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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Aldo Grasso: “In tv ho molti più ‘nemici’, ma sempre tra virgolette…”

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di ALBERTO BRUZZONE

Se c’è un mezzo che ha subito la rivoluzione più radicale, e più veloce, nel corso degli ultimi anni, questo è indubbiamente la televisione. “Non si parla più di piccolo schermo, se non è collegato a una rete Internet”.

E non è nemmeno più tanto piccolo, a giudicare dalle dimensioni sempre più grandi dei vari plasma ed Lcd. A raccontarci tutto questo ci ha pensato – con la sua estrema competenza, le sue instancabili ricerche, la lunghissima carriera e quel registro divulgativo che ce lo ha fatto così apprezzare, pur restando sempre dentro il campo della scientificità – Aldo Grasso, il più illustre e seguito critico televisivo italiano, storica firma del ‘Corriere della Sera’ e professore ordinario di Storia della Radio e della Televisione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nonché direttore del Ce.R.T.A., il Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi.

Per l’editore Il Saggiatore, Aldo Grasso ha pubblicato nell’ottobre del 2019, in tre volumi, la sua monumentale ‘Storia critica della televisione italiana’, un’opera che riassume tutto il suo lunghissimo lavoro, la sua vita professionale spesa per il piccolo schermo, per raccontare e commentare i suoi tanti personaggi, le sue mille vite, i suoi mille cambi di direzione, il passato, il presente e il futuro.

Grasso ne parlerà al pubblico chiavarese oggi pomeriggio (giovedì 20 febbraio), in un incontro aperto al pubblico che ‘Piazza Levante’ organizza insieme a Wylab, alle ore 18 presso la sede dell’incubatore, in via Davide Gagliardo: ‘La storia della tv in Italia’ è il titolo dell’evento, che vedrà salire sul palco, insieme a Grasso, un intervistatore d’eccezione, l’affermato regista cinematografico, autore televisivo e pure lui giornalista, Oreste De Fornari.

Il cofanetto a firma di Aldo Grasso, imperdibile per tutti gli appassionati e per chiunque voglia approfondire, ha per protagonisti i programmi tv: telegiornali, varietà, eventi sportivi, fiction, talk show, reality, e con essi gli italiani che li hanno visti, li hanno commentati, li hanno vissuti. Il risultato è un lavoro che, insieme alla storia della televisione, racconta settant’anni di storia del nostro paese, settant’anni di noi.

Sin dal 1954, precisamente dal 3 gennaio, quando con le cerimonie d’inaugurazione in diretta dagli studi di Milano, e poi dai trasmettitori di Torino Eremo e di Roma Monte Mario, comincia ufficialmente il percorso della televisione italiana. Niente sarà più lo stesso. Poi, nel 1956, la Rai inizia a trasmettere ‘Lascia o raddoppia?’: i bar si affollano, le strade si svuotano, tutti i televisori d’Italia il giovedì sera si accendono per godere del primo vero e unico mito dei telespettatori. Nel 1983, quindi, il monopolio Rai è intaccato dall’avvento dei canali commerciali. Il tubo catodico trasmette a ogni ora del giorno e della notte, il telefono di Raffaella squilla in diretta, di lunedì fuori dalle scuole risuonano le battute di ‘Drive in’. E si arriva al 2000, con l’occhio del ‘Grande Fratello’ che esalta compiaciuto il voyeurismo e la voglia di essere spiati degli italiani. Sino al 2018: sempre più occhi si spostano dai teleschermi ai monitor dei computer. ‘Ballando con le stelle’non emette che lievi baluginii, a rifulgere sono le serie di Netflix.

Professor Grasso, quante rivoluzioni, in settant’anni. Ma l’ultima è forse la più importante e potente.
“Assolutamente la più potente. Ormai non esiste più nessuno schermo che non sia connesso a Internet, il nostro modo di guardare la televisione dipende da Internet. Le vecchie tv sono diventate delle specie di ‘totem’ domestici, degli oggetti da arredo degni dell’archeologia industriale. Non c’è un solo ragazzo che guardi i contenuti video su una televisione di casa. L’offerta in streaming è in continua crescita: questa è oggi la nostra televisione, non ci si perde più nulla e tutto è a portata di mano, con qualsiasi dispositivo”.

Questa ‘Storia critica della televisione italiana’ è la ‘summa’ del suo lavoro di una vita, non trova?
“Direi di sì. Ci ho lavorato per quattro anni, riprendendo anche altri lavori che già avevo scritto. Devo dire che le opere precedenti erano più artigianali, mentre per stendere questa mi sono avvalso molto dell’ausilio di Internet, anche se tutte le informazioni vanno comunque sempre verificate. Però credo di esser riuscito a realizzare un buon prodotto, e tutto sommato completo. Mi ha fatto molto piacere, poi, ricevere i primi complimenti, come quello della direttrice delle teche Rai, che mi ha detto di aver utilizzato i miei testi come ausilio per riordinare i loro archivi e per renderli disponibili su Rai Play. È stata una bella soddisfazione, perché significa che non ho fatto una fatica invano”.

Lei è sempre riuscito, pur nella serietà del suo lavoro e nell’imparzialità del critico televisivo, a mantenere un aspetto divulgativo.
“In questo mi ha aiutato tanto la mia duplice attività, quella di giornalista e critico televisivo e quella di docente universitario. Passo molto tempo insieme agli studenti, trovo in loro molti stimoli, ci aiutiamo a vicenda. Il lavoro accademico mi ha dato quella sicurezza che non avrei mai trovato facendo solamente il critico”.

Non si risparmia mai, nelle stroncature.
“Io ho sempre rivendicato la mia indipendenza. Non ho mai avuto padroni, non ho mai sofferto di complessi di sudditanza verso nessuno. Forse per questo sono stato e sono così seguito, perché non ho legami con nessuno, nel mondo della televisione. Certa carta stampata, invece, risente storicamente di un complesso di inferiorità, rispetto alla televisione”.

Quindi non ha amici, nell’ambiente televisivo?
“Direi che amici non ne ho. Più che altro ho tanti ‘nemici’, ma sempre tra virgolette. Mi viene in mente un aneddoto dei miei inizi, quando volevo fare il critico televisivo. Andai a trovare a Roma Beniamino Placido, che era il critico tv de ‘la Repubblica’, e mentre passeggiavamo per il centro incontrammo alcuni personaggi famosi della Rai, tra cui Gigi Marzullo. Fu lì che Beniamino mi disse: ‘Se vuoi diventare un bravo critico televisivo, non venire mai a vivere a Roma. Rimani a vivere a Milano. A Roma prima o poi ti conosci con tutti e, quando ti conosci, è finita. Seguii il suo consiglio e rimasi a Milano, città dove vivo da ormai trent’anni”.

Le è piaciuto l’ultimo Festival di Sanremo?
“Canzoni a parte, che non sono in grado di giudicare in quanto non ne ho le competenze, devo dire che questo ultimo Festival di Sanremo mi ha stupito per tante cose. Mai come in questa ultima edizione si è sentito parlare così tanto del Festival. I giornali ci hanno scritto moltissime pagine, anche quelli che, storicamente, non ne hanno mai trattato. Il Festival è ritornato a essere quella grande manifestazione nazional-popolare simbolo del nostro paese. Tutti ne hanno parlato e, alla fine, quasi tutti hanno finito per vederlo, almeno una parte. Anche i social network, naturalmente, hanno fatto da cassa di risonanza. Lo considero un buon segnale, perché il prodotto finale ha avuto una bella riuscita”.

 

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