di ALESSANDRA FONTANA
“Una foto che è simbolo del nostro progetto Water Community. Un progetto nato dalla testa dei montanari… nato da un’idea del Biodistretto delle Alte Valli e l’Università di Parma. Un progetto che darà una risposta rapida e a basso costo per risolvere il problema della siccità in montagna e pianura, senza spendere montagne di soldi e senza opere faraoniche. Dobbiamo fare presto. Il direttore generale di Aipo (Agenzia Interregionale per il fiume Po) ad agosto ad un convegno ha applaudito al progetto, dichiarando che è la strada giusta da percorrere in tempi brevi. Non abbiamo più tempo. Le istituzioni locali e regionali ascoltino i tecnici che lavorano da tempo a questo progetto! Bisogna fare presto!”.
L’immagine, gentilmente concessa da Gianluca Badaracco, lascia senza parole. Il collage immortala la Riserva delle Agoraie di sopra e Moggetto (uno dei posti più suggestivi della Val d’Aveto) a ottobre 2021 e 2022. Nella prima foto gli alberi si specchiano nel lago dalle familiari sfumature verdi, nella seconda, scattata poche settimane fa, è presente solo un prato. Nemmeno una goccia d’acqua.
Ed è qui che entra in gioco il Biodistretto delle Alte Valli: “Il nostro è un progetto ambizioso, ma di facilissima realizzazione”, usa parole chiare e determinate il vicepresidente Michele Sartori che dimostra quanto sia importante giocare d’anticipo in questa battaglia: “È arrivato il momento di rioccuparci dell’ambiente, l’uomo l’ha modificato talmente tanto che non si può pensare di abbandonare a sé stessa la natura. La vera ricchezza è l’oro blu, non il petrolio”. Quando ci accorgeremo davvero del problema della siccità probabilmente sarà tardi. Eppure i laghetti prosciugati, i letti dei fiumi che ora ospitano prati sono sotto gli occhi di tutti, voltarsi dall’altra parte è difficile e non l’hanno fatto le persone armate di buona volontà che tengono all’entroterra, alla vita di montagna, ai nostri splendidi luoghi che rischiano ogni giorno che passa di deteriorarsi (come dimostra la foto).
Prima di entrare nei dettagli del progetto è necessario fare un passo indietro, che cos’è il Biodistretto? È una realtà che coinvolge le valli Taro, Ceno, Nure, Aveto, Trebbia, Arda, Cenedola, Sturla, Graveglia, Lunigiana, Baganza, Mozzola, Boreca, comprende 26 comuni tra cui quelli della Val d’Aveto: Rezzoaglio e Santo Stefano d’Aveto e si estende per tre regioni: Liguria, Emilia Romagna e Toscana.
Queste aziende hanno deciso di sedersi a un tavolo e unirsi per sviluppare economia, turismo, sostenibilità in questa vasta e zona e sono diventate in breve tempo un bio distretto che sforna proposte, progetti e collaborazioni. Non hanno i tempi biblici delle amministrazioni pubbliche, non hanno bandiere politiche e sono spesso interlocutori diretti delle università (come Parma, Bologna e Piacenza), Province e Regioni. “Spesso andiamo a formulare delle risposte a dei problemi che interessano direttamente noi. Non aspettiamo il politico di turno. Cerchiamo di essere sempre proattivi e propositivi”.
E l’essere propositivi porta anche a un cambio radicale di mentalità: “Spesso i progetti che vengono sottoposti alla montagna sono progetti che la montagna subisce, arrivano dalla pianura o dalla riviera. C’è l’omino di turno seduto alla scrivania che decide quello che deve fare la montagna. Per la prima volta in questi anni abbiamo deciso di ribaltare il paradigma. Signori, la montagna ha le teste pensanti per ideare i progetti e per metterli in pratica. Per una volta la montagna non piange ma dà delle soluzioni a delle situazioni che vanno a incidere pesantemente anche sulla produttività della pianura”, o in questo caso della riviera.
Il Water Community è stato pensato con un team di studiosi, in particolar modo con il dottor Bolpagni: “Prevede la costruzione di laghi nell’Appennino che vengono alimentati fisicamente dalle piene dei torrenti per esempio. Si alza la paratia quando arriva la piena – continua a spiegare il vicepresidente – in modo che confluisca all’interno del lago. La piena non fa danni a valle e dall’altra parte c’è una paratia in uscita. Una volta riempito il lago, si chiude la paratia e questo lago avrà sempre un livello vitale (importante sia per la pesca che per il turismo), però rilascerà nel periodo di maggior siccità gradualmente l’acqua nei torrenti. La nostra idea è di tenere sempre alto il livello dei fiumi”.
Gli invasi non sarebbero una soluzione perché per costruirli servirebbero milioni di euro e soprattutto tantissimi anni a causa di autorizzazioni e burocrazia: “E noi questo tempo non lo abbiamo”. L’altro modo suggerito dal Water Community è l’efficientamento della raccolta delle acque piovane: “Tramite fossi, canaletti e simili che si riempiono quando c’è un temporale intenso, così invece di disperdere l’acqua – che spesso causa frane – questa finirebbe nei laghetti”. L’altro modo è quello delle acque reflue delle frazioni: “Spesso ci sono nuclei frazionali in montagna che spesso non hanno sistema fognario quindi scarico direttamente con il tubo nei canali. Con questo progetto si va ad intervenire nelle frazioni con micro impianti. Con filtri ad altissima tecnologia si può purificare l’acqua, abbiamo già trovato un’azienda nel parmense che può farlo senza costi altissimi”.
Sartori è pronto a rispondere a qualsiasi obiezione: “Tenendo alto il livello dei fiumi, risolvi il problema siccità, risolvi il problema della conservazione della biodiversità… Sì è un progetto ambizioso ma di facile realizzazione. Non è vero che ci sarebbero le zanzare, perché l’acqua sarebbe continuamente ricambiata. Potrebbe anche essere un’occasione per il rilancio turistico. Immagina Rezzoaglio con quattro o cinque laghetti in cui pescare, da visitare”.
Per realizzarli possono essere usati i terreni comuni, senza gli espropri, e alcuni tavoli di lavoro nella parte emiliana sono già stati avviati: “In Liguria no, dalla Regione tutto tace, spero che capiscano l’importanza del progetto”.
Per chiudere Sartori sfata l’ultimo pregiudizio: “Ci sono frazioni in cui abita un solo pensionato, non è vero che non cederebbe mai la terra per fare una cosa del genere. La montagna deve smetterla di dividersi su cose che non contano e unirsi per questa. L’acqua potrebbe essere donata in cambio di servizi, potrebbe richiamare il turismo ambientale, nel parmense abbiamo già parlato con le guide, si potrebbero tenere bagnati gli orti, la terra in generale, che sarebbe così pronta a gestire le forti precipitazioni senza causare danni”. Sotto tutti i punti di vista il Water Community è una grande occasione che non va sprecata.