di ALBERTO BRUZZONE
Ci sono interi centri storici, come Firenze e come Venezia, dove non vivono più né fiorentini né veneziani. E questo perché ci sono palazzi interi che sono affittati con la formula dell’affitto breve turistico. È la novità dei nostri tempi e uno dei fenomeni più evidenti del post pandemia: l’esplosione, anche piuttosto selvaggia, delle locazioni brevi, che vanno naturalmente a scapito degli affitti a lungo termine e di chi cerca un immobile per stabilirsi più a lungo in un determinato luogo.
Esplosione selvaggia perché, al momento, non c’è alcuna normativa che regoli l’erogazione e il numero degli affitti brevi turistici, ma questi stanno prendendo sempre più campo perché più alta è la profittabilità di un appartamento e meno alto è il rischio di non vedersi pagato il canone di locazione. Ci guadagnano il locatario, le piattaforme, il turismo, ma ci rimette l’affittuario tradizionale.
Così da più parti si spinge per una riforma di livello nazionale, anche se il comparto turistico sarebbe invece per mantenere lo status quo. Di questi argomenti (di cui ‘Piazza Levante’ si è già occupata ai primi di aprile) si è parlato nei giorni scorsi alla Sala Ghio Schiffini della Società Economica di Chiavari, in occasione del convegno organizzato dagli esperti di Confedilizia.
Il Tigullio, infatti, essendo zona altamente turistica, è un luogo dove il fenomeno degli affitti brevi ha preso velocemente campo. Secondo l’associazione dei proprietari, “il Governo non può vietare quello che non piace. Sugli affitti brevi non si deve cambiare. Quello che serve, sono incentivi per le locazioni lunghe, non divieti su quelle brevi”. I proprietari hanno portato parecchi casi di persone che non sono riuscite a farsi pagare l’affitto dagli inquilini a lungo termine e hanno poi faticato per veder liberati i loro immobili. Scenari che, nel caso degli affitti brevi, non si verificano. Ecco perché c’è la convenienza.
Ma non la pensano così, ed è naturalmente il gioco delle parti, le associazioni che rappresentano gli inquilini. Bruno Manganaro, segretario del Sunia Cgil di Genova (ovvero il Sindacato Unitario Nazionale Inquilini Assegnatari), precisa: “È necessario aprire un tavolo urgente sul tema degli affitti brevi turistici. È in atto una vera e propria speculazione immobiliare, può portare gravi conseguenze e la situazione va gestita. Si è parlato di bolla speculativa ed è un termine pienamente corretto. Chi ricorre a un affitto turistico guadagna in centoventi giorni quanto un altro proprietario guadagna in tutto l’anno con un normale contratto. Vanno poste delle regole, come hanno iniziato a comprendere città come Firenze, Venezia, Roma e Milano. Genova è sempre più una città a vocazione turistica e c’è la necessità che segua questa strada”.
Così anche il Tigullio. Ma perché è una bolla speculativa? Ancora Manganaro: “Lo è perché si tolgono dal mercato immobili da affittare in maniera tradizionale, in un momento in cui c’è altissima richiesta di locazioni a lungo termine, visto che i mutui per l’acquisto sono in contrazione e visto che i giovani hanno lavori precari e spesso non possono dare garanzie alle banche. Questo incremento degli affitti brevi, veicolati attraverso le piattaforme, svuota i centri storici dei residenti tradizionali. È vero che nei centri di Firenze e di Venezia si fatica a trovare persone nate lì. Se non vogliamo che anche Genova e la Liguria si spopolino, bisogna intervenire”.
Manganaro cita uno studio da parte dell’Università La Sapienza di Roma, mentre sta prendendo sempre più campo il Comitato Alta Tensione Abitativa, nato allo scopo di proporre una legge “per colmare un vuoto normativo con una regolamentazione nazionale che consegni ai comuni uno strumento concreto per limitare la diffusione incontrollata delle locazioni brevi, al fine di salvaguardare la residenzialità. Il boom degli affitti brevi ha infatti ridotto la disponibilità di abitazioni per residenti e portato a un diffuso aumento dei canoni, senza che le amministrazioni locali abbiano la possibilità di intervenire efficacemente per ridurre gli effetti deleteri sul mercato immobiliare”.
Se da una parte, quindi, i proprietari chiedono che non cambi nulla, dall’altra gli inquilini fanno un appello alle istituzioni. Appello che il Governo ha in parte ascoltato, visto che è in fase di elaborazione un disegno di legge apposito. Questo testo, stando alle prime indiscrezioni, interviene sulla regolamentazione degli affitti brevi cercando innanzitutto di dare uniformità a livello nazionale alla gestione delle locazioni turistiche.
La prima novità riguarda infatti l’introduzione di un codice identificativo nazionale (CIN) che dovrebbe andare a sostituire i codici identificativi regionali (CIR) utilizzati attualmente. Grazie alla presenza di un unico codice uniformato a livello nazionale sarà più semplice combattere l’abusivismo. Il codice che testimonia di avere un’autorizzazione a operare nel settore turistico dovrà essere esposto all’esterno della struttura e dovrà essere indicato negli annunci online. La presenza di una banca dati nazionale semplificherà la verifica dell’esistenza e della correttezza del codice, riducendo di molto il rischio di affidarsi a una struttura non autorizzata. In caso di irregolarità è prevista una sanzione di importo compreso tra 300 e 3.000 euro per host, gestori e piattaforme online e tra 500 e 5.000 euro per i proprietari.
Una seconda novità introdotta dal ddl riguarda la regolamentazione della figura del property manager, la persona che gestisce l’affitto degli immobili per conto della proprietà dell’abitazione. Il disegno di legge propone l’istituzione di un codice Ateco dedicato e la regolamentazione di questa figura professionale, che avrà il compito di agire come sostituto d’imposta.
Il terzo punto propone l’introduzione di una durata minima del soggiorno (minimum stay) nei comuni ad alta densità turistica (si tratta di meno di 1.000 comuni italiani, comprese le città metropolitane). Questo è il punto su cui si sta concentrando maggiormente il dibattito in queste ore e che sta sollevando critiche e perplessità. Secondo il testo del disegno di legge sarà possibile soggiornare in uno dei comuni di maggior interesse turistico solo per un minimo di due notti, fatta eccezione per le famiglie numerose composte da almeno un genitore e tre figli, che potranno prenotare un soggiorno anche solo di una notte.
Le sigle che rappresentano i proprietari degli immobili utilizzati per gli affitti brevi, gli albergatori e le altre parti interessate hanno invece criticato l’idea di introdurre una soglia minima della durata del soggiorno in alcuni comuni italiani. Obbligare le persone che hanno bisogno di soggiornare per una sola notte in una località a dormire in hotel è stato definito una scelta ‘liberticida’ e c’è chi ritiene che si possano rilevare addirittura dei profili di incostituzionalità.
Anche gli studenti sono critici nei confronti del ddl, che ritengono inefficace nel contrastare il caro affitti e nel risolvere il problema dello spopolamento dei centri storici a favore della locazione turistica. Per far fronte a una situazione di rincari indiscriminati in alcune città italiane i rappresentanti degli studenti propongono la reintroduzione dell’equo canone, la realizzazione di studentati e una profonda revisione della normativa di legge che disciplina gli affitti.
Insomma, una soluzione che possa mettere d’accordo tutti è ancora molto lontana dall’essere trovata.