di ANTONIO GOZZI
La seconda ondata del Covid, che si manifesta in tutta la sua virulenza e pervasività e provoca nefaste conseguenze sull’economia e sull’occupazione, specie nel settore turistico, commerciale e dei servizi, sta drammatizzando la situazione di bisogno di vaste fasce di popolazione sempre più in difficoltà a sbarcare il lunario.
Posti di lavoro cancellati, casse integrazioni che non arrivano e che comunque, quando arrivano, rappresentano solo una parte del reddito ordinario, attività chiuse del tutto, provocano una vera e propria tragedia per tutti quelli che vivono del proprio lavoro e che senza lavoro restano senza reddito.
C’è chi non riesce più a pagare luce e gas e quindi non riesce a preparare un pasto caldo; c’è chi non ha più i soldi per acquistare di che sostentarsi e cresce enormemente, in conseguenza di ciò, il numero delle famiglie assistite dalle varie centrali di assistenza e beneficienza. Come detto in moltissimi casi il problema torna ad essere quello alimentare per vasti strati della popolazione e francamente nessuno di noi pensava di vedere una cosa del genere nell’Italia del 2020.
Finora il malessere profondo non è ancora sfociato in rivolta sociale ma il rischio che ciò accada è concreto e bisogna fare tutto il possibile per evitarlo.
Anche nel Tigullio l’area della sofferenza e del bisogno acuto si sta allargando, come ci ha raccontato nell’intervista della settimana scorsa don Enrico Bacigalupo, parroco di San Giovanni e responsabile della Caritas diocesana.
In questo numero ospitiamo la bellissima riflessione di Lorenzo Caselli, professore emerito dell’Università di Genova che non ha bisogno di presentazioni. Caselli, cittadino chiavarese legato fortemente alle sue radici, è stato per tutta la vita un propugnatore della necessità di coniugare economia ed etica, impresa e responsabilità sociale.
Oggi Caselli ci dice che l’unico modo possibile per affrontare e gestire la crisi attuale è disporre di dosi massicce di spirito di collaborazione, di coordinamento e di solidarietà e propone la creazione di un fondo di solidarietà alimentato dall’apporto dei cittadini e delle imprese.
‘Piazza Levante’ è convinta che quella di Caselli sia la proposta giusta e ritiene con lui che esistendo già sul nostro territorio l’esperienza del fondo creato dalla Caritas diocesana si debbano canalizzare tutti gli sforzi su questo fondo facendo in modo che possa disporre in breve tempo delle maggiori risorse possibili per aiutare chi ha bisogno.
È nostra intenzione sostenere l’iniziativa della Caritas in tutti i modi possibili, primo fra tutti quello di ricordare alla ricca Chiavari che i più fortunati hanno oggi un sacrosanto dovere di solidarietà nei confronti dei più deboli e bisognosi.
Si sostiene, molto giustamente, che è necessario salvare il Natale anche per il suo importantissimo contributo al PIL. Si calcola che gli acquisti natalizi e il loro indotto generino un giro d’affari tra i 20 e i 30 miliardi l’anno ai quali un’economia boccheggiante come quella italiana in questo momento non può rinunciare.
Tutto vero e speriamo che ciò si possa fare mantenendo la prudenza e le protezioni che questa diabolica pandemia impone.
Ma è necessario convertire una parte di quegli acquisti in aiuto ai più deboli e meno fortunati. Sarebbe un bel modo per ricordarsi che la festa principale della cristianità non è solo un inno al consumismo (all’epoca di Gesù non esistevano negozi e supermercati) ma l’evento della liberazione dal male e dell’aiuto ai più deboli e sfortunati come fecero con i loro doni i Re Magi con il bambinello.