di DANILO SANGUINETI
Protezione dalla tempesta: la chiedeva Bob Dylan, la promette Sara Domenici Lagomarsini. In un periodo dove le preoccupazioni per il futuro – che si teme zeppi di acciacchi, malanni, follie – si sommano a turbini di insanità che saltano fuori da ogni dove si è più sensibili a chi indica un rifugio, posiziona uno scudo protettivo che rimbalzi le ansie come e meglio di una batteria di missili Patriot. E la corazza non occorre che sia di adamantino acciaio. A volte la soffice cotonina o il carezzevole lino possono essere altrettanto salvifici. A patto che siano trattati con perizia e inventiva adoperando una abilità manuale che si sposi con il gusto e una sensibilità che trovano nella semplicità il suo punto di forza.
Per entrare nel cerchio dell’eleganza è sufficiente bussare alla porta dell’Amparo Lab, in via Nuova Italia 77 a Lavagna e chiedere di Sara, trentasei primavere appena festeggiate e portate con levità. Le stesse qualità che la hanno accompagnata (e salvata) in questo primo lungo e complicato, ma alla fine di successo, decennio di apertura del suo negozio.
“Mi piace definirlo Laboratorio perché non li immagino e disegno per venderli, mi sforzo di inventare e realizzare capi di abbigliamento ed accessori che siano indossabili in occasioni diverse per signore di enne anni, intendo di qualunque età”.
Una sicurezza nei propri mezzi che non sconfina nella presunzione. Sara si considera una creativa senza ulteriori aggettivi. Una che oltretutto sembrava destinata a fare altro nella vita, obbligata dalla vocazione e un po’ anche dalle circostanze. “La strada che stavo tracciando portava altrove se non si fosse messo di mezzo il caso. Ero iscritta all’università, e mi dilettavo, per scherzo, con le macchine a casa a creare qualche astuccio, qualche collana: una mia amica che aveva visto questi lavoretti mi disse in occasione di una festa che avrebbero fatto a Lavagna che era previsto uno spazio per gli artigiani locali e mi propose di fare una bancarella. Lei esponeva quadri, io esponevo delle scematine (sic) che però piacevano parecchio. Per un po’ sono stata nel giro dei mercatini ma era impegnativo ed ho compreso che non sarebbero stata quella la mia ragione di vita. Ci ho pensato un po’ e poi mi sono gettata facendomi il segno della croce: ho aperto il negozio”.
Quasi nove anni fa, alla fine del 2014. “Un vero e proprio salto nel buio. È risaputo: aprire un negozio in Italia per tanti motivi, è, lo ripeto, un salto nel buio. Mi aveva colpito il mio viaggio di due anni prima in Australia: ero andato a spulciare i negozietti che assomigliavano molto a quello che avrei aperto i ragazzi che li gestivano mi dicevano, ‘Ma scusa, ma se sai fare questa cosa perché non ti costruisci una bottega su misura’? Facile a dirlo là dove tutto è più semplice: sai fare una cosa, ti devi mettere a fare quella, stop”.
La ancora giovane Sara ha già compreso gli atavici difetti del Belpaese. Per fortuna non si è fatta condizionare più di tanto dalla cornice. Entro il suo quadro c’è sempre spazio per i colori della speranza. “Decisi di chiamare il laboratorio Amparo perché da piccola mia madre era una appassionata di telenovele sudamericane e continuavo a sentire questa parola. Nei paesi che parlano castigliano si sente o si sentiva molto spesso come nome di donna. In italiano più o meno si può tradurre con Protezione o Rifugio”.

Un significato che con il passare degli anni diventa concreto per Sara. “Poco dopo aver iniziato, arrivarono diversi problemi personali. I miei genitori si ammalarono, mia madre subito in maniera grave. E restare concentrati sul lavoro non era affatto semplice. Le corse continue tra negozio e laboratorio: non potevo certo contattare un fornitore, trovarmi un aiuto. Io ero e dovevo restare una one woman band”.
Una volta assestata e desiderosa di andare avanti ecco il 2020 e la crisi. “Un altro discreto colpo, ma nel frattempo mi ero fortificata. E poi sapevo dove volevo arrivare, altrimenti avrei fatto dell’altro, sarei andata sotto padrone. Subito dopo la pandemia la gente si è trovata a dover fare delle scelte. E io a dovermi confrontare con costi che hanno avuto un’impennata incredibile. Faccio un esempio concreto: tra le creazioni che vanno di più ci sono gli zaini con stoffe speciali, che scelgo e mi faccio stampare appositamente. Io disegno i motivi poi mando i file alla ditta e loro mi stampato il tessuto: il materiale e il procedimento potrei definirli di lusso. Ebbene in un anno sono aumentati del 50%, direi 15 euro al metro. Il mio standard di utilizzo si misura a decametri, quindi potete capire che è una bella botta”.
Sarebbe stato fatale per altri, non per la determinata miss Domenici Lagomarsini. “Mi aiuta il fatto che le vendite continuano ad andare bene. Ora siamo nella stagione migliore perché vendo anche ai turisti che sono in Riviera. Nel corso dell’anno mi tengo su con le vendite online. C’è il sito dedicato https://amparo-lab.myshopify.com/ ideato e costruito da sola anche quello, la pagina Instagram, quella Facebook, posti dove posso reclamizzare le mie creazioni. Usare questi mezzi è impegnativo ma non c’è altra via. Per esempio qualche giorno fa una ragazza ha deciso di comprare una camicetta, le piaceva il disegno ma mi ha chiesto di mandarle foto dei tessuti e poi ne ha scelto uno diverso ed ho dovuto lavorare di gran carriera per accontentarla”.
La forza di Amparo Lab è di proporre qualcosa di unico, pezzi realmente originali. Felpe, maglie ma anche astucci impermeabili: bustine in tela cerata, chiuse tramite due bottoni automatici colorati.
“La stoffa è cotone rivestito in modo che dall’esterno diventi impermeabile. Puoi usarle per metterci dentrificio e spazzolino quando si va in vacanza, i trucchi, il costume bagnato dopo il mare, penne e pennarelli, slip e reggiseno puliti dopo la palestra… e che più ne ha, più ne metta! Sono tessuti molto carini, la disponibilità delle fantasie è tanta. Insieme alla bustina viene venduto un laccetto di vera pelle con gancio. Così si può usare il già astuccino come una piccola pochette da portare in giro”.
Poi ci sono gli astucci con zip in cotone (esterno) e denim (fodera interna); il Beauty case Francesca; i Bijoux Liberty (braccialetti in metallo con nastrini in stoffa Liberty); Cerchietti fatti a mano con tessuti di cotone 100%; i Chouchou (scrunchies), elastici per capelli in cotone, carini da portare sia in testa, ma anche al polso per impreziosire un outfit. Lo stile sempre particolare, adatto – e già questo meriterebbe l’applauso – a donne di ogni età e che regge qualsiasi palcoscenico, qualsiasi tipo di evento. Coerente con la sua visione Sara non ricorre a modelle di professione e neppure va a cercare persone speciali. Dalle immagini balzano fuori signore tranquillamente della porta accanto e ragazze realmente acqua e sapone. “Sono amiche che mi danno una mano. Una richiesta fatta loro di essere nature, spontanee. Ecco perché il nome Amparo, ossia rifugio, ha per me una doppia valenza. Mi piaceva l’idea che i capi che faccio siano il rifugio delle persone: quando noi donne ci svegliamo, capita che ci sentiamo brutte perché ci fanno sentire tali perché la giornata nasce storta e magari ti metti quel vestito lì perché ti ci senti in confidenza. Un oggetto tipo la Coperta di Linus, che ti fa essere in pace con te stesso”.
Figuranti sui generis. Una stilista che esula dai canoni approvati. Capi per donne concrete. Nessun appiglio per mediatici bombardamenti a tappeto che aprono voragini nella psiche dei più giovani e dei più indifesi.
Moda e modelle che non si fanno condizionare dai modelli. Intendendo non i ‘Zoolander de noantri’ ma gli stereotipi, le idee che gli altri, la gente, gli alfieri del pensare bene, la maggioranza per niente silenziosa, provano a imporre. Per ora gli strali del pensiero unico si infrangono contro questi minuscoli bastioni dell’altrove, isole di resistenza umana. Ha, anche qui, ragione il signor Zimmerman: quando non segui la corrente, valuti in reale autonomia, rifiuti i giudizi eterodiretti ‘Non pensarci due volte, va sempre bene’.