di ALBERTO BRUZZONE
Ogni anno in Italia, secondo Assobioplastiche, l’Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili, fondata nel 2011, vengono consumati tra i nove e i dieci miliardi di sacchetti di plastica. In pratica, una media di 170 sacchetti a testa per dodici mesi, più di uno ogni due giorni. Una quantità immensa di materiale che, una volta non più utilizzato, finisce nell’ambiente.
E qui, la biodegradabilità dipende dai materiali utilizzati. Ormai sappiamo che un sacchetto di plastica tradizionale rimane in natura per oltre cinquecento anni. E questi, in base a una direttiva dell’Unione Europea del 2018, sono stati completamente banditi dalla catena dell’alimentare, che rappresenta, com’è facile immaginare, il primo e più ampio settore di utilizzo di questo tipo di materiali. Per fare la spesa nei negozi o al supermercato, così come per gettare i rifiuti nella frazione umida, è stata introdotta una qualità di sacchetti che vengono definiti compostabili, o riciclabili. Ma anche questi, una volta dispersi nell’ambiente, vi rimangono per almeno nove mesi.
Il problema, quindi, permane. Perché nove mesi per un ecosistema, moltiplicati per dieci miliardi di pezzi soltanto in Italia, possono rappresentare una cifra veramente insostenibile. Come uscirne? È possibile farlo? Esistono prodotti alternativi che ancor prima e meglio siano in grado di essere ‘assorbiti’?
La domanda, in Liguria, se l’è posta l’imprenditore ‘green’ Walter Pilloni, da sempre molto attento alle tematiche ambientali. Ed è proprio Pilloni una delle voci principali, in materia di ricerca e di diffusione di plastiche alternative. “Il bello – afferma – è che la soluzione c’è, è a portata di mano, ma è ancora molto poco conosciuta. All’estero, sono stati progettati, messi a punto e quindi realizzati dei sacchetti che, una volta immersi nell’acqua, vengono riassorbiti completamente nel giro di soli cinque minuti, sino a sparire del tutto. Non solo: si tratta di sostanze atossiche, e che quindi possono anche essere ingerite dall’uomo o dai pesci senza alcun tipo di conseguenze”.
In effetti, i casi di pesci contenenti tracce di plastica che finiscono messi in vendita, e quindi sulle nostre tavole o ai ristoranti, stanno diventando, purtroppo, sempre più frequenti. Il neologismo ‘microplastiche’ ha ormai preso campo. Con questi nuovi sacchetti, invece, il rischio è praticamente zero.
Pilloni lo ha mostrato attraverso un video su Facebook che è diventato virale: “Ho mostrato come un sacchetto ‘normale’ non si smaltisce dentro l’acqua. Mentre questo nuovo ritrovato sì. Nella vasca ho collocato un pesce rosso, che non ha subìto alcuna conseguenza dalla presenza del sacchetto. È questo il rapporto giusto che dev’esserci tra uomo e natura. E allora, mi domando perché questo tipo di plastica, che per giunta è pure molto resistente, non abbia ancora preso il campo che meriterebbe. Probabilmente, sono alti i costi di produzione. Ma se aumentasse la richiesta, questa cifra potrebbe scendere. E poi, va capito, una volta per tutte, quanto siamo disposti a difendere la nostra natura. Si tratta di un investimento che facciamo per il nostro futuro, per le nostre stesse vite e la nostra sopravvivenza”.
Temi che Pilloni affronta a Genova, ma anche in Liguria e in giro per il mondo. Non a caso, è stato nominato Ambasciatore di Genova nel Mondo, dal sindaco Marco Bucci, proprio sulle questioni ‘green’.
La nuova frontiera della plastica può vantare un brevetto tutto italiano, passato poi nelle mani della Cina e, quindi, del Sud America, precisamente del Cile, paese di cui si parla poco nel contesto internazionale, ma che è stato invece uno dei primi a bandire l’utilizzo di plastiche monouso. La busta ‘cilena’ si dissolve in acqua in soli cinque minuti. È un prodotto unico nel suo genere: alla base non vi è infatti il petrolio (da cui, appunto, si ricava la plastica), bensì materiali calcarei, non inquinanti e soprattutto idrosolubili.
Al momento ne esistono due versioni: un sacchetto ‘basic’, che si scioglie in acqua fredda ed è molto simile, al tatto, ai sacchetti monouso in circolazione, e un sacchetto più resistente, dalla consistenza simile alla tela, che si scioglie in acqua calda.
“C’è sicuramente – conclude Pilloni – da superare un problema di costi. Ma in un discorso complessivo, dovremmo essere ben contenti di pagare un sacchetto anche un pochino in più, se serve a difendere l’ambiente. Su questi temi non bisogna smettere d’insistere e lancio un appello alla politica, a tutti gli schieramenti, affinché entrino nel cuore del problema in maniera più intensa e convinta di quanto non stiano facendo adesso. Il ruolo del nostro Paese è fondamentale. Possiamo veramente avviare una rivoluzione ‘green’, e sono convinto che poi ci seguirebbero in moltissimi”.
Basterà tutto questo impegno a cambiare i destini dei nostri mari? La risposta può e dev’essere improntata all’estrema fiducia.