(r.p.l.) Grande successo per la quinta edizione del Progetto format ‘Creo, suono e canto’, quest’anno intitolato ‘Odissea… nel Mondo’, dell’Istituto Comprensivo di Sestri Levante. Protagonisti bambini della scuola d’infanzia e primaria con i loro insegnanti e gli studenti della scuola secondaria con i loro professori. Uno spettacolo, quello di quest’anno, che usa ancora di più un linguaggio multicodice, multidisciplinare e che ha intrecciato parole e gesti, musiche e atmosfere, pensieri ed emozioni, passato e presente, vero e finto: il tutto per gridare a gran voce la nostra umanità.
Racconta la professoressa Stefania Verduci: “Certo, il ‘fare teatro’, l’aspetto più importante, ha avuto la durata di un intero anno scolastico, in cui la partecipazione dei ragazzi, dei bambini e dei docenti tutti, in termini di impegno, dedizione, puntualità, responsabilità è stata vivida e costante. Prova dopo prova si costruisce e prende forma l’idea e, nella concretezza dell’esserci, si da solidità al progetto raggiungendo una forte intesa, aspetto imprescindibile per la riuscita. Anche questo è far scuola”.
La storia in breve: un gruppo di alieni, persisi nello spazio, atterrano sulla Terra e incontrano gli umani. Sono giovani, si parlano e si capiscono, vincendo ovvi pregiudizi frutto della paura: alla fine gli ospiti saranno guidati alla scoperta del nostro bellissimo pianeta e delle sue risorse naturali ed etnologiche.
In un tour virtuale, specchio di uno più interiore e profondo, i due gruppi si confrontano, riflettono e scoprono la portata reale della esistenza sulla Terra che contempla, ed è possibile, solo grazie alle emozioni: esse danno pienezza alla vita dell’essere umano a prescindere dalle culture di appartenenza, come dimostra il viaggio attraverso tutti i continenti.
“Lo spettacolo – prosegue Stefania Verduci – è stato il frutto della ‘compagnia’ tutta intera, dove ognuno è assolutamente indispensabile e rende ciò che fa unico nel suo genere. Sul palco e dietro le quinte, si vive infatti a infiniti livelli: c’è l’esperienza occasionale e quella fissa, e il buon artigianato delle scenografie, c’è l’attività commovente della recitazione e l’armonia dei suoni e dei tempi. Insomma, lo spettacolo vive al plurale e acquista respiro, valore e senso con il contributo di ciascuno singolarmente e del gruppo nella sua totalità. C’è anche bisogno di coesione, di stare bene insieme e di un obiettivo comune, chiaro nella mente di tutti: comunicare un’idea, un messaggio di valore. Un’ultima sfaccettatura: la ricerca della bellezza, attraverso queste esperienze, da molto presenti nell’istituto, tende ad affinare gli animi degli studenti, a orientarli, a costruire relazioni e a produrre benessere. Non è da poco”.
Questo è quello che è stato vissuto e costruito durante tutte le settimane di lavoro. “Aver a che fare con i più piccoli e giovani è sempre un’esperienza fertile e generativa nonché un privilegio del mestiere di noi docenti. E in questo hanno da sempre creduto le due responsabili dell’esperienza, le professoresse Elisa D’Agnessa e Chiara Costa. Per costruire progetti di questo tipo ci vuole fiducia nel fattore umano e tanta professionalità, saper progettare agendo sull’intelligenza, sulle emozioni e sul vissuto dei ragazzi, usando metodologie propositive e anche provocatorie. Avere pazienza, equilibrio. La soddisfazione che si prova al termine del lavoro ripaga di tutto. Per i docenti che, a vario titolo, hanno partecipato al progetto era chiaro il senso di quella ‘fatica’: mettersi in gioco gratuitamente, porre al centro il lavoro sulla relazione che non guarda esclusivamente né al docente né allo studente, ma di entrambi si sforza di cogliere motivazioni, aspettative e potenzialità, favorendo l’instaurarsi di una comunicazione empatica, utile all’apprendimento e alle relazioni efficaci all’interno della scuola. La scuola acquista credibilità in queste occasioni, soprattutto agli occhi dei ragazzi e di chi ha la mente aperta: la forza del sapere disciplinare, aspetto imprescindibile, da sola non può tutto nella prospettiva più ampia del fare scuola; apprendere a ‘contattare’ le proprie sensibilità, i propri stili educativi e formativi è un impegno professionale continuo e doveroso”.