. Diverso, ad esempio, è il caso di alcune fabbriche: dove tutti sono forniti, ad esempio, di un bracciale, ma tutti hanno lo stesso modello e, in questo caso, la tecnologia che rileva le distanze ed evita gli assembramenti funziona alla perfezione. Ma è chiaro che non poteva essere applicato questo sistema a livello italiano. Restano quindi questi due limiti, che comunque, è bene precisarlo, non sono legati all’app Immuni in sé e per sé: ma il primo è legato alla volontà o meno di scaricarla, il secondo è legato al tipo di hardware del proprio telefonino”.